La sostenibilità ambientale e sociale

L’attenzione alla sostenibilità, che sia ambientale, sociale o di prodotto è alla base della filosofia di questo panificio in un piccolo centro cittadino, ma che riesce ad avere un grande impatto
La sostenibilità ambientale e sociale

Nel Nome del Pane – Forno Cappelletti & Bongiovanni” è un forno a gestione famigliare che impiega dieci persone a Dovadola, in provincia di Forlì-Cesena. Il forno si caratterizza per una spiccata attenzione al territorio e alla sostenibilità.

L’INTERVISTA

Ne parliamo con Fabio Cappelletti, proprietario ma anche fornaio de “Nel Nome del Pane”

Fabio, come si configura la vostra attività e com’è legata al concetto di sostenibilità ambientale e locale?
Per noi quello di sostenibilità nel suo senso più ampio non è un concetto, ma si lega a tutta la nostra attività, iniziando dalla struttura. Il nostro forno va a legna, con una camera di combustione separata. Ci permette di sfruttare il calore per più tempo senza alimentarlo. Così – dopo il pane – al mattino riusciamo a realizzare biscotti e altri prodotti senza ulteriore dispendio energetico. Utilizziamo solo legna delle vallate limitrofe e siamo del tutto autosufficienti a livello energetico. Il nostro forno è certificato biologico dal 2009 e impieghiamo solo materie prime che vengono da agricoltura biologica. In primis per il lievito madre e la farina di grani antichi – rigorosamente proveniente dai terreni dell’area di Forlì, Cesena e Ravenna – anche se abbiamo mantenuto una linea con lievito di birra per i più affezionati.

Da cosa deriva questa esigenza di focalizzarsi sulle materie prime?
Ho portato avanti diversi studi sull’alimentazione prima di tornare nel 2009 a lavorare al forno. Mi è sembrato conseguenza naturale trasportare questa attenzione verso una diminuzione di alimenti di origine industriale e animale anche nel mio approccio alla professione. Per me il fornaio non deve avere il solo obiettivo di vendere il pane per profitto. Ma anche consapevolizzarsi sull’impatto che può avere sulla sostenibilità del territorio e sul mondo in cui viviamo. Scegliendo farine con metodo biologico e grani antichi diminuiamo lo sfruttamento del terreno e conseguentemente facciamo bene all’ambiente, oltre che alla salute dei consumatori.

Un’attenzione alla sostenibilità di filiera che coinvolge anche i fornitori…
Tre anni fa abbiamo redatto il nostro primo bilancio dell’economia del bene comune. Si tratta di un’analisi aziendale diversa dal bilancio fiscale, che mostra cosa fa l’azienda per il bene di tutti. Abbiamo indagato molto sui fornitori e siamo andati verso produttori diretti. Come il Mulino Pransani, che opera su nostro territorio con grani antichi, grazie a un progetto di filiera dedicato al grano tenero. Per il grano duro abbiamo invece creato una filiera ad hoc insieme al mulino, coinvolgendo gli agricoltori per seminare quello che ci serviva e avere tutto a filiera locale. Garantiamo un reddito minimo per ettaro all’agricoltore e da contratto ritiriamo il grano. Così che anche il fornitore sa di avere una resa minima e può pianificare la propria attività al meglio.

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