Filiera agroalimentare, aumenta tutto: grano tenero, lievito, energia

Lo scenario che si apre sul reparto molitorio italiano, in seguito al conflitto in atto tra Russia e Ucraina, sta già ridisegnando gli approvvigionamenti alla materia prima e i prezzi di tutta la filiera agroalimentare. Abbiamo raccolto le idee sulla situazione ad oggi
Filiera agroalimentare, aumenta tutto: grano tenero, lievito, energia

La guerra in atto tra Russia e Ucraina si sta già ripercuotendo su molti beni di consumo. Dall’energia alle materie prime, con un particolare focus sul grano tenero. Un conflitto che andrà a ripercuotersi, ovviamente, su tutta la filiera agroalimentare e infine sul consumatore.

IL PROBLEMA DEL PREZZO DEL GRANO TENERO

I margini delle aziende italiane sono infatti a rischio e molte di queste potrebbero non reggere il colpo. La situazione si ripercuote nel comparto food service. Secondo l’Istat, rispetto allo scorso novembre, il caro prezzi di bar e panetterie ha registrato un +10%. Percentuale che potrebbe essere rimessa in discussione, al rialzo, dai costi dell’energia. Sulla borsa mercantile di Parigi il grano tenero ha passato i 422 euro, e gli incrementi da inizio anno per i maggiori cereali si attesta intorno al 40% – 50%. Questo significa che gli utili sono sempre più un miraggio, a parte per chi decide di viaggiare su margini bassissimi, se non addirittura nulli. Il presidente di Unione artigiani Stefano Fugazza sostiene che “non si possono scaricare questi costi sul prezzo finale del pane, si lavora in perdita per riuscire a mantenere almeno il rapporto con i clienti”. Questo quanto si legge in un articolo de La Stampa dell’8 marzo. L’impegno di diversi panificatori è appunto quello di mantenere i beni di prima necessità al di sotto dell’inflazione: il pane è aumentato del 3%, a fronte di un’inflazione del 4,8%. Di contro, ad aumentare fino al 15% secondo le associazioni dei consumatori, sono i prodotti dolciari. Pasta e pane subiranno invece rincari tra il 15% e il 30%. Federalimentare ha già calcolato un’autonomia di soli 40 giorni per l’azienda molitoria, come riportato da un articolo dell’11 marzo su Repubblica. “Se l’azienda molitoria non riesce a produrre a sufficienza, insieme a quella dei mangimi, è a rischio il 70% dell’industria alimentare”.

RIPERCUSSIONI SU PREZZI MA NON SU OFFERTA

Furio Truzzi, presidente di Assoutenti, fa sentire la sua preoccupazione. “Nelle prossime settimane tanti fattori agiranno sui prezzi al dettaglio di numerosi prodotti venduti in Italia, dalla pasta al pane, passando per biscotti e dolciumi”. Il rischio è “l’inserimento nei vari passaggi della filiera di speculazioni finalizzate a sfruttare il conflitto per ritoccare fin da subito i listini dei beni venduti in Italia”. Il fenomeno in corso, che finora è stato definito temporaneo dalla Bce, sembra invece destinato a durare più del previsto. Ma le ripercussioni sono in prevalenza sui prezzi, non sull’offerta. Secondo la Cia-Agricoltori italiani, “non esiste il pericolo di restare senza pane”.

IPOTETICHE SOLUZIONI

Il ministro dell’Agricoltura Patuanelli ha chiesto in consiglio dei ministri “un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid”. Questo per aiutare le imprese ad incrementare la produzione, in modo da far fronte all’emergenza. Confagricoltura chiede invece un allentamento dei vincoli Ue. Secondo Coldiretti si possono coltivare “75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti e di grano duro e tenero”. Per Cia è fondamentale anche la tenuta dei prezzi. Come riporta Repubblica: “se quello alla raccolta di settembre dovesse essere inferiore ai 41 euro al quintale attuali, la differenza dovrebbe essere garantita dal governo”.

GLI ALTRI RINCARI

Nel caso del nostro Paese, le importazioni di grano tenero da Russia e Ucraina sono marginali: all’incirca il 5% del totale del fabbisogno italiano. La produzione nazionale copre infatti circa il 35% del fabbisogno. Il problema maggiore riguarderebbe l’efficientamento della filiera internazionale, che potrebbe portare ad extra costi per circa 8 miliardi di euro. Ma ad aumentare non sono soltanto i cereali per i prodotti da forno. L’incremento di mais e soia sta alimentando anche i rincari per l’alimentazione del bestiame. Un fattore che unito ai maggiori costi per l’energia ha portato il costo medio per la produzione di latte a 46 centesimi al litro (indagine Ismea).

LA QUESTIONE UNGHERESE

Le problematiche non sono però finite. L’Industria molitoria italiana infatti non sarà più in grado di garantire la produzione di farine di frumento tenero nei volumi richiesti dal mercato. A patto che non venga ritirata la decisione ungherese di applicare restrizioni all’esportazione di grano anche nei riguardi dei Paesi aderenti all’Unione europea. Anche la Serbia ha annunciato lo stop all’export.

Stiamo parlando di una violazione del principio della libera circolazione dei beni nel mercato interno europeo. Rimette in discussione i valori fondamentali enunciati nei Trattati Ue”. Questo quanto sottolineato da Emilio Ferrari, Presidente Italmopa. “Si tratta di una decisione che rischia di compromettere il corretto approvvigionamento in materia prima dell’Industria molitoria italiana a frumento tenero. Il fabbisogno totale è infatti garantito per il 65% dalle importazioni da Paesi comunitari o Paesi terzi. E oltre il 30 percento è proprio grano ungherese. Una situazione incredibile data dalla decisione di un partner europeo che ha deciso di muoversi al di fuori delle regole alle quali ha volontariamente accettato di sottoporsi aderendo all’Unione europea. E che, inoltre, è un beneficiario netto degli aiuti comunitari per le produzioni agricole. Ed è per questo motivo che pretendiamo una reazione forte e rapida da parte della Commissione europea nei riguardi di una palese violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro”.

IL LIEVITO

Un’ulteriore stangata al caro pane arriva anche dal lievito. Lesaffre, che produce e commercializza lievito fresco, lievito madre e ingredienti per la panificazione artigianale, industriale e domestica, annuncia aumenti dei prezzi del lievito a partire da aprile 2022. Aumenti causati inevitabilmente dal rincaro di energia e materie prime, dovuta anche al fatto che alcune aziende hanno sospeso la produzione per via degli alti costi energetici. “È stata una decisione sofferta, rimandata per mesi, ma necessaria e non più procrastinabile, perché Lesaffre possa continuare a svolgere il suo ruolo di fornitore di riferimento e supportare il settore della panificazione con alti standard di qualità, livello di servizio, supporto tecnico e innovazione”. Queste le dichiarazioni di Daniele Meldolesi, Direttore Generale Lesaffre Italia.

LA CORSA ALL’ACCAPARRAMENTO

Anche se isolati, si sono già verificati i primi fenomeni di corsa all’accaparramento. Unicoop Firenze, per frenare il fenomeno e fare in modo che i clienti non facessero incetta di farina, zucchero e olio di semi, ha posto un limite. Non si potranno acquistare più di quattro pezzi ciascuno. “Al momento non esistono rischi che riguardano la mancanza di prodotti”.

PARLARE COI CLIENTI E RAGIONARE CON PREZZI ALL’ETTO

“Con tutti i problemi di questo periodo questa stretta da parte dell’Ungheria certo non aiuta. Sono in contatto con diversi molini che mi hanno confermato di ragionare di giorno in giorno poiché non si sa bene quali saranno gli sviluppi di questa tensione”. Questo il commento di Matteo Cunsolo, Ds Ambassador, presidente dell’Associazione Panificatori Confcommercio di Milano e Province e Segretario Richemont Club Italia. Cunsolo è anche maestro panificatore e titolare de La Panetteria di Parabiago (Milano). “Molti questi molini stanno contingentando gli ordini e la differenza è data anche dalle dimensioni del molino stesso. Quelli più grandi hanno più scorte, a differenza di quelli più piccoli. Chi sostiene sia possibile approvvigionarsi da altri mercati sbaglia, perché poi inevitabilmente il mercato non riuscirà a garantire il normale approvvigionamento a tutti i richiedenti”. A proposito del lavorare con margini pari a zero, Cunsolo afferma come “non può essere la strategia giusta. Si rischia di chiudere nel medio termine. Io personalmente lavoro in pari e il mio primo obiettivo è garantire lo stipendio ai dipendenti, anche se significa tagliare il mio. In ogni caso penso che il rapporto di solidarietà tra cliente e panificatore sia fondamentale. Tutti sono ben consci del momento che stiamo vivendo e anche delle ripercussioni sul portafoglio. Bisogna spiegare che il rincaro è indispensabile e smetterla di ragionare pensando al prezzo/kg. Ragionare con prezzo/hg e sul consumo pro capite sarebbe più corretto e farebbe meno paura. Nessuno compra un chilo di pane, e con un etto si mangia sia a pranzo che a cena”.

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