Pane e degustazione

Pane e degustazione

Come si degusta il pane?

Ogni persona ha un approccio personale o, come meglio dicono gli psicologi, “privato e soggettivo” alla percezione sensoriale di qualsiasi alimento e quindi anche del pane. Ne risulta che non si può insegnare a qualcuno a degustare il pane. Diversi ricercatori in diversi paesi del mondo, hanno però cercato di condensare un insieme di metodi atti a migliorare la percezione della natura delle cose e l’approfondimento percettivo. La metodologia, a scanso di equivoci, non imbriglia la soggettività o la creatività emotiva dell’individuo, ma è uno strumento per governarle al meglio.

Poiché il pane è un prodotto solido, stimola tutte le sensibilità dei nostri sensi: odore (olfatto, il principe dei sensi), sapore (gusto e sensibilità chimica comune), cinestesia (organi tangocettori) e, infine, aspetto (vista).

Il primo approccio naturale al pane è la stimolazione della vista e quindi la percezione delle sensazioni cinestetiche visive quali l’aspetto (appearance) e l’umidità. La valutazione del colore è molto limitata nell’uomo, per cui conviene utilizzare un sistema automatico di valutazione, come ad esempio un analizzatore dello spettro di assorbimento della luce da parte della crosta del pane, ovvero lo spettrofotometro. La stimolazione olfattiva, poi, è sicuramente la più sconcertante, ma molto ricca e profonda, addirittura fino al sistema limbico (emozionale). La descrizione sensoriale olfattiva è complessa, ma con il tempo, apponendo agli stimoli le precedenti esperienze olfattive che derivano dal mondo conosciuto, come gli “odori dai meati di una dispensa”, pian piano si riesce a caratterizzare quel fantastico aroma che dai forni si dipana per tutta la strada…sia per via diretta, ma soprattutto per via retrolfattiva attraverso i turbinati nasali. Il gusto, limitato dalla natura, non può che dare un deciso contrafforte alla leggiadria e variegata espansione dell’olfatto con i contrappunti di amaro, i pungenti rilievi acidi, nonché i fermi e decisi salati e le vibranti ed apprezzate punteggiature dolci.

Ma il bello deve ancora arrivare quando, a seguito dello sminuzzare e impastare del pane in bocca, insieme al fondamentale apporto di organi taglienti (denti) e della insostituibile azione emolliente della saliva, emergono le sensazioni di consistenza, di “essere” del pane in bocca.

La cinestesia orale rappresenta l’insieme di tutte le sensazioni dovute alla presenza solida più o meno del pane.

Dal primo contatto con le mani, la rottura della pagnotta invade le orecchie stimolando la cinestesia uditiva (crisp & crunchy) per poi concretizzarsi in bocca (mouthfeel) nelle più disparate pressioni e contropressioni tra denti e pane, tra pane e gengive e mucose orali…

Morbidezza, croccantezza, ruvidezza, adesività, durezza, compattezza, sono solo alcuni dei termini descrittivi la grandezza della cinestesia orale.

L’oggettivizzazione delle soggettività individuali è lo scopo del metodologo, che costruisce sulle persone il modo di rendere lo strumento ripetibile da tutti e riproducibile in ogni luogo.

Esiste il modo per riconoscere se è realizzato con il lievito naturale?

Il metodo noto come analisi sensoriale permette, attraverso le scienze esatte come la matematica, la caratterizzazione peculiare di ogni tipo di pane, per cui ogni pane ha un profilo percepibile ben definito e caratteristico, significativamente diverso da quello di un altro pane. Lo scopo precipuo dell’INAP (istituto nazionale assaggiatori pani) è proprio quello di definire e catalogare gran parte dei profili sensoriali dei pani del ricchissimo territorio nazionale.

Come si stabilisce quali sono gli abbinamenti più indicati ai tipi di pane?

I fattori di abbinamento per il pane possono essere diversi: fattore primario è sicuramente quello territoriale, difatti se in un territorio si sono selezionati un certo tipo di pane e certi tipi di piatti, un motivo probabilmente ci sarà, anche se a noi umani può essere disconosciuto… ma il fattore più importante è sicuramente il fattore “cirenaico” o “epicureico”, ovvero il piacere che si ha dall’alta sinfonia sensoriale, nota anche come sinestesia, che un piatto ed un buon pezzo di pane, risvegliano nella solitudine della tavola. Monica Viani

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