Giovani talenti dei grandi lievitati 2025. Power list Dolcesalato. Top nomination e special skills.

Grandi lievitati: è ora del cambio di stagione!  

Formazione, impresa, creatività e futuro di un comparto, quello dei grandi lievitati, che ha saturato il mercato con il panettone e che proprio da qui dovrebbe ripartire per evolvere. Quale futuro per i giovani lievitisti under 35?
Giovani talenti dei grandi lievitati 2025. Power list Dolcesalato. Top nomination e special skills.

Preparatissimi, spesso laureati, consapevoli dell’importanza della comunicazione e con una prospettiva internazionale. È questo il ritratto che emerge dei lievitisti della sezione giovani dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre, secondo il quadro tratteggiato da Manuel Scarpa. “Negli anni sono cresciute le adesioni ma è cresciuto soprattutto il livello di preparazione dei ragazzi”. Un mondo molto diverso da quello anche solo di dieci anni fa, alla base del quale c’era principalmente l’esperienza. “Oggi alla base c’è lo studio. Come avviene per altri ambiti artigianali, anche in questo caso i ragazzi non arrivano in laboratorio perché non hanno trovato alternative, ma fanno del mestiere il loro obiettivo”.

Al centro dell’interesse dei grandi lievitati, comunque, resta il panettone classico, anche se “come in tutta la pasticceria, il mondo vegetale e vegano stanno prendendo piede, come anche il tema della sostenibilità, che guarda per esempio al riuso degli scarti di produzione, e si traduce anche in sostenibilità sociale, quindi una migliore gestione del laboratorio, fattibile anche nei periodi di punta se si applicano i processi con il giusto criterio”. Impossibile poi non guardare all’estero e ad “uno strumento fondamentale che i ragazzi usano per tenersi aggiornati, come quello dei social media, che serve anche a guardare fuori dal proprio orticello, vedere cosa succede nel mondo”.

A proposito di impresa … del grande lievitato

“Oggi il talento tecnico è solo il punto di partenza. Per trasformarlo in impresa servono tre cose: una visione chiara su chi vuoi essere, una buona capacità di gestione – dai costi all’organizzazione – e la capacità di comunicare il tuo lavoro in modo autentico. Quando queste tre dimensioni si muovono insieme, un laboratorio può diventare un vero brand”. Questa l’opinione di Nicola Olivieri alla guida, con il fratello Andrea, di Olivieri 1882, azienda famigliare negli ultimi decenni diventata punto di riferimento per i suoi panettoni, e che lo scorso maggio è stata acquisita per l’80% da Bauli Group.

Una piccola realtà che ha saputo emergere, dunque, grazie a un prodotto d’eccellenza, ed è proprio da lì che Olivieri insiste sia necessario partire: “per distinguersi bisogna creare un lievitato che abbia una personalità riconoscibile. Poi serve costanza nella qualità, perché è quella che costruisce davvero la reputazione. Allo stesso tempo è importante uscire dal laboratorio: raccontare il proprio lavoro, partecipare a eventi, confrontarsi con altri professionisti, far assaggiare i propri prodotti al pubblico giusto. È così che, passo dopo passo, si costruisce autorevolezza”.

Innovazione e creatività 

Fondamentale per emergere in questo contesto così competitivo, come già sottolineato, è realizzare un prodotto che si distingua e si faccia riconoscere. “La vera sfida creativa nel panettone, come nel pandoro, non è questione di forma, ma qualcosa di molto più profondo”, sottolinea Andrea Tortora – titolare della sua AT Pâtissier il cui focus sono proprio i grandi lievitati d’autore e, da qualche mese, in forza alla squadra di Cova. Due, per lui, i perni essenziali della ricerca: la materia prima e le persone. La prima è quella che non può cambiare, perché definisce il panettone come tale. Dunque, secondo Tortora, “quello che posso fare è un lavoro sottile, al limite tra pasticceria e tecnologia alimentare: è lo studio dei prodotti che ogni anno vengono messi in discussione per scegliere l’eccellenza”.

Secondo tema, le persone: “l’innovazione non nasce esclusivamente da menti geniali, ma è il risultato di incontri e scambi con persone diverse. E nella produzione dei lievitati queste relazioni sono essenziali: è un lavoro di squadra e la scelta delle persone che formano il proprio team è importantissima”.

Monoprodotto sì o no? 

Uno dei temi ricorrenti nel confronto con i giovani lievitisti è: monoprodotto sì o no? Specializzarsi sul panettone, o in generale sui grandi lievitati, è una tentazione forte per molti e per alcuni un vero e proprio progetto, ma è una strategia effettivamente vincente? Davide Malizia ne sottolinea vantaggi e criticità.

Specializzarsi è fondamentale per emergere, e certamente ad oggi il panettone è quello che in due mesi salva l’economia dell’attività per tutto l’anno, non bisogna dimenticare però che ci sono altri dieci mesi da coprire. Non si può essere bravissimi in un solo prodotto, bisogna trasmettere le abilità sviluppate in quello specifico comparto a tutta la gamma di produzione, quindi monoporzioni, piccoli lievitati, bauletti famiglia, che possono essere venduti tutto l’anno. E questo vale certamente per chi decide di specializzarsi nella bakery, ma spesso la produzione di panettoni è inserita in un contesto di pasticceria classica e allora non si può puntare solo sulla destagionalizzazione, ma è fondamentale approfondire anche la cioccolateria, magari la gelateria, in modo che chi prova il tuo panettone e voglia togliersi la voglia di provare altri tuoi prodotti resti comunque soddisfatto”. Un pensiero questo che si traduce nell’offerta formativa della sua Aromacademy.

Unica via: destagionalizzare 

“Se ti aspetti che io dica ai nuovi lievitisti che faranno una montagna di soldi, non è così”. Mette subito le cose in chiaro Lucca Cantarin, titolare della pasticceria Marisa di Arsego (PD), che non le manda a dire sullo stato dell’arte del comparto grandi lievitati in Italia. “Un mercato saturo – lo definisce –. Con una produzione che non si è sviluppata in modo coerente”.

Di strade percorribili ce ne sono, chiaramente, ma Cantarin invita a essere realistici. “Se dovessi dare un consiglio ai giovani lievitisti, direi loro di guardare all’estero, ma senza pensare che sia un passaggio immediato. Attenzione però che l’investimento per spostare la produzione all’estero non è alla portata di tutti. E l’on-line non è una soluzione. A parte il tempo necessario per raccogliere dati sufficienti e posizionarsi in modo efficace, bisogna poi considerare anche i costi della promozione on line, di una campagna efficace che non venga mangiata da competitor più forti, arrivando quasi a superare così quelli necessari a posizionarsi nella GDO”. Ma nella complessità esistono comunque prospettive. “La destagionalizzazione è una strada”. 

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