Nel cuore della Capitale, tra le strade del quartiere Portuense, c’è un forno che ha visto cambiare la città ma ha saputo mantenere il suo cuore artigiano. È il Panificio Albanesi – Il Forno delle Meraviglie, aperto nel 1959 da Aldo Albanesi insieme alla moglie Beatrice. Un’insegna che ha attraversato i decenni accompagnando le abitudini alimentari dei romani, ampliando la propria offerta e crescendo senza perdere di vista la qualità.
Oggi a guidarlo ci sono i figli Adriano e Alessandro, affiancati da Marianna, moglie di Adriano, che si occupa della contabilità e della gestione del personale. Insieme hanno trasformato il forno di famiglia in una realtà strutturata e moderna, capace di parlare sia al quartiere che alla città.
Adriano, partiamo dalle origini: che storia racconta il vostro forno?
Il nostro è un forno nato nel 1959, quando mio padre Aldo e mia madre Beatrice decisero di aprire la loro attività in una zona allora ancora poco urbanizzata. Mio padre è sempre stato una persona curiosa e dinamica, molto attenta al cambiamento. Fin da subito ha puntato non solo sul pane tradizionale ma anche sull’innovazione, introducendo nuove referenze, migliorando i processi e ampliando progressivamente gli spazi. Ricordo bene quando, da ragazzini, io e mio fratello Alessandro siamo entrati in laboratorio: avevamo quindici anni e ci siamo subito appassionati. È stata una scuola di vita, oltre che di mestiere.
Perché “Il Forno delle Meraviglie”?
Dopo l’ultima ristrutturazione, mio padre scelse questo nome per rendere omaggio all’effetto che il banco aveva sui clienti. Davanti a tutta quella varietà, ai colori, ai profumi, sembrava davvero di entrare nel paese dei balocchi. E poi, nel pane c’è sempre un pizzico di magia.
Quando avete preso in mano le redini del forno?
Nel 1996-97 abbiamo avviato una ristrutturazione importante dei locali, introducendo anche un banco dedicato a salumi e formaggi di qualità, oltre alla gastronomia e alla tavola calda. È stato un passo fondamentale per adattarci alle esigenze dei clienti e anticipare certi cambiamenti nel modo di mangiare. Poi nel 2000, con mia moglie Marianna al mio fianco, abbiamo preso completamente in mano la gestione dell’azienda. Lei si occupa di tutta la parte contabile e amministrativa, oltre che della gestione del personale. Oggi possiamo contare su una squadra di quaranta persone e su una struttura che funziona come un piccolo ecosistema artigianale ben organizzato.
Qual è il cuore produttivo della vostra offerta?
Produciamo oltre trenta tipologie di pane, ma i più venduti restano le ciabattine, le rosette e le ciriole, simboli della romanità. Alla panificazione affianchiamo la pasticceria da forno, che comprende cornetteria, ventagli, crostate in molte varianti, prodotti pensati per accompagnare ogni momento della giornata. Serviamo ogni giorno tra i 2.000 e i 2.500 clienti e ci rivolgiamo sia al privato che a una clientela professionale: bar, paninoteche, ristoranti con i quali lavoriamo in conto terzi.
Negli ultimi anni avete introdotto anche ricette più attente al benessere: con quale filosofia?
Personalmente sono molto attratto da ciò che oggi viene definito “salutistico”, ma che per me significa semplicemente usare materie prime sane, ingredienti semplici e studiati con attenzione. Cerco sempre di creare prodotti che abbiano un valore aggiunto e che mi permettano di personalizzare la ricetta. Recentemente ho sviluppato una focaccia con grano saraceno realizzata con REX SARACENO, una pagnotta con PASTE FOR TASTE SEEDS – una pasta acida di segale arricchita con semi – e una crostatina con un innovativo mix con farina di polpa di carruba. Quando inseriamo un prodotto nuovo lo facciamo assaggiare gratuitamente, in piccole porzioni. Se piace, lo inseriamo stabilmente in produzione. È un modo per educare il gusto e per sperimentare in modo concreto, diretto.
Come sono cambiate le abitudini di consumo negli ultimi anni?
Oggi si mangia a qualsiasi ora del giorno, senza più le rigidità dei pasti tradizionali. Dopo il Covid questo fenomeno si è amplificato: alle sette del mattino c’è chi entra per una colazione proteica con piatti salati, e capita spesso che alle due del pomeriggio vengano acquistati cornetti. Abbiamo notato anche un grande interesse verso le piccole pezzature: pani da 150 grammi o al massimo da 500-600, ideali per assaggiare prodotti diversi. Il pane come unico alimento è sempre meno presente sulle tavole. Si preferisce variare, assaporare più cose in quantità più contenute. Per questo stiamo progettando una nuova ristrutturazione del punto vendita, con un layout più funzionale e spazi dedicati alla caffetteria e alla somministrazione. Vogliamo offrire un’esperienza d’acquisto e di consumo ancora più completa, flessibile e attuale.
Avete un legame forte con il quartiere, ma il vostro sguardo è proiettato avanti. Che ruolo ha oggi la tecnologia nel vostro mestiere?
Per me la tecnologia è una leva fondamentale. Non solo perché consente di ottimizzare i processi, ma soprattutto perché può migliorare la qualità della vita di chi lavora. Ai tempi di mio padre si attaccava alle dieci e mezza di sera. Oggi noi cominciamo alle due e mezza del mattino, ma il mio obiettivo è arrivare a iniziare alle quattro e mezza, riducendo i turni. Questo permette una gestione più sostenibile per chi lavora e rappresenta anche un punto a favore per attrarre i giovani, che oggi sono sempre più attenti all’equilibrio tra vita privata e lavoro.
Che difficoltà riscontra nella gestione del personale?
Oggi il vero problema non è il lavoro in sé, ma la forza lavoro. È difficile trovare persone motivate, manca spesso lo spirito di sacrificio, quella dedizione che noi abbiamo respirato da ragazzi come parte stessa del mestiere. I giovani sono più fragili, più esposti a incertezze. Spesso devo fare anche un po’ lo psicologo, per aiutarli a trovare motivazione e fiducia. Fidelizzare un collaboratore oggi è una delle cose più difficili, ma anche una delle più importanti. Per questo ogni cambiamento, anche tecnologico, deve partire dall’ascolto.
Quali pensa che siano le sfide di questo mestiere in futuro?
Credo che la vera sfida sia continuare a produrre pane in modo tradizionale, con criterio e nel rispetto dei tempi di lievitazione.
Ma soprattutto sarà indispensabile utilizzare materie prime e ingredienti naturali, studiati per conciliare benessere e piacere del palato. Il pane deve restare un alimento nobile, semplice e autentico. La sfida non è rincorrere le mode, ma trovare il giusto equilibrio tra evoluzione e identità.
Focaccia saracena alla pala con biga, REX SARACENO e EXTRAT

Biga
Impasto: 5 – 6 minuti in 1a velocità (planetaria).
Riposo biga: 18 – 22 ore a ca. 16 °C.
Impasto
Impasto: 10 minuti in 1a velocità + 8 minuti in 2a velocità (spirale).
Temperatura impasto: ca. 26 – 28 °C.
Riposo impasto: ca. 90 minuti a temperatura ambiente coperto con un telo di plastica.
Pezzatura: 500 g
Lavorazione: formate dei filoni allungati e poneteli a lievitare coperti con un telo di plastica.
Riposo intermedio: 30 – 45 minuti a temperatura ambiente.
Operazioni precedenti la cottura: stendete delicatamente i filoni sulla pala, quindi condite la superficie con olio extravergine di oliva e sale.
Cottura: infornate a 270 – 280°C dando 5 – 6 secondi di vapore Cuocete per 15 – 20 minuti.