Un nuovo, prestigioso riconoscimento segna la carriera del celebre pasticcere Vincenzo Tiri: il suo lievito madre, elemento chiave per la produzione del panettone più apprezzato d’Italia, è stato ufficialmente accolto nella rinomata Biblioteca del Lievito Madre, un’istituzione unica al mondo dedicata alla conservazione della biodiversità e del sapere legato all’uso del lievito naturale in panetteria. Questo traguardo non solo celebra l’eccellenza artigianale di Tiri, ma sottolinea anche l’importanza della preservazione del patrimonio culinario e scientifico.
Il lievito di Vincenzo Tiri alla conquista del Belgio
Il passaggio dalle mani del pastry chef Vincenzo Tiri, originario di Acerenza, in provincia di Potenza, a quelle di Guylaine Lacaze, responsabile dell’area ricerca del Sourdough Institut, è stato l’emozionante culmine di un percorso meticoloso. Grazie al lavoro del team di Ricerca e Sviluppo di Puratos Italia, guidato da Federica Racinelli, e dei colleghi belgi, il lievito madre di Tiri è stato analizzato al microscopio, schedato e riconosciuto come meritevole di entrare a pieno titolo nella Biblioteca. Con la registrazione numero 161, il lievito “Tiri” arricchisce la collezione ospitata a Saint-Vith, in Belgio, località che dal 2013 accoglie questa preziosa biblioteca, fondata da Puratos Group con l’obiettivo di preservare la biodiversità e il know-how sull’utilizzo del lievito naturale.
Una storia di famiglia nel lievito madre
Durante la cerimonia di consegna, Vincenzo Tiri ha voluto dedicare il riconoscimento alla storia della sua famiglia, in particolare al nonno Vincenzo, di cui porta il nome. “Spero che mio nonno Vincenzo, che ci guarda da lassù, sia contento perché, se oggi sono qui, il merito è prima di tutto suo” ha dichiarato Tiri, sottolineando come in questo lievito risieda “un po’ la storia della mia famiglia, del mio paese e di tutte quelle donne che facevano il pane tramandandosi questo lievito”. La scelta di registrare il lievito con il nome “Tiri” è un omaggio alle sue origini, con la certezza che sarà custodito per almeno altri 150 anni. Tiri ha inoltre evidenziato la natura dinamica del lievito madre, definendolo “vita”, qualcosa che “devi custodire ma anche far crescere, giorno dopo giorno, quasi fosse un figlio”.
la biblioteca del Lievito Madre: un patrimonio mondiale
Il Sourdough Institut di Saint-Vith non è solo un luogo di conservazione, ma un vero e proprio polo di ricerca e innovazione dove “passato e futuro s’incontrano”. La Biblioteca del Lievito Madre, nata inizialmente in Italia e trasferita in Belgio nel 2013, è oggi una sezione strategica del Sourdough Institut. Al suo interno, i visitatori possono esplorare un percorso multimediale che ripercorre l’evoluzione dell’uso del lievito nei secoli e ammirare la stanza dove, in frigoriferi a 4°C, sono allineati i lieviti madre provenienti da 32 nazioni differenti. La collezione, che inizialmente contava 43 tipologie, ne ospita ora oltre 150, di cui 42 italiane. Un partner d’eccezione per l’attività di ricerca, studio e selezione è il professor Marco Gobbetti, Preside della Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano, riconosciuto come il maggior esperto mondiale di lievito madre.
Tra gli esemplari più curiosi, spiccano il primissimo lievito madre ad entrare, il “Pugliese”, usato per il celebre pane di Altamura; il numero 100, giapponese, prodotto dal sakè di riso; il numero 72, messicano, alimentato con uova, lime e birra; e il numero 106, canadese, risalente ai cercatori d’oro della fine dell’Ottocento. Questi lieviti madre vengono conservati in condizioni ottimali e rinfrescati ogni due mesi con la stessa farina con cui sono stati creati, replicando fedelmente le condizioni del panificio originale. I ceppi di lieviti selvatici e batteri lattici isolati vengono invece conservati in congelatori a -80°C. Questa iniziativa di Puratos è senza scopo di lucro e rappresenta “un onore e un piacere poter preservare il lievito madre di Vincenzo Tiri”, come sottolineato da Valentina Bianchi, Marketing Manager di Puratos Italia, che definisce il Sourdough Institut “un posto magico dove ricerca, studio continuo, storia e tradizione vanno a braccetto”.