Gestione del business, l’asset decisivo? Il fattore umano

Strategie di sviluppo, tecnologia digitale, ricerca sul prodotto: ecco le parole chiave per una sana gestione del proprio business
Gestione del business, l’asset decisivo? Il fattore umano

Antonio Civita, Ceo Panino Giusto, Fabrizio Frombola, Coo Sun Tzu, Nicholas Gancikoff, tra i soci del gruppo Iginio Massari Alta Pasticceria, e Filippo Sironi, Ceo e Founder Il Mannarino, sono i quattro professionisti a cui abbiamo chiesto di raccontare il proprio punto di vista sulle soluzioni da adottare per una sana gestione del proprio business. Centrali, nella totalità degli interventi, le figure professionali il cui lavoro ha un impatto diretto sull’esperienza del cliente, attorno cui gira tutta l’attività. Civita individua queste figure nel Coo e nel Cfo, alle quali affianca con pari centralità quella dell’HR manager: “il primo deve connettere il cliente con i valori del brand, il secondo deve assicurarsi che l’azienda abbia uno sviluppo sano, in linea con il posizionamento del brand. È il terzo però a rappresentare le vere fondamenta della nostra attività. Noi siamo un’azienda di persone, e se sbagliamo le persone abbiamo sbagliato tutto – spiega Civita -. Credo anche che a fare la differenza sia la capacità del manager di calarsi nella visione e nei valori dell’azienda. E già questo dà un grandissimo vantaggio, se poi riesci anche a immedesimarti nel cliente ideale dell’offerta del brand, perché senti di esserlo, questo crea una connessione straordinaria con l’unica vera ricchezza delle aziende che è proprio il cliente, e ti permette di fare progetti e interventi mirati” conclude il Ceo.

Digitalizzazione e riorganizzazione

Rendere l’esperienza del cliente sempre più digitale è uno dei principali obiettivi di Fabrizio Frombola: “Non abbiamo più menu fisici, ma solo QR code – spiega il Coo di Sun Tzu -. Il processo di digitalizzazione velocizza e semplifica anche l’introduzione di modifiche al menu stesso. Inoltre, stiamo lavorando sulla parte di robotica in cucina che semplifica il lavoro e permette di introdurre semilavorati che arrivano da un laboratorio, in modo tale da scaricare le operation del ristorante. In questa prospettiva, gli operatori di cucina non sono destinato a sparire, ma cambierà l’organizzazione perché le mansioni richieste non necessiteranno più una competenza specifica”.

Il giusto equilibrio

Per una corretta gestione del proprio business, secondo Nicholas Gancikoff serve poi trovare il giusto equilibrio tra crescita e impegni finanziari. “Siamo partiti quattro anni fa con un negozio e un embrione di laboratorio di produzione, adesso siamo 150 persone. Mentre il team di negozio è abbastanza definito, tutte le funzioni di supporto sono in evoluzione e vanno costruite man mano che l’azienda cresce – racconta a Dolcesalato Gancikoff -. Ogni volta che apriamo nuovi canali o sviluppiamo nuove iniziative aggiungiamo il personale necessario per supportarle. Allo stesso tempo, man mano che cresciamo come azienda ci possiamo permettere di investire in una struttura di supporto più forte e performante. Certamente è importante non appesantire troppo l’azienda, ma lo è anche investire sulle funzioni di supporto perché sono quelle che ti permettono di crescere, altrimenti si presenta un limite fisiologico alla crescita, in quanto risulta difficile gestire un sistema complesso con così poche persone. Avendo un’ambizione di espansione abbastanza importante, noi come azienda abbiamo deciso di investire non solo in macchinari, brand, pubblicità e negozi, ma anche nelle persone dietro le quinte”.

Welfare e nanismo delle PMI

Filippo Sironi mette infine l’accento su un tema caldo, quello del benessere. “La ristorazione è un settore labour intensive dove il welfare dei lavoratori è cruciale e fonte di vantaggio competitivo. In futuro, le aziende che prospereranno saranno quelle che riusciranno a dare ottime condizioni di lavoro per essere attrattive. I nostri dipendenti, a tutti i livelli, hanno una premialità erogata in welfare sui risultati dell’azienda; percepiscono i buoni pasto, cosa che in ristorazione non è la norma; infine, altrettanto insolitamente per il comparto, timbrano, e quindi hanno certezza che gli straordinari saranno pagati regolarmente”. Sironi conclude con una riflessione più ampia sullo stato delle PMI italiane che, a suo dire, soffrono di nanismo: “le buone pratiche manageriali non sono un’arte oscura, sono accessibili a tutti, la cosa difficile è adottarle. In questo senso cito sempre frase di Peter Drucker: strategy is a commodity, execution is an art. I buoni principi li conosciamo tutti, ma bisogna essere capaci di declinarli alla propria attività. Le PMI italiane soffrono di nanismo imprenditoriale, e spesso, nella gestione del business, il grosso errore è quello di fare coincidere la governance proprietaria con la governance societaria: l’imprenditore è quello che ha l’idea ma non deve essere necessariamente un buon manager. Nel food in particolare siamo all’anno zero, ma questo vuol dire che chi ha le competenze ha spazio per crescere”.  

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