Ernst Knam: innovatore per passione

Ernst Knam: innovatore per passione

L’integrità di Ernst Knam, già nota sugli schermi televisivi, non è dettata da un copione, ma è parte della sua vera essenza. La sua “visione” è scolpita nella coerenza, l’inesauribile curiosità e lo spirito di sfida sono gli assi nella sua manica

Classe 1963, d’origine tedesca e naturalizzato milanese, fin da ragazzo coltiva il sogno di diventare pasticcere. Figlio di un uomo tutto d’un pezzo, capace di infondergli fiducia e al contempo grande senso di responsabilità, Ernst parte a soli 21 anni, alla volta della Scozia, per raggiungere il lussuoso hotel Gleneagles. Quello fu il punto di partenza della sua meritata carriera, che lo ha portato in giro per il mondo, presso le cucine più prestigiose e gli chef più blasonati, tra tutti un nome, Anton Mosimann, allora al Dorchester Hotel di Londra.

Dopo l’apprendistato di pasticceria in Germania, ripartì per fare esperienze in Svizzera e in Inghilterra fino ad approdare nel 1989 in Italia, per un colloquio con Gualtiero Marchesi in Bovesin de la Riva, al tempo 3 stelle Michel. Dopo 3 anni come pasticcere per il Maestro, Ernst decide di aprire una sua pasticceria, a Milano. La sua filosofia è sempre stata quella di rompere gli schemi, di sondare terreni inesplorati, di osare laddove nessuno immagina. La città allora era dominata dalla tradizione, così decise di aprire un format alternativo, incentrato sulla vendita di torte e privo di caffetteria. «Non mi sono mai pentito della decisione che ho preso 26 anni fa – spiega Ernst – nonostante ancora oggi in molti mi dicono che sono matto, perché ci ho sempre creduto e i fatti mi hanno dato ragione. Una pasticceria è prima di tutto un’attività commerciale, quindi deve produrre utile vendendo dolci. E le torte, così come le praline, danno molte soddisfazioni in questo senso, a dispetto della mignon e dei lievitati per la prima colazione. La caffetteria richiede di aprire molto presto al mattino, di avere personale al banco in aggiunta a quello per la pasticceria, con i relativi problemi di disservizio. Per tali motivi, come mio core business ho scelto le torte dolci e salate, in diversi formati e declinazioni di gusto».

Noi di Dolcesalato abbiamo raggiunto il “Re del Cioccolato”, nella sua scuola Knam Experience Cooking Class, di via Sciesa 15, per saperne di più sulle strategie di business di una grande firma della pasticceria, e sul suo rapporto con il cioccolato che, in queste pagine, ci dà prova di amare, conoscere e interpretare in modo creativo.

Più che “Re del cioccolato” dunque, sei il re delle torte?
È un’etichetta che mi ha attribuito la televisione, che comunque mi calza perchè nell’80% delle mie torte utilizzo cioccolato.

Quali sono gli abbinamenti che prediligi con il cioccolato?
La mia formazione di cuoco, unitamente a quella di pasticcere mi ha portato concepire dolci che intrecciano i due mondi. I miei abbinamenti non sono mai scontati e la ricercatezza degli ingredienti parte da un una curiosità sempre viva, che mi induce a sperimentare nuovi fronti. Per riuscire negli “abbinamenti strani” bisogna partire da una profonda conoscenza delle materie prime e arrivare a un risultato equilibrato e armonico. Non abbinerò mai, per esempio, il cioccolato con il caviale, perché credo che nessuno dei due elementi venga valorizzato, però ho realizzato una torte di cioccolato e alici, nella quale non si sente il pesce, ma solo il profumo di mare.

Qual è il cioccolato che preferisci?
Non esiste il cioccolato migliore del mondo, ma quello che piace. E soprattutto deve piacere al tipo di target cui rivolgiamo il nostro prodotto. Per fare una crostata di cioccolato, per esempio, è preferibile non usare un Cru, ma un Blend, semplicemente perché il primo sarebbe sprecato. I monorigine hanno un gusto fine e caratteristico che andrebbe perso in cottura. Del cioccolato amo sentire i profumi, lasciarmi rapire dalla complessità di gusti e sapori. Ritrovarci il terroir da cui derivano le fave, immaginare il duro lavoro dei contandini dalla raccolta all’essiccazione e fermentazione dei semi, fino al lungo viaggio nelle fabbriche di produzione, dove ancora una volta, viene messa in campo un’expertise, dalla raffinazione al concaggio, che fa la differenza tra un cioccolato e l’altro. In questo senso ho trovato in Icam, azienda 100% italiana, la garanzia di un cioccolato eccellente, che vanta un controllo totale della filiera e un approccio sostenibile.

Cosa significa per te sostenibilità?
Significa alzare lo sguardo dal prodotto finito che ci troviamo davanti, per guardare alle realtà che si trovano a migliaia di chilometri da noi. Ai contadini che coltivano le piante del cacao, allo sviluppo della cultura agronomica e al miglioramento delle loro condizioni di lavoro e di vita. Una cura alla base della filiera che innesca un circolo virtuoso per tutto il mercato.

Il cioccolato per te è un ingrediente fondamentale in pasticceria?
Senza cioccolato non c’è pasticceria, oserei dire. È molto importante per dare carattere, come le spezie e la frutta. Il cioccolato mi affascina, perché è un ingrediente molto versatile e dalle mille declinazioni. Sostanzialmente appartiene alla cucina, la massa di cacao e il grué sono amari, il burro di cacao è un grasso nobile, poi vengono i cioccolati al latte, i fondenti, i gianduia, i pralinati…
Per essere al top del mercato sono sempre alla ricerca di materie prime uniche sul mercato. Mi aspetta un viaggio in Cina nel quale non mancherò di visitare i mercati del popolo: i luoghi in cui posso mettere il naso nella cultura gastronomica locale, nei loro profumi, colori e sapori. Da poco, grazie a una mia collaboratrice, ho scoperto un pepe del Nepal, il Cumeo, raccolto a mano a 2000 metri, che sa di limoni di Sorrento. Lo yuzu si sposa perfettamente con il cioccolato, così l’ho inserito anche tra i gusti del cioccolatino K, insieme al pepe di Timut, che sa di pompelmo rosa. Se non avessi girato il mondo, tenendo aperta la mente, non avrei potuto studiare certi abbinamenti.

Quanto è importante per un pasticcere avere dei Cru?
Oggi i clienti ricercano le particolarità e soprattutto sono affamati di cultura gastronomica: vogliono sapere da quale angolo del mondo proviene un ingrediente, se il suo gusto deriva dal tipo di terra o da un particolare processo di lavorazione. I Cru permettono di raccontare storie affascinanti, ci danno la possibilità di offrire ai nostri clienti prodotti superiori e creare abbinamenti unici.

Come hai organizzato la tua produzione in pasticceria?
Ho semplificato e standardizzato tutto, al massimo: la produzione deve essere veloce, senza sprechi e il risultato deve essere eccellente. Punto. Per questo ho razionalizzato i passaggi di produzione e messo a punto 7 basi, dalle quali ricavo 100 diversi tipi di torte.

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