Viaggio alle Origini

Viaggio alle Origini

Nell’attesa della seconda parte del reportage del viaggio in Brasile, organizzato dalla Barry Callebaut in occasione dell’Internationa Ambassadors’ Club Seminar 2011, di cui potete leggere la prima parte sul numero di giugno/luglio/agosto, sfogliabile anche on-line nella homepage  e vedere il video sempre sul nostro sito, vi “regaliamo” l’esperienza di alcuni professionisti che hanno vissuto questo viaggio in prima persona e le loro impressioni a caldo subito dopo la visita alle piantagioni. Dalle loro parole vi renderete conto di quanto sia importante conoscere bene la materia prima che lavorate, non solo dal punto di vista “chimico”, ma anche storico-culturale. A.Ce – 29 luglio 2011

Impressioni a caldo

Alberto SimionatoAlberto Simionato, technical advisor Barry Callebaut Italia: «Un’esperienza emozionante a dir poco. A parte il discorso del cacao, mi riferisco alle persone, a come ci hanno accolto, al rispetto e la cura che mostrano verso il mondo che le circonda e a come, con poco, riescano a vivere e a stare bene con loro stesse. Credo che più che dal cacao abbiamo imparato da altre cose: dal comportamento delle persone, dei bambini della scuola nella Fazenda São José e dalle attività che svolgono. La sensazione che ho avuto è stata di grande rispetto per il mondo in cui vivono. Oggi penso di avere capito quanto veramente “costa” il cioccolato, non tanto in termini economici, ma piuttosto a livello umano, di persone che lavorano e che fanno in modo che noi possiamo avere tutti i giorni il cacao nel nostro laboratorio».  

Gianluca Aresu, Chocolate Ambassador, Italia: «Rischio di ripetermi perché condivido pienamente quanto appena detto da Alberto. Anche per me è stata un’esperienza molto emozionante. L’intera giornata ci ha trasmesso sensazioni molto positive: il rispetto della natura, del luogo, della terra in cui vivono, di ogni piccolo spazio. Ciò che a noi potrebbe sembrare banale, per loro è importante. Questa esperienza mi ha caricato molto sia come umore, sia come vita, mi sento davvero fortunato. Tutto quello che ruota attorno a un’azienda moderna in termini di marketing piuttosto che di packaging, ecc, non potrebbe esistere senza l’impegno di tutte queste persone».

  Ramon Morato, technical advisor Barry Callebaut, si occupa della scuola Chocovic in Spagna: « La giornata per me è stata eccezionale, non mi riferisco solo al cacao, ma a tutte le emozioni vissute che sono culminate con la visita alla scuola. Quando i bambini hanno iniziato a cantare è stato un momento particolarmente commovente. Fino a ieri il cioccolato era visto come “un’attrezzatura” alla stregua di un’impastatrice, quasi senza valore, a partire da oggi penso che sarà diverso. Quando vieni qui e vedi tutto questo ti rendi conto che quello che abbiamo a disposizione in laboratorio non è nulla in confronto».

  Andriano Zumo, pasticciere Australia: « Questa è la prima volta che visito le piantagioni di cacao e per un pasticciere credo sia una grande opportunità conoscere l’origine del cacao. Non solo, io sono ancora molto giovane, ho 29 anni, e trovarmi a contatto con alcuni dei migliori pasticceri e cioccolatieri provenienti da tutti il mondo è davvero un’occasione unica che mi permette di condividere idee ed esperienze».  

Gianfranco (Capitano) Rosso, Chocolate Ambassador, Italia: «Ho già visitato delle piantagioni di cacao in passato, ma in un’altra ottica e con un’altra attività quindi le vedevo come il taglio del legno piuttosto che la raccolta del cauciù, insomma una visione completamente diversa. Questa, invece, è un’esperienza entusiasmante e allo stesso tempo simpaticissima perché è nell’ambito degli Ambasciatori del cioccolato: stiamo “navigando” con alcuni dei migliori pasticcieri e cioccolatieri al mondo e per me, che sono molto “piccolo” in confronto, mi riempie di orgoglio personale. È poi interessante vedere come, nella stessa zona di origine, ci siano attività così diverse l’una dall’altra. A tutto questo si aggiunge l’aspetto umano: per uno come me che ha vissuto in Africa e in diverse parti del mondo che non si considera né italiano né torinese, penso che quando guardi la gente negli occhi, vedi l’accoglienza che ti fanno e il modo in cui vivono, comprendi che non è il modo di vivere che rende infelici le persone, anzi siamo più infelici noi».

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