Senza trucco non c’è inganno

Senza trucco non c’è inganno

Con l’aiuto di due esperti abbiamo cercato di capire l’importanza dell’immagine espressa attraverso il menu o i cartelli espositivi che invitano all’assaggio o scoraggiano il cliente

Navigando su internet ci siamo imbattuti in un interessante quanto stravagante articolo pubblicato da L’Espresso Food &wine. In realtà non si trattava di un vero e proprio articolo, ma di un sondaggio tra i “navigatori” che invitava a spedire le foto dei “menu degli orrori”, ovvero foto di piatti o menu più brutti mai trovati nei locali e fast food in Italia o all’estero. Dopo aver scelto da un menu che, corredato da immagini, propone un piatto di alta ristorazione gourmet, spesso le aspettative vengono deluse, sia da un punto di vista estetico sia, ancora peggio gustativo. Prendendo spunto da questo argomento, abbiamo cercato di capire, con l’aiuto di due esperti, quale importanza riveste il menu e se una buona presentazione, visiva e descrittiva, anche in pasticceria, gelateria e panetteria, può essere un ottimo biglietto da visita. «Il menu è l’elemento attraverso cui il cliente prende confidenza con il locale – ci spiega  Davide Pini, fondatore di www.gastromarketing.it – ne interpreta lo stile, le scelte, l’impostazione, spesso agendo in totale autonomia, prima ancora di aver incominciato a interagire con chi gestisce il locale. Il menu, quindi, costruisce nella mente del cliente i primi pilastri su cui verrà poi edificato tutto il complesso, seppur istintivo, di valutazione dell’esperienza vissuta nel locale». In Italia, però, diversamente che all’estero, specialmente negli Usa, non si è soliti usare le fotografie per rappresentare i piatti, tuttavia questo consentirebbe al cliente di comprendere immediatamente le caratteristiche di ogni piatto o prodotto proposto, soprattutto perché, è risaputo, il palato si conquista prima con gli occhi «Pensate a quante volte, in un locale classico italiano con menu senza immagini  – sottolinea Pini – molte scelte vengono fatte additando il piatto appena consegnato al vicino di tavolo. L’aspetto negativo, però, è che l’uso della foto è prerogativa del fast food e della ristorazione più semplice e quindi rischia di essere vissuto come un elemento che caratterizza una ristorazione di livello più basso, un tabù non certo facile da superare». La pura descrizione del piatto sul menu, invece, lascia al lettore possibilità di interpretazione, generando, anche in questo caso, delle aspettative, che però è possibile gestire attraverso il dialogo con il cliente. Il menu, come la cartollinistica o le foto dei prodotti, dunque, deve comunicare l’effettiva qualità offerta senza creare false illusioni: «Il consumatore/cliente si crea delle aspettative leggendo il menu per questo – spiega – l’operatore deve essere in grado di replicare ciò che ha promesso. Il concetto di qualità si divide in due fasi: la qualità attesa, quella che il menu aiuta a creare nella mente del consumatore, e la qualità erogata, quella che l’azienda è in grado di fornire. Se i due concetti di qualità si equivalgono, il cliente percepisce il rispetto dello standard qualitativo e non ha motivo di lamentarsi, se la qualità erogata è inferiore a quella attesa, si ha, invece, la percezione di mancanza di qualità». Quando la qualità attesa è superiore a quella erogata, invece, si potrebbe innescare un meccanismo positivo, facendo sì che il cliente si trasformi egli stesso in veicolo promozionale attraverso il passaparola. Un esempio potrebbe essere quello della vecchia trattoria di paese, semplice e mai rinnovata o addirittura poco invitante, ma dove, è risaputo, il cibo è buono e di qualità. Qui, addirittura, spesso non esiste nemmeno il menu, che viene recitato a memoria dal cameriere, ma il contatto diretto è assicurato. La comunicazione verbale, quindi il contatto diretto, e un menu o una cartellonistica ben fatti, sono il giusto mix a garanzia di un risultato di successo: «Una cosa non esclude mai l’altra – continua Pini – addirittura nella vendita più basica, che vive quasi esclusivamente di comunicazione visiva, come avviene nei fast food, il ruolo della persona dietro al banco può comunque avere un impatto sulle valutazioni del cliente. Facile, quindi, immaginare come diventi un elemento chiave in una ristorazione più complessa: la descrizione del piatto può avere una forza suggestionante similare, se non superiore, in presenza di ottimi “oratori”, di una fotografia». «Il contatto, una mano dell’inserviente o del titolare ha la possibilità di trasmettere messaggi su un piano diverso da quello che può fare una frase a effetto o una bella foto – concorda Lobrano. Mi riferisco alla professionalità, alla passione, alla conoscenza del proprio mestiere e alla volontà di aiutare il cliente nella scelta più indicata per lui». Insomma, la bontà dei vostri prodotti si comunica anche, e prima di tutto, attraverso l’immagine e la loro descrizione, che va curata proprio con la stessa premura con cui li decorate e li mettete in vetrina. Mai sottovalutare, dunque, l’impatto che può avere una bella foto o una descrizione accattivante sul cliente. Attenzione a non esagerare, però, perché rischiate di deludere le sue aspettative!

(Ottobre 2010 – Anna Celenta)

© Riproduzione riservata