Chef Gordon Ramsay con gesto di stop in cucina. Ristorazione, alta cucina.

Il falso mondo dei reality

Chef Gordon Ramsay con gesto di stop in cucina. Ristorazione, alta cucina.

Reality un nome che trae in inganno. In realtà è tutto falso, ciò che conta sono solo gli ascolti e i soldi. Non ce ne è uno che non sia la spettacolarizzazione del nulla, lontano dalla realtà del lavoro. Contribuiscono a creare una realtà falsa, priva di contenuti, spesso maleducata e volgare. La maggior parte usa la tecnica del frankenbiting: si tagliano e si ricuciono le scene considerate fiacche per creare lo spettacolo. Le puntate noiose sono rimontate dagli addetti al montaggio: inseriscono scene eterogenee spacciate come unica sequenza. Ormai il cibo in TV è diventato sinonimo di urla, rissa, lotta, aggressività. Tutti guardano a Gordon Ramsey e alle sue trasmissioni, una specie di compendio di insulti, mancanza di confronto, supponenza e arroganza. Gli chef, diventati intoccabili nel loro ruolo di giudici, sanno solo dispensare parolacce e umiliazioni. Anche laddove il reality non si basa solo su uno scontro di improbabili ricette, si dà una visione irreale della gestione di un locale. L’importante è dimostrare che lo chef santone sappia garantire la risalita da cucine rappresentate come l’inferno. Non si parla mai dei veri problemi di chi lavora: orari di lavoro, retribuzioni, qualifiche, capacità…Conta solo lo chef-imprenditore: la brigata è ridotta al ruolo di comparsa. Insomma tutto è banalità, falsità, forzatura. E se gli chef tornassero in cucina e, soprattutto, formassero realmente i giovani? Di Monica Viani

© Riproduzione riservata