Ferran Adrià ad Alma: dalla sostenibilità economica al mito del pomodoro artificiale

Ferran Adrià ad Alma: dalla sostenibilità economica al mito del pomodoro artificiale

Il manifesto di un nuovo modello educativo per la ristorazione firmato Ferran Adrià in occasione dell'apertura del XXII anno accademico Alma
Ferran Adrià ad Alma: dalla sostenibilità economica al mito del pomodoro artificiale

In occasione dell’inaugurazione del XXI anno accademico di Alma, Ferran Adrià – presidente della elBulli Foundation – ha tenuto una lectio magistralis che ha messo in discussione i fondamenti della gastronomia contemporanea. Dall’urgenza di un’educazione imprenditoriale e finanziaria alla critica dei falsi miti del “naturale”, passando per un serrato dialogo con lo studente Edoardo e l’intervento di Diego Rossi (Trippa, Milano), Adrià ha delineato un manifesto per una ristorazione sostenibile, non solo etica ma soprattutto economica.

Un nuovo paradigma educativo: Ferran Adrià ad Alma

L’intervento di Ferran Adrià all’Auditorium Paganini, durante l’inaugurazione del XXI anno accademico di Alma, ha superato la dimensione celebrativa dell’alta cucina per concentrarsi su una visione sistemica e manageriale della ristorazione.
 Con il suo consueto tono diretto, Adrià ha esordito smontando i luoghi comuni sul suo passato, chiarendo che l’insuccesso economico non fu la causa della chiusura di elBulli nel 2011, ma la conseguenza di una scelta consapevole di trasformazione.

“Molti pensano che elBulli abbia chiuso perché non era redditizio. È falso. Dopo la chiusura ho sviluppato oltre cinquanta progetti, collaborato per dieci anni con Harvard e lavorato come consulente per quattordici multinazionali, da PepsiCo a Nestlé. Guadagnavo più di quanto avrei potuto ottenere gestendo dieci ristoranti. Chi non conosce questo contesto, non può comprendere davvero la mia carriera.”

La elBulli Foundation, ha spiegato, si fonda su tre pilastri: conservare l’eredità del ristorante attraverso un imponente archivio e un museo; produrre contenuti di qualità come la monumentale Bullipedia (55 volumi previsti); e promuovere un’educazione gastronomica che integri cultura, tecnica e visione economica.

Il prezzo della vita

Il cuore della lectio è stato il confronto con Edoardo, giovane studente di Alma, scelto da Adrià come esempio di riflessione concreta sulla sostenibilità personale e professionale. Edoardo ha dichiarato di essersi iscritto alla scuola per “ritrovare l’amore” per la cucina e per gli ingredienti. Adrià ha colto l’occasione per smontare le illusioni romantiche del mestiere, chiedendogli quanto denaro serva per mantenere il tipo di vita cui aspira: una casa importante, tre figli, una Bentley o una Ferrari.

“In Spagna, come in Italia, il denaro resta un tabù. Nessuno ne parla in famiglia, eppure è il punto di partenza di ogni progetto imprenditoriale. Se il tuo obiettivo è uno stile di vita agiato, devi considerare un reddito netto di circa mezzo milione di euro all’anno, che al lordo equivale a un milione. Per arrivarci, un ristorante deve generare un fatturato ben superiore.”

Alla provocazione ha risposto Diego Rossi, chef del ristorante Trippa di Milano, stimando in dieci milioni di euro il fatturato necessario per sostenere un tale livello di redditività. Adrià lo ha definito come esempio virtuoso di ristorazione gastronomica consapevole, capace di coniugare identità, accessibilità e intelligenza economica, definendo Trippa “uno dei ristoranti che più apprezzo al mondo”.

Diego Rossi, chef del ristorante Trippa, Milano

“La prima forma di sostenibilità è quella economica: senza redditività non si può pagare il personale né garantire continuità. Solo dopo viene la soddisfazione del cliente, e infine la felicità personale del cuoco.”

Un monito duro ma realistico, accompagnato dal dato che solo il 10% dei ristoranti redige un bilancio annuale, e che sei su dieci chiudono entro cinque anni.

Smontare il Matrix: il mito del “naturale”

Con la stessa lucidità, Adrià ha attaccato il linguaggio superficiale che domina la comunicazione gastronomica. Parole come “naturale” e “biologico”, ha detto, sono spesso usate senza cognizione scientifica.

“Viviamo immersi in un Matrix di percezioni distorte. Prendiamo un pomodoro: per la botanica è un frutto, ma per la biologia non è naturale, perché l’orto è un’invenzione dell’uomo. Le specie di pomodoro davvero naturali sono solo tredici, minuscole e originarie delle Ande. Tutto il resto è artificiale. Identificare il ‘naturale’ con il ‘sano’ o il ‘senza pesticidi’ è un errore concettuale. Dobbiamo cambiare prospettiva. Il pomodoro che compriamo oggi non è più quello di cento anni fa. È frutto di selezione, tecnologia, irrigazione controllata, logistica, marketing. È naturale o artificiale?”.

Con questa immagine paradossale, Adrià vuole dire che tutta la cucina moderna è
artificiale, perché si basa su tecnica, trasformazione, progettualità e conoscenza
scientifica. Il “mito del pomodoro artificiale” diventa quindi un modo per sfatare il romanticismo ingenuo del “tutto naturale”, e riportare la riflessione gastronomica su un piano più realistico, tecnico e culturale.

Il “mito del pomodoro artificiale” è diventato così la metafora perfetta della confusione epistemologica che, secondo Adrià, affligge oggi la cultura gastronomica. Con questa espressione, Adrià non sta santificando la manipolazione tecnologica, ma denunciando l’ingenuità con cui etichettiamo come “naturale” o “artificiale” ciò che mangiamo. Tutto è mediato, tutto è frutto di cultura e conoscenza.

Pensiero sistemico e conoscenza connessa

Per uscire dal caos informativo, Adrià propone il pensiero sistemico come nuovo strumento formativo: un metodo per collegare scienze, storia e business in un unico quadro coerente.

“Per comprendere il mondo e migliorarlo, dobbiamo analizzarlo in modo sistemico. Prendiamo ancora il pomodoro: prima c’è la natura, poi l’essere umano, infine ciò che l’uomo fa per rispondere ai propri bisogni. È solo collegando questi livelli che nasce la comprensione. La connessione è la chiave.”

È questa la logica alla base della Bullipedia, che ambisce a diventare un’enciclopedia del sapere gastronomico integrato: un ponte tra scienza, tecnica, cultura e gestione.
 Un progetto che, nelle parole di Adrià, non è nostalgia del passato, ma fondamento di un nuovo modello educativo per la ristorazione – uno in cui il talento creativo non può prescindere dalla consapevolezza economica, e in cui comprendere un pomodoro significa comprendere il mondo.

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