Si è parlato di pasticceria del futuro e comunicazione durante l’incontro organizzato da
Valrhona a Milano lo scorso 30 settembre, nell’ambito del programma di fidelizzazione
Cercle V. L’evento, per la prima volta aperto alla stampa, ha rappresentato un momento di
riflessione su nodi cruciali per l’azienda e per la pasticceria contemporanea, focalizzandosi
su una nuova concezione del prodotto, legata ai concetti di salute e sostenibilità. Valrhona
ha condiviso queste visioni con i suoi clienti italiani grazie agli interventi dei tre ospiti della
giornata: Franco Ascari, pasticciere formatore de L’École Valrhona per il mercato italiano,
che ha approfondito la “golosità ragionata”, tema caro all’azienda; Toni Rodriguez, pioniere
della pasticceria vegana in Spagna con la sua Toni Rodríguez Academy e il Magma
Bakery Lab; e il professor Vincenzo Russo, docente IULM ed esperto di neuroscienze. A
introdurre la giornata Thomas Mayot, Business Unit Manager per l’Europa Meridionale.
Fondamenti di neuroscienza per tutti
Il salto richiesto ai professionisti del settore poggia dunque su due pilastri fondamentali: il
primo è rappresentato dal prodotto stesso e il secondo è la comunicazione, ovvero le
modalità con cui questi prodotti verranno presentati. Tali modalità rispondono a precisi
meccanismi mentali che influenzano la percezione del gusto e che, come auspica il professor Vincenzo Russo, è bene che gli artigiani padroneggino, almeno nei principi. “Un prodotto scadente rimane scadente, e non c’è comunicazione che possa salvarlo. Al contrario, un prodotto di qualità ha il potenziale per essere percepito come superiore” sottolinea Russo.
L’uomo, infatti, è così “prevedibilmente razionale” da essere sistematicamente influenzato nelle scelte e nei giudizi da tali meccanismi neuroscientifici. Tra gli esempi citati, l’uso del colore rosso, che può portare il cervello a percepire una maggiore dolcezza rispetto ad altre tonalità: “se si aggiunge enocianina, colorante inodore e insapore, a un succo di frutta, colorandolo di rosso intenso, le persone riferiranno che quel succo è più fruttato e più zuccherato rispetto allo stesso prodotto non colorato” spiega Russo. Tra gli altri esempi citati una ricerca che ha dimostrato come una mousse al cioccolato servita su un piatto bianco venga percepita come leggermente più dolce rispetto a quella servita su un piatto nero, o come il caffè servito in una tazza azzurra venga percepito più dolce di quello proposto in una tazza bianca, sebbene a quest’ultimo sia attribuita una maggiore qualità.
Centrare l’obiettivo
Russo sottolinea che questi meccanismi, una volta compresi, sono “assolutamente
applicabili con successo anche nelle realtà artigianali: il nome del prodotto, il colore, il
packaging, e il modo in cui lo si racconta sono cruciali. A volte basta davvero poco, ma è
necessario conoscere le dinamiche“. Questa consapevolezza vale sia per le grandi che
per le piccole aziende, con la differenza che, mentre le multinazionali possono permettersi
grandi investimenti e margini di errore, per le piccole imprese la comunicazione è
fondamentale ed è cruciale evitare di sprecare le poche risorse economiche a
disposizione. In questo contesto, i social media ricoprono un ruolo cruciale: con un costo
relativamente contenuto, infatti, possono veicolare messaggi molto incisivi. Ma è
essenziale colpire nel segno. Russo conclude citando una ricerca di Google, secondo la quale “in soli 50 millisecondi il cervello decide se un elemento visivo in una pagina web è
‘buono’ o ‘non buono’. Quindi, centrare l’obiettivo visivo è fondamentale, e per farlo è
fondamentale acquisire consapevolezza sui meccanismi di base della neuroscienza”.
Narrazione, valore e fiducia
Durante la giornata sono state fatte assaggiare due monoporzioni alla cieca, senza
informazioni sugli ingredienti, svelati solo al momento del dibattito. Si è scoperto così che
si trattava di un mignon realizzato presso la sede milanese de L’École Valrhona con base croccante di semi di zucca, riso soffiato e avena, legata con una copertura
Compoz al latte fermentato; un gel di amarena in purezza (senza zuccheri aggiunti) e un
cremoso fondente realizzato secondo le regole della “golosità ragionata” – evoluzione
della pasticceria verso preparazioni più salutari che mantengono il piacere intrinseco dei
prodotti (che si traduce, nello specifico, in meno panna, uova intere anziché soli tuorli per
ridurre i grassi, e meno zucchero) –, con copertura Compoz base Repubblica Domenicana
e Ghana. La seconda ricetta era una Kyo Tart firmata Toni Rodriguez, un dolce vegano a
base di frutta, farina integrale, avena e frutta secca.
Il risultato dell’esperimento è stato che, sebbene molti in sala avessero percepito la natura vegetale della seconda proposta, la narrazione successiva delle caratteristiche e l’approfondimento delle motivazioni dietro alcune scelte realizzative ha modificato il valore percepito del prodotto, aumentandolo. Tuttavia, il tema della pasticceria vegana rimane problematico nella comunicazione. È lo stesso Toni Rodriguez a sottolinearlo, raccontando come la comunicazione della sua Magma Bakery Lab sia tutta giocata sull’incisività e non sulla natura veg della proposta.
“Questo perché a Barcellona non funzionerebbe. È un elemento importante da tenere in
considerazione. Io voglio fare una pasticceria che renda tutti felici, chi ha esigenze
alimentari specifiche – non solo veg ma anche legate alle intolleranze –, ma anche tutti gli
altri e per questo preferisco definirla inclusiva, lasciando il giudizio all’assaggio. Questo
però ha senso a Barcellona, dove la cultura vegana non ha particolarmente presa, mentre
sarebbe diverso a Londra dove probabilmente punterei proprio su quello nella
comunicazione. Il prodotto è lo stesso, è la narrazione che fa la differenza: bisogna trovare
il modo di raccontarlo in modo da valorizzare al meglio”.
A questo proposito, il professor Vincenzo Russo conclude la giornata citando l’indice di fiducia dei consumatori di Nielsen, che evidenzia come in Italia corrisponda a 68, notevolmente inferiore alla media europea di 95. Questo dato, che indica i consumatori italiani sono intrinsecamente sospettosi nei confronti delle aziende e dei loro prodotti, sottolinea l’importanza cruciale di costruire narrazioni efficaci e trasparenti, capaci di intercettare il desiderio di valore e autenticità del consumatore moderno, superando il deficit di credibilità.