
“Ho un’idea molto precisa del gelato. A partire dalla modalità di consumo, che è completamente diversa da quella di qualsiasi altro alimento. Io credo che, quando mangiamo un gelato, andiamo a ricercare sensazioni specifiche, la dolcezza, la freschezza, la cremosità, le stesse della prima infanzia, quando scoprivamo il mondo con la bocca. È un consumo molto intimo, molto concentrato sulla sensazione. Per questo nel mio lavoro di formatore investo tantissimo nelle degustazioni, perché è lì che si trova l’essenza di questo mestiere. Se non ci focalizziamo sulla degustazione ci perdiamo la parte più concreta di un’esperienza che altrimenti è estremamente effimera, che dura pochi minuti e in quei pochi minuti comunque avviene una trasformazione di consistenza, di temperatura… al punto da non lasciare un ricordo preciso, ma una sensazione. Ed è lì che dobbiamo mettere il fuoco”.
Simone De Feo – punto di riferimento del settore con la sua Cremeria Capolinea, due sedi a Reggio Emilia, e formatore –, ci racconta così l’oggetto del suo, e del nostro, desiderio: il gelato, cardine attorno al quale ruotano le vite dei protagonisti della nostra Power List, una nuova generazione di gelatieri under 35 che sta iniziando a riscrivere dinamiche e priorità di questo prodotto, simbolo della gastronomia italiana nel mondo.
Dati incoraggianti nel mondo del gelato
Dalla poesia ai numeri: secondo l’Osservatorio SIGEP World, in Italia nel 2024 il gelato ha superato i 600 milioni di porzioni vendute, ponendo il nostro Paese al primo posto in Europa con un 26,4% davanti a Germania (25,1%) e Spagna (20,6%). “Per l’estate 2025 prevediamo inoltre una crescita delle vendite intorno al 4% per tutta l’Italia” sottolinea Claudio Pica, segretario generale AIG. A crescere è anche la propensione al consumo da parte dei turisti, sottolinea Matteo Figura, direttore esecutivo Foodservice Italia di Circana: “In 4 visite su 100 i consumatori includono il gelato tra le loro scelte fuori casa. Anche in un momento di incertezza gli europei non rinunciano a questa esperienza, offrendo opportunità e stimoli di crescita per tutta la filiera”.
Esserci e raccontarsi
“Il gelato italiano ha un potenziale enorme che spesso non viene pienamente colto” sottolinea Isaac Zarfati, fondatore di ConGelato, realtà partita da Milano che sostiene il comparto puntando sulla comunicazione (anche attraverso eventi, come la GelatoWeek e una piattaforma che mette in collegamento gelaterie e clienti).
“Quando all’estero si dice ‘gelato’ si evoca immediatamente un’idea di qualità superiore, che permette, per esempio, di vendere il prodotto a un prezzo molto diverso da quello a cui siamo abituati. Noi italiani dovremmo giocare con maggiore convinzione la carta dell’alta qualità; siamo noi i primi a dover trasmettere la cultura di un prodotto che tutto il mondo ci invidia. Anche il turismo legato al gelato è una risorsa incredibile che andrebbe valorizzata in modo molto più convinto. La predisposizione dei gelatieri, in particolare delle nuove generazioni, a comunicare il loro lavoro è certamente in crescita – prosegue Isaac –. Negli ultimi anni, ho percepito un graduale ma costante switch verso il digitale. Le gelaterie, anche quelle tradizionali con un ricambio generazionale, stanno comprendendo la necessità di andare oltre il passaparola, sacro e fondamentale per un buon prodotto, ma ormai insufficiente. Sia che lo si cerchi attivamente, sia che lo si scopra grazie alla nostra proposta, emerge una crescente apertura verso la presenza social. Non si tratta solo di esserci: questa tendenza è legata anche a una maggiore consapevolezza imprenditoriale delle nuove generazioni, che capiscono che un buon prodotto deve essere affiancato da uno storytelling specifico che permetta di condividere scelte fondamentali per la singola attività, ma anche per il comparto, come per esempio quelle relative ai prezzi”.
Potenzialità e limiti del cambiamento
Questo nuovo approccio è una delle espressioni di un movimento che potrebbe, potenzialmente, cambiare le regole della gelateria. La genesi di una rivoluzione tutta da scrivere. “Le giovani generazioni di gelatieri esprimono una forte voglia di rottura, spesso in modo radicale – ci spiega Matteo Casone, per anni gelatiere, responsabile di produzione della Manufacture de Glace di Alain Ducasse e oggi tornato in Italia occupandosi al momento principalmente di consulenza.
“Si critica spesso l’uso dei neutri e aspramente le aziende produttrici di ingredienti. È un approccio che definirei ‘rabbioso’, carico di energia giovanile e ammirevole voglia di rompere gli schemi del passato, con il lavoro stagionale, con gli orari di apertura, con i prezzi ‘fissi’, con le 12 ore di laboratorio. Ogni rivoluzione, all’inizio, vorrebbe cancellare tutto il passato, che è il suo bello ma porta con sé dei limiti – prosegue Matteo –. Demonizzare le aziende produttrici e i loro prodotti per principio, vuol dire ignorare un patrimonio di competenze che è difficile raggiungere senza l’esperienza o i macchinari necessari. Non riconoscerlo vuole dire ignorare una parte importante del mercato e delle possibilità che offre. Quando si punta sulla rottura a tutti i costi, senza avere davvero gli strumenti, si rischia di ottenere un risultato insoddisfacente. E a quel punto chi ne trae vantaggio? Né il cliente, che non è soddisfatto, né la gelateria ovviamente. Soprattutto per iniziare, e per preparazioni complesse, se l’alternativa è offrire un prodotto non all’altezza delle parole, l’uso dei semilavorati ha una sua importanza, bisogna ammetterlo”.
Mettere in discussione il paradigma
Ed ecco il vero punto: a fronte di questa “energia rivoluzionaria”, nelle nuove generazioni, Matteo non rileva una vera rottura del paradigma: “la vera sfida, per questi giovani, dovrebbe essere sviluppare le proprie idee. I gelatieri di nuova generazione hanno in mano un diamante grezzo e quello che dovrebbero fare è definire ogni sfaccettatura di questo tesoro attraverso una ricerca che sia però profondamente personale”. Per questo Matteo non si definisce esattamente un consulente ma un ‘coadiuvatore’: “il mio obiettivo è aiutare a trasformare in realtà le idee delle persone. Non trovo interessante che un mio cliente produca il gelato secondo la mia ricetta, cosa che invece è ormai la prassi sia per offerta dei consulenti che per richiesta dei gelatieri. Con un gelatiere è molto più interessante dialogare, degustare assieme e scoprire quale sia la sua vera strada. Perché sarà lui a vendere quel gelato ogni giorno e quel prodotto deve rappresentarlo, perché oggi essere riconoscibili è imprescindibile nella gelateria, come del resto in tutti i settori”.
Matteo ha trovato nell’esperienza con Ducasse l’occasione per esprimere sé stesso attraverso quello che definisce ‘gelato cucinato’ dove ogni ingrediente viene lavorato, proprio come nella cucina di un ristorante, per le sue specifiche esigenze evitando processi standardizzati che finiscono per mortificare una ricerca di materia prima spesso incredibilmente raffinata.
“A Parigi il gusto più venduto del primo anno era un sorbetto con una ricetta da 19 ingredienti che ha richiesto molto tempo per essere studiata, bilanciata e realizzata. Approcciato in questo modo, quello del gelatiere è un vero lavoro gastronomico”.
Andare… in profondità
“A mio parere il gelatiere possiede una professionalità potenzialmente immensa, forse la più profonda tra quella di tutti i professionisti del settore alimentare. Una competenza che, però, non è ancora pienamente compresa, neanche dai gelatieri stessi, che troppo spesso non si rendono conto di quanto, proprio questo mestiere, offra una possibilità unica di approfondimento delle materie prime, anche perché è lì che si gioca tutto, è lì che risiede la vera ricerca”. Concludiamo questa introduzione alla nostra Power List tornando alle parole di Simone De Feo che ribadiscono un concetto centrale in questo momento storico: quello della personalizzazione. “Io sono profondamente innamorato della didattica e il Capolinea è da sempre un laboratorio di idee dal quale ogni anno almeno un ragazzo spicca il volo aprendo la sua gelateria, e, cosa fondamentale, declinando il nostro approccio in modo fortemente personale” ci racconta Simone.
“Questa è una cosa che spesso può essere fraintesa: quando si ha una personalità e delle idee molto forti, le proprie convinzioni rischiano di essere prese come assiomi o leggi, invece di stimolare una ricerca più personale e intima. La vera ricerca nella gelateria dovrebbe invece essere un viaggio verso l’interno, una profonda interiorizzazione del proprio lavoro. È un cambiamento in atto in questo momento, ma siamo davvero agli inizi, è un terreno giovane, come giovane è l’idea stessa che esista una professionalità specifica legata al gelato. Faccio un esempio chiarificatore: si discute costantemente della necessità di una legge sul gelato artigianale. Io, invece, ho sempre sostenuto con forza un altro punto: bisognerebbe normare la figura del gelatiere, non il gelato artigianale. È il professionista che deve avere punti fermi, una cultura solida, una curiosità costante e gli strumenti necessari per metterla in pratica. La ricerca è importante, ma finché non si compie questo scatto di paradigma, la gelateria non troverà la sua vera identità”.