I prodotti vegani piacciono sempre di più

I dati su consumatori, vendite e ricerca, tutti positivi, delineano un trend in ascesa per i prodotti vegani

Poco più di una persona su otto, in Italia, è vegana o vegetariana. È quanto emerge dai dati del Rapporto Italia 2021 dell’istituto di ricerca Eurispes presentato lo scorso maggio. I risultati dell’indagine parlano dell’8,2% della popolazione, percentuale in lieve calo rispetto al 2020, quando era l’8,9% del totale, ma sempre più alta della media del periodo che va dal 2014 a oggi (7,5%). Segno più per i vegani, che passano dal 2,2% al 2,4% (i vegetariani, invece, scendono dal 6,7% al 5,8%). Tra questi, gli uomini sono il 2,7% contro il 2% delle donne.

ETICA, AMBIENTE E SALUTE

Il Rapporto Italia 2021 ha indagato anche i fattori che spingono gli italiani ad abbracciare la dieta vegana o vegetariana. Uno stile di vita improntato al rispetto sia degli animali sia del pianeta è la motivazione data dal 23,1% degli intervistati, mentre ragioni salutistiche sono state fornite dal 21,3%. Il 20,7%, invece, è spinto solo da motivi animalisti (20,7%). L’11,2% è spinto unicamente dal rispetto dell’ambiente (11,2%), il 9,5% dalla curiosità verso nuovi regimi alimentari (9,5%) e il 5,9% dal mangiare “meno e meglio” (5,9%).

“VEG” E “VEGANO” CLAIM VINCENTI

Sul fronte dei consumi, l’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino (la n. 2021.1) parla di una crescita nel 2020, rispetto all’anno precedente, delle vendite di alimenti e bevande che riportano in etichetta o sul packaging informazioni che fanno riferimento a un’alimentazione vegana. Tra i claim che richiamano a precise scelte di vita e di consumo, “veg” è riportato su 4.438 prodotti (5,2%) e nel 2020 ha generato il 5,6% delle vendite complessive del paniere alimentare esaminato (84.804 prodotti). «Nei 12 mesi rilevati – si legge sul report dell’Osservatorio Immagino – questo claim ha accelerato la sua crescita. Se nel 2019 le vendite erano salite del +4,5%, nel 2020 sono avanzate del +8,7%. Tra i prodotti che hanno dato il maggior contribuito a questo trend ci sono stati formaggi freschi industriali, passate di pomodoro, yogurt greco, surgelati vegetali, cereali per la prima colazione e confetture (…). Passate di pomodoro, surgelati vegetali e confetture sono stati, invece, i prodotti trainanti per l’espansione delle vendite del paniere accomunato dal claim “vegano”, avanzate del +9,5% nel 2020. Anche in questo caso il trend ha accelerato la sua crescita rispetto al 2019, quando aveva chiuso con un +5,1%. Complessivamente quest’indicazione compare su 3.370 prodotti (4,0%) e incide per il 2,7% sulle vendite totali del paniere alimentare analizzato».

L’ANNO DEI PANIFICATI VEGAN

Secondo l’edizione di quest’anno di Veganuary, movimento vegano che ispira le persone a provare un’alimentazione vegetale per il mese di gennaio e per tutto il resto dell’anno, il 2021 sarà l’anno dei panificati vegan. È quanto riportato in un articolo pubblicato sul sito dell’Osservatorio VeganOK. «In accordo con i dati diffusi dalla società di ricerca WGSN – si legge nel testo – l’interesse per i prodotti da forno senza ingredienti di origine animali è alle stelle. Sui social, l’uso dell’hashtag #veganbaking è aumentato del 35% nell’ultimo anno e sempre più consumatori scelgono prodotti a base vegetale anche solo per curiosità. Il settore è sostenuto anche dall’innovazione, che genera competitività e negli ultimi anni ha permesso di sostituire gli ingredienti animali con alternative veg, senza compromettere il gusto e la resa del prodotto finale».

LA RICERCA GUARDA ALLE PROTEINE ALTERNATIVE

Gli investimenti nella ricerca di proteine alternative a quelle animali, in effetti, sono in crescita. Il rapporto dell’organizzazione no profit Good Food Institute, pubblicato lo scorso marzo, parla di 3,1 miliardi di dollari investiti in questo campo. Sono così divisi nelle tre grandi sottocategorie: plant-based, ossia a base vegetale, con 2,1 miliardi, il triplo dell’anno precedente; cell-based, con 360 milioni destinati alle tecnologie di agricoltura cellulare, che mirano a produrre carne direttamente dalle cellule anziché da animali in vita. In ultimo fermentation-based, il terzo pilastro nel campo delle proteine alternative, con 560 milioni investiti. Sebbene l’importo sia da record, secondo Caroline Bushnell, Direttore del Corporate Engagement di GFI, «sono necessari maggiori investimenti – sia dal settore pubblico sia da quello privato – per soddisfare le esigenze attuali. Uno spostamento su larga scala verso proteine alternative sarà infatti fondamentale per mitigare l’impatto ambientale della produzione alimentare, rispettando l’accordo di Parigi sul clima e alimentando in modo sostenibile una popolazione mondiale in crescita».

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