Tavola rotonda: “Grassi, quali e quanti?”

Tavola rotonda: “Grassi, quali e quanti?”

L’annosa questione sulla scelta tra grassi animali o vegetali, offre lo spunto per un confronto con esperti e produttori del settore, aiutandoci a capire perché la risposta sta nel mezzo

Da quando l’attenzione verso una corretta alimentazione è diventata tematica comune e interesse sincero da parte delle industrie del food, tante parole sono state spese sul tema “grassi animali o grassi vegetali”. Quale il più salutare? Quale il più eco-sostenibile? Sono intercambiabili? Abbiamo provato a fare un po’ di luce sulla vicenda, coinvolgendo importanti esperti del settore e portavoce delle più note aziende produttrici, che ci hanno spiegato pregi e virtù delle materie grasse, indispensabili per la dieta, insostituibili in pasticceria.

FURIO BRIGHENTI Docente di Nutrizione del Dipartimento di Scienze degli Alimenti di Parma

“È una questione di limiti e l’importante è fermarsi sotto la soglia, sia per i grassi animali sia per i vegetali”

Gli anni, le mode, le tesi salutistiche, ogni posizione è stata vagliata da chi, come il Prof. Furio Brighenti, docente di Nutrizione presso l’Università di Parma, ha come missione quella di fare nostantemente ricerca sulle componenti degli alimenti. Innanzitutto bisogna dividere i grassi di origine vegetale da quelli di origine animale e quelli che sono i grassi saturi, monoinsaturi, polinsaturi, essenziali. L’unica differenza oggettiva risiede nella presenza o meno di colesterolo perché «nei grassi vegetali è sempre assente dato che nelle piante non viene sintetizzato». Tuttavia, se si tratta di “grassi”, quindi lipidi allo stato solido (e non oli), sia nel caso di quelli animali che di quelli vegetali, la loro composizione sarà costituita da acidi grassi saturi. Da un punto di vista nutrizionale risultano abbastanza equivalenti, va spezzata una lancia a favore di entrambi. Una dieta molto ricca di grassi saturi e con pochi grassi essenziali a lungo andare porta a un aumento del colesterolo. Rispetto a quanto si pensava tempo fa, molti effetti sulle malattie cardiovascolari legati alla dieta contemplano non solo una tipologia di grassi ma anche la qualità e la quantità dei carboidrati». Si tratta pur sempre di una questione di limiti, tant’è che «nel LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti) si raccomanda che nella dieta non debba essere superato il 10% dell’energia da grassi saturi. Se si rimane al di sotto, che derivino da grassi animali o vegetali questo conta poco». Infine, il tanto dibattuto aspetto ambientale viene riportato sul piano della produzione: «È giusto distinguere tra grassi animali e vegetali in quanto i vegetali hanno nella loro stragrande maggioranza un impatto ambientale inferiore, perché sono una produzione primaria, mentre quelli animali derivano da un animale che deve consumare mangime e produrre il latte da cui si derivano i grassi». All’interno delle tipologie vegetali, invece, «l’olio di palma, tipologia arborea, ha un minore impatto ambientale e una maggiore resa rispetto a tutte le altre coltivazioni erbacee come la soia, che per essere prodotte richiedono molte più risorse».

FRANCO ANTONIAZZI Docente di Tecnologie dei Prodotti Dolciari dell’Università di Parma
“Se si decidesse di non utilizzare i grassi, i prodotti perderebbero in struttura e sapore”

Le parole chiave sono misura, equilibrio, varietà. Così il Prof. Franco Antoniazzi, docente di Tecnologie dei Prodotti Dolciari, ci introduce all’argomento apparentemente complesso, ma probabilmente più semplice del previsto. I presupposti di partenza esistono e anche in questo caso sono fortemente e inequivocabilmente di natura scientifica. «Due differenti reologie sono quelle che caratterizzano i grassi animali, all’incirca contenenti tra il 40 e il 50% in composizione di grassi saturi, e gli oli vegetali, che ne contengono più o meno la metà, con percentuali tra il 10 e il 20%». In base a questo rapporto si comprende che una parte di grasso incide come tre parti di olio dal punto di vista dell’eventuale rischio cardiocircolatorio a cui i grassi saturi in assunzioni elevate conducono. Tuttavia, come sempre, è un problema di quantità. «Tecnologicamente i grassi animali garantiscono una migliore struttura al prodotto finale degli oli, le torte acquistano più volume, e il sapore spesso è più persistente perché il grasso rimane attaccato alla bocca. Se sostituiamo un grasso con un olio perdiamo in sapore perché il primo rimane attaccato al palato mentre l’olio scorre via più velocemente». Importante, infatti, ricordare che per natura i grassi sono i “trasportatori” delle sostanze aromatiche, quindi «un prodotto come il grasso, dalla struttura solida, porta a masticare più a lungo e di conseguenza il sapore perdura maggiormente nella bocca». A ogni modo, se si decidesse di non utilizzarli, il prodotto perderebbe in entrambi i casi di sapidità e sapore. Nel caso in cui invece ci si trovi di fronte a quegli oli vegetali che possono essere considerati grassi vegetali grazie alla loro struttura solida conferitagli da una maggiore concentrazione di acidi grassi saturi, come l’olio di colza, di palma, il burro di cacao, la limitazione alla quale si deve ricorrere è sempre la medesima. «Perfino l’olio extravergine di oliva, considerato tra i prodotti più salutari a base della dieta mediterranea, contiene il 12-15% di grassi saturi, quindi proporzionalmente rappresenta lo stesso identico rischio di tutti gli altri grassi». Secondo Antoniazzi, «in parte le mode e le necessità commerciali hanno fatto sì che prima si sia condannato il burro, poi generalmente i grassi animali per lo stesso problema dei grassi saturi, giustamente è seguita la totale condanna ai grassi idrogenati e al loro contenuto di acidi grassi trans, e infine l’accanimento contro l’olio di palma». La soluzione che sta alla base si chiama dieta varia: «il concentrarsi sui difetti dei prodotti è legato a interessi che al consumatore non devono interessare, la deforestazione, nel caso del palma, è vero che esiste ma esiste anche per la carta, per la soia, per il cacao. Da 7 miliardi che siamo oggi ne diventeremo 9 nel 2050. È arrivato il momento di imparare a nutrirci in maniera consapevole».

ADELE MANCA Marketing & communication manager Corman Italia
“Preferisco focalizzare l’attenzione sulla materia grassa di qualità, animale o vegetale che sia”

A fare da portavoce per Corman, azienda belga che da quasi un secolo è leader nella produzione di burro, è Adele Manca, marketing & communication manager: focalizzando l’attenzione sul settore artigianale, il burro di qualità rappresenta la materia grassa migliore in pasticceria e nel tempo, grazie al lavoro di noi aziende, dei media, degli opinion leader e di tanti professionisti che credono nella pasticceria di qualità, si è diffusa questa consapevolezza tra gli artigiani e soprattutto tra i consumatori. Il metodo produttivo naturale, basato soltanto su procedimenti fisici, garantisce un prodotto finale come il burro, di fondamentale importanza per la realizzazione della pasticceria di elevata qualità in termini di sapore, profumo e in generale di performance del prodotto finito. La questione nutrizionale è stata negli anni oggetto di critiche forti, tuttavia la figura di tecnici altamente preparati che lavorano all’interno dell’azienda e al servizio dei clienti, serve per sottolineare che «il burro, come l’olio d’oliva, sono prodotti naturali che, per una persona sana con un corretto stile di vita, sono fondamentali in una dieta equilibrata dove i grassi rappresentano il 25% del nostro fabbisogno giornaliero. Il suo contenuto di colesterolo – presente nella misura di 250 mg/100 g di burro – per avere un’influenza negativa sul nostro tasso colesterolicemico, dovrebbe essere consumato 100 g/die (contando che un croissant di 45 g apporta 13 g di burro, un cornetto italiano poco più di 11 g)». Importante è quindi assumere grassi nella giusta misura. La qualità per Corman non si esaurisce nella produzione di un ottimo burro: Adele Manca tiene a sottolineare quanta sia stata l’innovazione nel campo, che oggi ha portato a offrire ai suoi consumatori un’ampia gamma di prodotti tra cui «il primo burro piatto per laminazione, il primo burro specifico per i gelati, il burro cotto pronto all’uso, il burro liquido, e l’ultimo nato Burro Express – un burro piatto prelaminato e subito plastico per essere lavorato».

FILIPPO MARCHI Direttore Business Unit Italia & Paesi Extra Europei Gruppo Granarolo

“Importante seguire la via della responsabilità in termini alimentari e ambientali, andando incontro al consumatore”

Una nuova sensibilità dei consumatori è quella intercettata da Granarolo, che ha deciso di dare risposte più responsabili in termini alimentari e ambientali, con una conferma che parte dall’etichetta. Filippo Marchi, direttore business del Gruppo Granarolo, ci spiega che attraverso messaggi chiari che mettono in evidenza le distintività dell’offerta, Granarolo riesce a comunicare che esiste una filiera controllata di 1000 allevatori, un impegno in termini di qualità che va ben oltre gli standard di legge, una scelta attenta all’ingredientistica, una trasparenza di comunicazione. E in riferimento ai temi di attualità che vedono il burro in flessione nel mercato italiano (-2,5%), Granarolo ha reagito decidendo di «andare incontro alle diverse esigenze del consumatore, che noi vogliamo soddisfare in particolare con prodotti mirati come il burro Light e quello Senza Lattosio, nell’innovativo formato da 100 g, oltre che alla nuova linea Granarolo 100% Vegetale». La soluzione quindi non è quella di eliminare completamente dalla dieta un certo alimento, anche perché le raccomandazioni di assunzione dei grassi saturi ne permettono comunque un consumo quotidiano. Tuttavia le diverse tipologie di burro nel portafoglio Granarolo fanno sì che il target dei consumatori risulti abbastanza ampio, «perché la nostra gamma è ideale per qualsiasi utilizzo in cucina, ottima per la preparazione di dolci a caldo, come torte e crostate, indispensabile per condire i primi piatti». Inoltre, sul sito granarolo. it una sezione apposita è stata dedicata alle ricette, messe a disposizione dei consumatori che possono così imparare come valorizzare al meglio l’ingredientistica dei prodotti Granarolo. Marchi aggiunge anche che «a conferma della qualità riconosciuta dei prodotti Granarolo, il burro Granarolo Classico è promosso dall’AMPI – Accademia Maestri Pasticceri Italiani – anche perché realizzato solo con panna di produzione italiana».

LUCA CELLI Responsabile vendite & Coordinatore marketing Senna
“Anche un viaggio di 1000 miglia inizia con un primo passo. Fontamentale è lavorare in un’ottica sempre più salutistica.”

Piccoli passi verso una maggior consapevolezza sono alla base del pensiero di Luca Celli, responsabile vendite e coordinatore marketing di Senna, azienda austriaca produttrice di margarine. Il loro metodo si riassume nella costanza all´innovazione, al fine di offrire ai clienti prodotti sempre più salutistici. I cambi di tendenza negli anni sono stati sempre assecondati, a partire dal 2007, quando Senna «ha iniziato a produrre margarine senza grassi idrogenati e ha inserito nel proprio portfolio una completa linea di margarine biologiche». Importante è sottolineare quanto l’utilizzo di margarina sia fondamentale, dal punto di vista di Senna, per quei prodotti come la pasta sfoglia, che grazie al punto di fusione più alto della margarina rispetto al burro, rende più facile questo tipo di lavorazione che altrimenti risulterebbe lunga e complessa. Tante linee di prodotto Senna sono state create per poter coprire qualsiasi tipo di richiesta, con l’obiettivo di rendere il più semplice possibile il lavoro dei loro clienti. Tra questi «la margarina puramente vegetale, la melange mista burro, quella biologica, e la linea Zeropalmche contiene il 50% in meno dei grassi saturi presenti nel burro e il 30% in meno dei grassi saturi contenuti in una margarina vegetale con palma. Inoltre, queste non contengono conservanti, coloranti, sono senza lattosio e senza glutine». Le margarine senza olio di palma hanno un alto valore sotto il profilo salutistico e Senna è stata tra le prime aziende europee a offrirle sul mercato sia per la produzione di paste lievitate e croissant sia per impasti. Non dimenticando però che i grassi vegetali, compreso l’olio di palma, se utilizzati con consapevolezza, hanno vantaggi importanti come, ad esempio, nessun contenuto di colesterolo, l’assenza di acidi trans e una estrema leggerezza al gusto.

GIANMARIA MARTINI Amministratore Delegato Unigrà

“L’obiettivo è offrire ai professionisti e al consumatore un quadro completo per compiere scelte consapevoli”

In prima linea contro l’utilizzo poco responsabile dell’olio di palma c’è Unigrà, azienda italiana leader nella trasformazione di oli e grassi alimentari. Gianmaria Martini, amministratore delegato, sottolinea come Unigrà in questi anni ha agito basandosi sui risultati delle ultime ricerche scientifiche, e in particolare sulla questione olio di palma. Innanzitutto, «l’olio di palma non altera i sapori, prolunga la durata del prodotto, è solido a temperatura ambiente, ha un costo altamente competitivo: queste caratteristiche lo hanno reso la più valida alternativa per la sostituzione di burro e grassi idrogenati a livello industriale, consentendo innumerevoli impieghi in diversi settori alimentari. Al contempo, negli ultimi anni, è stato vittima di un attacco mediatico senza precedenti che ha generato nel consumatore finale un’ondata di diffidenza spesso ingiustificata, visto che non tutti hanno una visione a 360° sul tema». Primo impegno quindi è stato quello di comunicare la corretta informazione sull’argomento, aderendo al progetto EPOA (European Palm Oil Alliance) e all’Unione Italiana per il Palma Sostenibile, di cui sono co-fondatori. Ma non è nell’interesse aziendale fermarsi a queste constatazioni: «al contempo, lavoriamo per individuare delle altrettanto valide alternative vegetali all´olio di palma, per soddisfare le esigenze di chi ha lecitamente deciso di non volerlo consumare ma va detto che al momento nessun altro grasso offre le medesime performance del palma, sia in termini di caratteristiche organolettiche e tecniche, sia in termini di sostenibilità, non solo da un punto di vista economico ma anche ambientale».

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