
Si è svolto all’interno dell’aula magna di CastAlimenti il primo Junior Pastry Camp, ovvero un incontro tra professionisti affermati e giovani talenti
È il primo nel suo genere, voluto da alcuni professionisti affermati per far crescere pasticceri in erba e per permettere loro di familiarizzare con le competizioni e con la professione in generale. L’idea, in particolare, nasce dalla volontà di Roberto Rinaldini, il quale è anche la mente del Campionato del Mondo Juniores: «Con questo incontro volevo dare ai giovani pasticceri quello che io non ho avuto quando mi sono avvicinato alle prime competizioni, ovvero quelle competenze che sono richieste nei concorsi e che possono evitare farti errori che possono influenzare la giuria». Con Rinaldini, in prima linea, anche Gianluca Fusto, allenatore della prima squadra che ha partecipato e vinto i mondiali juniores, organizzati al Sigep di quest’anno. Tuttavia quello che i ragazzi intervenuti allo Junior Pastry Camp hanno potuto imparare non è stato solo l’approccio ai concorsi, ma anche alla professione, perché, come non ha dimenticato di ricordare il maestro pasticciere Iginio Massari «il nostro primo giudice è la clientela!».
Il “campeggio” si è svolto nell’aula magna della CastAlimenti di Brescia dove, da martedì 20 a giovedì 22 settembre un gruppo di giovani pasticceri (alcuni dei quali ancora studenti della scuola alberghiera) hanno incontrato alcuni professionisti come Iginio Massari, Gianluca Fusto, Gino Fabbri, Leonardo di Carlo e Davide Malizia. In particolare, il 22 settembre, le porte sono state aperte anche alle riviste professionali, e anche noi di Dolcesalato, eravamo “accampati” per non perdere i consigli indispensabili di Leonardo Di Carlo sul “dolce perfetto” o le idee di Iginio Massari su “come vincere un concorso, come allenarsi per raggiungere l’obiettivo”.

Il dolce perfetto
Questo era il titolo dell’incontro di Leonardo Di Carlo con i giovani talenti intervenuti allo Junior Pastry Camp. Ma alcune domande sorgono spontanee: esiste il dolce perfetto? Perfetto per chi? I gusti non sono soggettivi? Il maestro risponde senza indugiare ai quesiti. «Il dolce perfetto non esiste – spiega Di Carlo – la nostra difficoltà, per esempio, nasce già quando dobbiamo bilanciare una torta e pensare che verrà degustata dal bambino come dall’anziano. Ma se a questi due soggetti piace, significa che il dolce va bene per tutti. In negozio, dunque, non esiste perfezione, perché i gusti sono soggettivi, quindi la “perfezione” è determinata dai gusti della clientela. Lo stesso discorso non si può fare in un concorso, dove è possibile raggiungere la perfezione tecnica e oragnizzativa ». Per spiegare meglio questo concetto Di Carlo ha iniziato a spiegare le regole fondamentali, per poi metterle in pratica. La fase finale è stata la degustazione, dove la platea presente ha potuto applaudire il maestro perché il dolce era davvero “perfetto”: un’armonia di sapori e consistenze in grado di catturare anche la giuria più severa.

Le regole fondamentali: «Prima di tutto – continua Di Carlo – bisogna immaginarsi il dolce, con i vari gusti, le diverse strutture, con l’obiettivo di trasmettere delle sensazioni. Nulla nasce dal caso, la costruzione di un dolce perfetto è l’insieme di conoscenza e grande professionalità. È fondamentale, inoltre, ricordare i propri limiti. La ricetta in sé non serve a nulla, io per esempio, lavoro molto con le percentuali. Nel mio ricettario avrò oltre quaranta ricette di torta Sacher, a dimostrazione che una ricetta è sempre in divenire, non è mai uguale a stessa e può cambiare in base alle tendenze, ai gusti della gente, alla zona di produzione. Le variabili sono tante, ecco perché non bisogna fossilizzarsi sulla ricetta».
Organizzazione: «È la seconda regola, perché chi è organizzato parte con una marcia in più. Si parla di organizzazione sia dal punto di vista mentale sia del laboratorio. A un concorso si consigliano attrezzi nuovi, portare ingredienti già pesati (meglio pesare tutto doppio per avere una scorta), senza marchi aziendali e con etichette che specifichino il contenuto e il peso del prodotto. Tutto ciò che non serve non deve stare sul banco: la pulizia nei concorsi è tenuta molto in considerazione, perché indice di organizzazione e professionalità. Pulite il banco alla fine di ogni preparazione; tenete i bidoni della spazzatura sempre puliti; anche l’abbigliamento deve essere sempre lindo fino alla fine; non sporcate né i frigoriferi né il pavimento. Cercate di terminare il lavoro un’ora prima, così avrete il tempo di pulire e ordinare la postazione.».
Scelta degli ingredienti: «Valorizzare il più possibile i prodotti della propria terra, magari anche quelli meno conosciuti. Naturalmente non bisogna mescolarli a caso, ma far emergere le proprie capacità, trovando gli abbinamenti giusti. Ribadisco che la ricetta non serve a niente, serve la conoscenza per variare, modificare gli ingredienti nella loro parte aromatica, nel gusto ecc.».
Preparazione: «Un buon allenamento è fondamentale. Consiglio di simulare nel proprio laboratorio la grandezza del box, così che ci si abitui a lavorare in spazi ridotti. Questo comporta anche un’estrema pulizia del posto di lavoro, dal quale bisogna eliminare tutto ciò che non serve. È importante inoltre calcolare i tempi dell’esecuzione, fino al servizio e alla degustazione finale, affinché non si rischi di servire un dolce congelato o, viceversa, sciolto. È inoltre necessario annotare tutti gli errori. Rivedere, dunque, tutti i tempi soprattutto congelamento, glassatura e scongelamento, sono i tre elementi che determinano la riuscita di un ottimo dolce. La glassatura per esempio, influisce sull’aspetto estetico del dolce e quindi sul primo giudizio della giuria. L’inserimento va eseguito sempre tra i -6°/-8°C, mai quando il dolce è completamente congelato, perché si rischia che non scongeli nei tempi giusti. Non solo, si rischia anche la formazione di condensa, che darà problemi al taglio, con inevitabile penalizzazione da parte della giuria».
Leggibilità del dolce: «Il giurato ha la ricetta, quindi sa cosa sta assaggiando, tuttavia bisogna fare in modo che il dolce sia “leggibile”. Io consiglio di abbinare massimo tre ingredienti e giocare più sulle diverse strutture. Quando si assaggia un dolce bisogna aver voglia di mangiarne ancora e se un giudice va nel dettaglio, significa che la prima impressione è stata positiva».
Glassatura: «Rigorose sono le temperature, che variano in base al tipo di ingredienti. La superficie del dolce non deve avere bolle d’aria (per questo consiglio il montaggio al contrario), e brina (data dallo shock termico per ambiente troppo caldo, come di solito succede nelle manifestazioni). Non esiste una regola per una glassa perfetta, perché ci sono molte variabili. Se presentate un dolce “spruzzato” è esteticamente bello, ma meno difficile da punto di vista tecnico. Il dolce va glassato all’ultimo momento, prima della presentazione alla giuria, e deve già essere alla temperatura ottimale, emulsionata e passata al setaccio. Una volta rimosse dal congelatore, le torte vanno glassate una alla volta, mentre quella che verrà posta sulla piéce andrà glassata poco prima dell’esposizione».
Scongelamento: «Deve essere effettuato in scatole di polistirolo o in frigorifero a +4°C. Ribadisco che è importante, durante l’allenamento, monitorare i tempi necessari allo scongelamento, inserendo un termometro al cuore del prodotto».
Decorazione: «Deve seguire il tema del concorso, va posizionata all’ultimo momento. È importante, per questo aspetto, seguire le tendenze del momento e adeguarsi a esse».
Come creare il dolce: «Gli abbinamenti devono essere semplici ed eventualmente si aggiungono in seguito se lo si ritiene necessario. Ogni preparazione deve essere pesata e avere il medesimo peso. È necessario “scomporre” il dolce prima di costruirlo, il risultato finale deve essere di 4 cm, non deve essere troppo alto, altrimenti i giudici rischiano di non poterlo assaggiare nella sua interezza, compromettendo quello che volevate trasmettere». Dopo l’interessante esposizione il maestro Leonardo Di Carlo è passato alla fase pratica, creando davanti ai giovani talenti, il dolce che aveva “immaginato” nella sua mente.
Il risultato: il dolce perfetto era composto da tre tipi di “biscotti” per dare masticazione, ma anche delle sensazioni gustative differenti. Sablée con farina di castagne, frollino al cacao con cioccolato fuso, biscotto con noci e miele, cremoso al caffè, inserimento di albicocca.
La degustazione: il dolce aveva una stratificazione perfetta, ma se l’occhio è stato appagato, la gola ancora di più: un insieme davvero armonico costituito da ingredienti che solitamente non si trovano nei dolci come la castagna, la freschezza dell’albicocca, con una leggera nota di caffè».

Come vincere un concorso. L’intervento del pomeriggio è stato quello del maestro pasticciere Iginio Massari, grande esperto di pasticceria, nonché di concorsi a livello mondiale. Il maestro ha esordito affermando che «i concorsi si vincono facendo meno errori». Il rispetto del regolamento è fondamentale sia nei concorsi nazionali, sia in quelli internazionali «dove non rappresentate voi stessi, ma tutta la nazione» e dove la conoscenza della lingua può determinare anche il successo o l’insuccesso di un’esecuzione. «La massima espressione – ha spiegato Massari – deve essere la pulizia. Ritengo inoltre che il buono a livello internazionale debba essere assoluto, ecco perché è importante non esagerare con ricerche di ingredienti stravaganti. Vi ricordo, per esempio, che l’Italia vinse la Coppa del Mondo di Lione con la Setteveli, ovvero, cioccolato e pasta di nocciola, due gusti italiani e semplici». Dopo aver spiegato che non solo la ricerca dei giusti ingredienti e il bilanciamento sono importanti, il maestro si è soffermato sui colori: «Se la ricetta è bilanciata e costruita bene ogni volta che assaggiate il dolce, apportate delle semplici modifiche, ma non cambiate la ricetta. Anche i colori influenzano la giuria, come la vostra clientela, tutti i colori dell’infinito non sono contemplati in pasticceria: il nero, il blu, l’azzurro, sono tonalità che rimandano ad altro, non al cibo, quindi è meglio escluderli». Essere decisi e propositivi; ai concorsi si va per vincere, questo è il motto di Iginio Massari, per il quale non esiste il secondo posto: «Ci si presenta a un concorso per vincere, chi arriva secondo ha perso!» Dopo queste premesse Iginio Massari ha illustrato alcune sue opere dolciarie, sia più “artistiche” sia da “negozio”, perché «Il campionato mondiale deve essere fatto ogni giorno, anche in negozio. Non serve a niente vincere un titolo, se non siete campioni tutti i giorni, nella vostra pasticceria, con la vostra clientela!».
Cosa ne pensano i “giovani talenti”?
Lorenzo Marin, 18 anni di Conegliano Veneto. «Ho deciso di partecipare allo Junior Pastry Camp perché desideravo migliorare le mie conoscenze nella pasticceria. Mi piacerebbe partecipare ai campionati italiani o comunque a dei concorsi perché credo servano a dare una marcia in più, sono uno stimolo a migliorare nel proprio lavoro».
Stefano Poggio, 20 anni della provincia di Alessandria. «Ho frequentato il corso di pasticceria ad Alma e lo stage presso la pasticceria di Giovanni Pina. Ho inoltre lavorato in una pasticceria presso un Hotel di Courmayeur. Sono qua perché credo che sia una grossa opportunità avere a disposizione tanti maestri tutti insieme e poter fare loro tante domande. Credo sia un’iniziativa importante e una delle prime per noi giovani che non va sprecata. Parteciperò alla selezione di Rimini, per la squadra che parteciperà ai prossimi mondiali juniores e ce la metterò tutto. Ho già fatto altri concorsi, anche a livello locale, perché credo che siano un mezzo per crescere, migliorare ed essere sempre a contatto con le nuove tendenze. Prendere un titolo, tuttavia, non serve a nulla, è necessario continuare ad evolversi».
Luigi Esposito, 18 anni de L’Aquila. «Sono qua per imparare, al momento nelle mie intenzioni non c’è quella di partecipare a concorsi perché credo di non avere ancora le capacità. Il mio obiettivo, infatti, è imparare questo mestiere per aiutare la mia famiglia. I miei genitori avevano un ristorante, che purtroppo hanno perso in seguito al terremoto. Desidero quindi aiutare la mia famiglia a ripartire e desidero farlo da questa professione che ho sempre trovato affascinante. Credo che le informazioni che ci sono state trasmesse non siano solo servite a capire come ci si deve comportare nei concorsi, bensì nel lavoro di tutti i giorni».
Sabrina Giglio, 26 anni di Biella. «Ho appena iniziato a lavorare come aiuto pasticciere a Milano, dopo aver frequentato un corso di pasticceria a Torino, essere in quest’aula è un’opportunità unica per incontrare alcuni dei nomi più importanti della pasticceria italiana. Al momento non intendo partecipare a concorsi, non credo di avere né le competenze, né la preparazione, prima di tutto dal punto di vista psicologico. Credo che questa sia stata un’esperienza formativa fantastica, anche perché il fine non è solo quello di formarci alle competizioni, ma al lavoro quotidiano».
Alberto Scotti di Milano ha frequentato il corso di pasticceria presso Alma e seguito lo stage presso la Pasticceria Rinaldini: «Questi tre giorni per me sono stati di estrema utilità sia dal punto di vista personale sia professionale. Non tutti i presenti gareggeranno, infatti, quello che ci è stato trasmesso servirà alla nostra professione futura, perché sono stati giorni di cultura a 360°. Sono molto contento di essere qua e credo che metterò a frutto quello che ho appreso in quest’aula».
Francesco Boccia di Napoli: «Quando sono arrivato qua non sapevo cosa aspettarmi, visto che era un corso dedicato solo ai giovani. Pensavo che avrei trovato ragazzi di 18/19 anni invece ci sono giovani di tutte le età, alcuni che studiano ancora altri che già lavorano. Personalmente ho già partecipato a qualche concorso, ma credo che ciò che ho appreso in questi giorni mi servirà a migliorare nei concorsi come nel lavoro quotidiano».
Anna Celenta – 28 settembre 2011