Dolci fritti di Carnevale: un piacere irrinunciabile

Dolci fritti di Carnevale: un piacere irrinunciabile

Se è vero che la tradizione dei dolci fritti mal si coniuga con il trend salutistico in atto, la frittura, se ben condotta e non abusata, è un ottimo metodo di cottura e regala piccoli piaceri irrinunciabili, soprattutto a Carnevale

Una chiacchiera tira l’altra

Nell’antica Roma le chiamavano frictilia, piccoli dolci fritti che venivano distribuiti alla popolazione durante i saturnali, festività che corrispondevano al nostro Carnevale. Oggi le conosciamo con tanti nomi diversi a seconda della parte d’Italia in cui vengono preparate. Chiacchiere in Emilia Romagna, frappe in Lazio, bugie in Liguria, cenci in Toscana, galani e crostoli in Veneto, e chi più ne ha più ne metta! Si tratta di sottili nastri di pasta stesi o annodati, fritti e quindi ricoperti di zucchero a velo. L’impasto è povero: farina, uova, poco burro o strutto e poco zucchero e una parte acolica. C’è chi mette la grappa, la sambuca, il marsala o il vinsanto.

Daniele Cavalieri del Bar Pasticceria Napoleoni di Roma è un esperto in materia: le sue frappe sono tra le più note e apprezzate della città e le propone in diverse varianti. «Oltre alla versione classica, che è la più venduta, proponiamo le frappe al miele, alla Nutella, con impasto al cacao e glassate. Ogni anno poi ci inventiamo qualche ricetta nuova». Da Napoleoni le frappe si preparano rigorosamente nel periodo di Carnevale, a partire dal 17 gennaio fino al martedì grasso. La ricetta di Cavalieri prevede farina (una miscela di 00 e Manitoba), burro, uova, zucchero, sale, lievito e liquore Strega. La frittura è la chiave: «Utilizziamo esclusivamente olio di semi con elevato punto di fumo, che ci permette di avere un fritto più asciutto e croccante. Disponiamo di due friggitrici con vasca da 60 litri che lavorano continuamente durante tutto il periodo di carnevale. Grazie a un misuratore di TPM (Total Polar Materials) monitoriamo l’olio per cambiarlo tempestivamente quando sta per esaurirsi e avere sempre un fritto perfetto».

Da Napoleoni a Roma anche gli intolleranti al glutine festeggiano il Carnevale come da trarizione. Qui, infatti, si possono gustare le frappe senza glutine. «Sostituiamo – spiega Cavalieri – le farine di frumento con farine, amidi e fecole senza glutine, per esempio di mais, riso e patate. La sfida è stata quella di trovare il mix di farine che ci permettesse di ottenere un’elasticità dell’impasto molto simile a quello tradizionale, in modo da poter stendere e friggere le frappe nel modo in cui siamo abituati e che riteniamo porti al risultato migliore. Se è vero che c’è sicuramente differenza tra frappe con e senza glutine, siamo riusciti a bilanciare una ricetta apprezzata da tutta la nostra clientela. Il nostro modo di concepire la pasticceria senza glutine, infatti, è sempre stato quello di proporre ai clienti un prodotto buono in assoluto e non buono “per essere senza glutine”».

Krapfen, bomboloni e graffe: parenti stretti

Si narra che l’invenzione dei krapfen fu fortuita: la leggenda racconta infatti che una cuoca alla corte degli Asburgo, tale Cecilia Krapf, lasciò cadere per sbaglio un pezzo di impasto lievitato nell’olio bollente dando vita a una delle ricette più golose della storia. Mitologia a parte, quasi certa è l’origine austriaca di questa golosità, anche se prodotti simili si ritrovano in altre culture come quella ebraica o rumena. Noto già nel 600 a Graz, nella regione della Stiria, questo dolce si diffuse ben presto a Vienna e, successivamente, nel nord Italia, da dove conquistò la penisola. Oggi si prepara in ogni regione, con ricette più o meno diverse, e non è solo un dolce di Carnevale, ma un protagonista della colazione italiana, da gustare tutto l’anno. In Toscana e in Romagna è più noto come bombolone, a Roma è la bomba, a Modena il crafen e a Napoli la graffa. Anche le farciture sono diverse: confettura di albicocche per i krapfen del nord Italia, crema pasticciera per bombe e bomboloni, confettura di amarene per le graffe partenopee. L’impasto, invece, è simile dappertutto: una pasta lievitata a base di farina, burro, uova e zucchero (c’è chi aggiunge anche le patate), dalla forma rotonda o a ciambella, fritta in olio o strutto e ricoperta di zucchero.

La bomba fritta è il cavallo di battaglia della Pasticceria Caffetteria Dolci Momenti di Gaurdiagrele, in provincia di Chieti, che ha fatto del fritto uno dei suoi punti di forza. Sarà per il flusso costante di studenti delle vicine scuole o per la particolare fragranza dei loro fritti, dolci e salati, ma Teresa e Concetta Garzarella non nascondono la soddisfazione per il successo di questa loro avventura, iniziata circa 10 anni fa. «La frittura rende i cibi irresistibili – racconta Concetta Garzarella – ma friggere non è per tutti. Bisogna fare della qualità la propria bandiera e rispettare regole ben precise: dal tipo di grasso scelto alle temperature e ai tempi di cottura. Solo così si assisterà a quella magia che avviene ogni volta che immergiamo un prodotto nell’olio bollente: la parte esterna indora e impedisce al grasso di frittura di penetrare nei cibi, concentrando i succhi, i quali subiscono una cottura interna che dà all’alimento tutto il sapore possibile. Noi utilizziamo Risso Balance, che soddisfa a pieno le nostre esigenze, in una friggitrice elettrica da 30 litri. Ne utilizziamo circa 60 litri la settimana. È questo per noi il segreto della frittura perfetta, insieme alla scelta di materie prime eccellenti, come il burro, e alla conoscenza degli impasti e delle tecniche di lievitazione».

Da Dolci Momenti si possono gustare quotidianamente bombe e ciambelle, protagoniste della colazione, ma anche ottimi panzerotti salati. A Natale i fagottini ai ceci con mosto cotto e quelli di castagne con cioccolato: «Gusti della tradizione che i clienti adorano» commenta Concetta. «Nel periodo di carnevale facciamo la cicerchiata: piccole perle di pasta fritta immerse nel miele, con mandorle, nocciole e codette di zucchero. Poi c’è la pasta siringata, un impasto simile alla pasta choux, fritto in piccole palline morbide, vuote all’interno e farcite con crema chantilly. Più consistenti, ma fragranti e tenere sono le nostre castagnole, che serviamo spolverizzate di zucchero a velo e cannella. Infine le chiacchiere, burro, farina, uova, zucchero, che si legano insieme in un impasto gustoso, prendendo la forma di sottili fiocchi fragranti. Per arrivare poi alle zeppole di San Giuseppe che sono un altro nostro must! Le farciamo sia sopra che dentro con crema pasticciera e un’ottima visciolata pugliese e le facciamo sia grandi sia in versione mignon».

Non solo castagnole

Le frittelle sono un dolce carnevalesco diffuso in tutto il centro e il nord Italia, note anche come castagnole, tortelli e come fritole (o fritoe). La base di partenza è sempre la stessa un impasto più o meno morbido, fatto con ingredienti poveri: farina, uova, latte, poco zucchero e poco burro. A seconda della consistenza viene tagliato a tocchetti, oppure gettato a cucchiaiate nel grasso bollente. Ne risultano soffici palline dal gusto quasi neutro che vengono poi cosparse di zucchero o miele, intinte nell’alchermes oppure abbinate a piatti salati. Nella fritole venete all’impasto viene aggiunta anche uvetta sultanina o pezzetti di mela. Per i tortelli milanesi, invece, l’impasto non si prepara mescolando semplicmente insieme tutti gli ingredienti, ma utilizzando la tecnica della pasta choux. C’è chi le castagnole le lascia rigorosamente vuote e chi invece le farcisce con crema, panna o cioccolato.

Walter Musco, della pasticceria Bompiani di Roma le castagnole le prepara in diverse varianti: «Con ricotta e rum, al cioccolato e nella versione classica con l’alchermes» racconta; ma nella sua pasticceria, nel periodo carnevalesco si gustano anche frappe e tutti i dolci fritti tradizionali e, tutto l’anno, bombe e krapfen. Ne consegue una grande attenzione alla frittura: «Per quanto sia un grande sostenitore dei grassi animali per la frittura, lo strutto primo fra tutti, per ragioni di carattere salutistico e religioso utilizzo l’olio di arachidi. La temperatura varia dai 160°C ai 175°C a seconda del prodotto e l’olio deve essere cambiato ogni giorno». Scelta del grasso a parte, tuttavia, per Walter Musco il concetto di healty non si applica ai fritti di Carnevale: «Sono un amante dei dolci e un gourmet; non ho mai cercato aspetti salutistici nei prodotti che propongo o che consumo. Anche se negli ultimi anni cucina e pasticceria pongono crescente attenzione nel ridurre l’uso di grassi e zuccheri, un dolce difficilmente potrà essere definito salubre». Ma poco importa perché per Walter: «La pasticceria deve essere un momento di piacere e di gioia. Il segreto sta nella moderazione e nello scegliere chi produce con ingredienti e tecniche di altissima qualità».

E per finire… zeppole!

Da non confondere con le zeppole di carnevale, preparate in molte regioni e dall’impasto e preparazione simili alle castagnole, le zeppole di San Giuseppe sono un dolce tipico della tradizione partenopea che oggi si prepara anche in numerose altre zone d’Italia. Un tempo si preparavano per strada, in particolare nella zona vesuviana. Oggi non c’è pasticceria a Napoli che non le proponga, ciascuna con la sua ricetta, gelosamente custodita e tramandata da generazioni.

La ricetta delle zeppole di Scaturchio, per esempio, è immutata da 70 anni a questa parte, come racconta il maestro pasticciere Giacomo Cautiello: «Sono cambiate le materie prime e le tecniche, ma gli ingredienti e la preparazione non cambiano: da noi si usa lo strutto per l’impasto e per la frittura. Abbiamo sostituito le vecchie padelle con due vasche d’acciaio con resistenze elettriche, ma seguiamo il procedimento tradizionale che prevede che le rose di impasto siano disposte su fogli di carta pergamena e poi immersi nello strutto bollente e fritti in due fasi. Nella prima vasca, infatti, lo strutto viene portato a una temperatura massima di 90°C e le zeppole si sviluppano e crescono. Nella seconda vasca la temperatura raggiunge i 200°C e i dolci terminano la cottura asciugandosi per far sì che il prodotto finito sia perfettamente asciutto e leggero. Completano l’opera una crema pasticciera prodotta esclusivamente con uova fresche e amarene candite che produce un’azienda locale, rigorosamente senza anidride solforosa».

Se per Scaturchio le zeppole sono solo quelle con la crema pasticciera, da Carraturo, invece si propongono anche varianti di gusto frutto della fantasia dei pasticceri: chantilly, nocciola, pistcchio, fragola, caffè… Ulderico Carraturo ci racconta la sua ricetta: niente lievito, uova, burro nell’impasto al posto dello strutto, per un risultato più leggero e un doppio giro di pasta, in modo che la zeppola, una volta cotta, possa essere aperta e farcita come se fosse un panino, per facilitarne la consumazione. E la cottura? «Alla doppia frittura abbiamo preferito un primo passaggio in forno: non appena la zeppola si è sviluppata in volume la tuffiamo nell’olio bollente e terminiamo la frittura. Utilizziamo una miscela di oli di girasole calibrata sulle nostre esigenze, che ci permette di ottenere un prodotto perfettamente asciutto. Per la crema utilizziamo solo uova fresche e per guarnire scegliamo un’amarena sotto sciroppo, aperta e schiacciata, da bel colore viola chiaro»

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