Non chiamatemi eroe

Non chiamatemi eroe

di Monica Viani
«…Non sono un eroe, sono un cittadino onesto, un imprenditore che guida un’azienda nel rispetto della legalità e della giustizia – dichiara Santi Palazzolo. Se vengo considerato un eroe, significa che qualcosa in Italia non funziona. Lo Stato siamo noi, nella quotidianità ognuno di noi deve fare il suo dovere, assumendosi le proprie responsabilità. Bisogna fuggire dalla retorica, non bastano le parole, che hanno valore solo se accompagnate dai fatti»
Premessa
Santi Palazzolo si presenta negli studi televisivi con la giacca da pasticciere per raccontare una storia. Una storia che ha poco di dolce, ma molto di amaro. Una storia da raccontare perché un giorno nessuno ne racconti una simi
Dove si svolge la storia
A Palermo, ma potrebbe essere ambientata in qualsiasi altra città italiana. Il tutto avviene all’aeroporto Falcone- Borsellino, dove un pasticciere siciliano ha aperto un punto vendita.
I protagonisti
Santi Palazzolo,il pasticciere di Cinisi che decide di non pagare il pizzo, che si rivolge alla polizia e si presta a predisporre la trappola a colui che voleva estorcergli il denaro e l’onore.
Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio di Palermo, oltre che vicepresidente della Gesap, la società che gestisce l’SANTI . È al vertice della Confcommercio di Palermo da 18 anni e, di quella siciliana da 9. Si presenta come il viso nuovo di quella Sicilia che vuole impegnarsi nella lotta contro il racket, aprendo uno sportello per gli imprenditori vessati dall’usura o dal pizzo.
Il fatto
«Dal primo marzo 2008 ho uno stand all’aeroporto di Palermo – racconta Santi -. Nel contratto era prevista la possibilità di chiedere 3 anni di proroga, che richiedo nei tempi, sollecitando la risposta. Incontro Helg, il quale mi dice di voler valutare meglio il contratto. Al secondo incontro mi chiede 150mila euro in contanti per sanare una situazione sfavorevole a chi gestisce l’aeroporto. Rimango attonito, il mio atteggiamento è letto come la possibilità dell’avvio di una trattativa. Torno a casa, ne parlo con la mia famiglia. Siamo tutti d’accordo: non possiamo accettare. Vado all’incontro fissato con due cellulari. Mi chiede di lasciare sulla scrivania il mio telefonino e mi fa entrare in un’altra stanza dove mi chiede una tangente di 100mila euro, in parte rateizzata. È giovedì, mi chiede il primo acconto per il lunedì successivo. Sconvolto, vado a Napoli, dove lavora un mio amico carabiniere. Su suo suggerimento, rientro a Palermo e denuncio l’accaduto ai carabinieri. Provvisto di cimici, mi presento all’appuntamento con un acconto di 30 mila euro, quello che ero riuscito a raccogliere in pochi giorni. I carabinieri intervengono in flagranza di reato». Helg si difende affermando di aver chiesto la tangente soltanto “per necessità”. Necessità di un presidente che guadagna 46mila euro lordi l’anno a cui se ne aggiungono 30mila come vicepresidente della Gesap, la società che gestisce lo scalo Falcone e Borsellino.
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Perchè Santi ha scelto la strada più difficile: combattere per la giustizia, almeno per una forma di giustizia che va contro la prevaricazione della persona. Una persona che vuole semplicemente vivere la sua vita in pace, lavorare onestamente e con soddisfazione. Per produrre qualcosa di utile per la comunità. Una lotta che va appoggiata perchè s’interrompa la catena di soprusi e omertà. Perchè certa gente vada a casa e ci resti. Chiusa a chiave. E.C.

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