Val di Susa: voglia di cambiare

Val di Susa: voglia di cambiare

Il futuro è la rivalutazione a livello turistico di una valle fino a oggi ricordata, ahimè, prevalentemente per gli scontri sulla Tav. «Il futuro della valle – ci dice Silvia Carezzana, titolare de Il Capricorno, chalet hotel di charme in una borgata a monte di Sauze d’Oulx – sta nella valorizzazione, nella creazione, di un turismo sensibile e intelligente, attento all’ambiente, nel proporre un giusto mix di relax, cultura, conoscenza del territorio e della sua cucina». In tempi di crisi del turismo di massa «l’unica risposta è l’apertura delle strutture ricettive tutto l’anno, o almeno 10 mesi l’anno, e non certamente, come è consuetudine delle strutture del luogo, tenere aperto solo tre o quattro mesi l’anno.  Sono ormai lontani i tempi in cui ci si poteva permettere di aprire solo nella stagione invernale. Se non si vuole assistere a una lenta agonia, obbligati a rincorrere una politica di sottocosto, dobbiamo fare rete, costruire occasioni di svago e di appeal per l’intero arco dell’anno, facendo crescere la qualità dell’accoglienza e l’offerta gastronomica locale. Dobbiamo evitare di sembrare un parco-giochi, una finzione, una messinscena per turisti. Non dobbiamo rassegnarci a far fronte alle esigenze del turista mordi e fuggi. I numeri stanno a dimostrare che è una politica perdente».

In effetti le cifre sono implacabili: se nel 1950 erano il 19% i turisti stranieri che sceglievano come meta turistica il nostro Paese, oggi sono solo il 4,4%. L’Italia è solo al quinto posto tra i paesi più visitati. E tutto questo nonostante il turismo sia considerato da molti come l’industria del futuro. Il turismo non è più solo accoglienza fine a sé stessa, ma anche capacità di far vivere all’ospite delle esperienze, di regalargli sensazioni che resteranno impresse nella memoria. E l’amarezza aumenta, se consideriamo che è aumentato il numero dei viaggiatori grazie al boom del turismo internazionale. Se calcoliamo il valore aggiunto di tutta l’economia turistica (dalle pasticcerie alle gelaterie) si raggiunge il 10,1% del Pil, una percentuale assai lontana dalla promessa di molti politici di arrivare fino al 20% del prodotto interno lordo. La causa? «L’assenza di strategie – risponde sicura Silvia -. Finora abbiamo vissuto di rendite di posizione. Manca una cultura dell’ospitalità, una programmazione articolata, l’impegno a crescere professionalmente: troppi disservizi, troppe “fregature”, troppa incapacità di accogliere in modo cortese. Dobbiamo tutelare l’ambiente, dare un’immagine di un Paese che funziona».

Per leggere l’articolo completo, pubblicato sul numero di ottobre della rivista Dolcesalato cliccate qui.

SILVIA CAREZZANA
Silvia Carezzana
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