Gorgonzola, in tribunale il Consorzio vince sul Comune

Gorgonzola, in tribunale il Consorzio vince sul Comune

Ha dato il nome secoli fa a uno dei più celebri formaggi italiani, ma non può più utilizzarlo per ‘nuovi’ prodotti (e denominazioni) lattiero-caseari: un vero smacco per il Comune di Gorgonzola (Mi). Il 18 luglio scorso, il Tribunale di Milano lo ha condannato insieme all’azienda agricola Caterina a ritirare dal commercio il prodotto denominato “stracchino di Gorgonzola” in quanto a rischio di contraffazione della dop gorgonzola. Il Comune e la società, con sede proprio a Gorgonzola, sono stati condannati anche al pagamento delle spese processuali.
La causa era stata intentata nel luglio 2010 dal Consorzio per la tutela del formaggio gorgonzola, creato a Novara nel 1970 con il compito di vigilare sulla produzione e sul commercio del gorgonzola doc (e dop dal 1996) e sull’utilizzo della sua denominazione in Italia e nel mondo.
La commercializzazione col nome “stracchino di Gorgonzola” di un formaggio, seppur del tipo stracchino, facente parte dell’antica tradizione locale della zona di Gorgonzola, riportante inoltre la de.co. (marchio collettivo di denominazione comunale), è stata comunque ritenuta dal Tribunale di Milano una condotta potenzialmente ingannevole per i consumatori anche perché il gorgonzola dop in origine veniva definito proprio “stracchino di Gorgonzola”.
Il Consorzio per la tutela del formaggio gorgonzola raggruppa 40 caseifici.
Con il 10% della produzione nazionale e circa il 6% dei consumi di formaggio nel nostro paese, il gorgonzola è il 3° formaggio di latte vaccino per importanza nel panorama dei formaggi dop italiani, dopo i due grana.
Più di 4 milioni di forme, pari a circa 50mila tonnellate annue, è stata la produzione globale di gorgonzola nel 2012 da parte delle circa 3mila aziende agricole e 40 caseifici dislocati nel territorio consortile.
Il giro d’affari al consumo tocca i 500 milioni di euro: in Italia le vendite si suddividono per il 65% nel Nord-ovest, 19% nel Nord-est, 9% nel Sud e nelle isole e il 7% al Centro. Il 31 % della produzione è destinato all’esportazione, prevalentemente nell’Unione europea (Germania e Francia assorbono più del 50% dell’esportazione totale), ma anche negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone.

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