Il potere del pistacchio

Il potere del pistacchio

American Pistachio Growers – l’associazione americana che rappresenta i coltivatori di pistacchi, i lavoratori e i partner del settore in California, Arizona e New Messico –  vuole fare conoscere il pistacchio americano in Italia. “Far conoscere e apprezzare i pistacchi americani agli Italiani è uno dei nostri obiettivi principali“. – dichiara Judy Hirigoyen – Director, Global Marketing di American Pistachio Growers – “L’Italia, infatti, è una realtà in cui i pistacchi sono già integrati nella cultura alimentare e quindi un contesto ideale in cui valorizzare ulteriormente la qualità dei nostri pistacchi, controllati e certificati in ogni fase della filiera produttiva, e i loro benefici per la salute, proponendoli non solo come snack nutriente e salutare ma anche come ingrediente ideale per preparare originali ricette gourmet”. “Dal punto di vista gastronomico” – dichiara lo chef Omar Allievi – “il pistacchio è un alimento interessante non solo per le sue proprietà intrinseche ma anche per la sua versatilità. Ideale per creare croccanti panature, come ingrediente per ricette sia dolci che salate, è una fonte inesauribile d’ispirazione per la creazione di piatti originali, gustosi e anche piacevoli alla vista”.

 Cosa sono   Il pistacchio è il seme ottenuto dal frutto (per la precisione si tratta di una drupa) di un piccolo albero (del genere Pistacia) di origine antichissima.Si tratta di una pianta appartenente alla famiglia delle Anarcadiaceae originaria del Medio Oriente che si distingue per un’ altezza media di circa 4-5 metri che, in alcuni esemplari, può superare anche gli 8-10 metri. La corteccia è di color grigio cenere caratterizzata da un legno molto compatto e duro che nelle piante giovani ha un colore giallo intenso che diventa rosso scuro in quelle adulte. L’albero ha una chioma ampia con rami penduli e foglie composte che negli esemplari giovani si presentano con un aspetto vellutato, mentre negli alberi adulti sono glabre e coriacee.

I fiori, che si schiudono tipicamente in primavera, verso metà aprile, sono raccolti in grappoli e presentano fisionomie diverse a seconda del sesso della pianta. Il pistacchio è infatti una specie dioica per cui gli organi riproduttivi maschili e femminili sono prodotti  da due piante distinte.

La pianta del pistacchio produce un frutto secco dal caratteristico colore verde vivo che si presenta racchiuso in una buccia viola e custodito in un guscio rigido dall’aspetto legnoso.Il ciclo produttivo dell’albero può superare i 70 anni e si caratterizza per essere ad anni alterni, con un raccolto abbondante il primo anno e uno meno abbondante il successivo.

Negli Stati Uniti, in particolare in California, ci sono grandi coltivazioni di pistacchi poiché qui la pianta trova il suo ambiente di crescita ideale: estati calde e secche, abbondante acqua, terreni profondi e molto sole. La specie  più pregiata e diffusa è la Kerman che costituisce circa il 95% della produzione nazionale.

Con circa 224.000 tonnellate gli Stati Uniti sono il maggior produttore al mondo di pistacchi. In particolare, la produzione californiana copre circa il 22% della quota mondiale e il 98% della produzione americana.

In California la produzione si concentra nella parte meridionale di San Joaquin con il 97% della produzione, e nella zona di Sacramento. Oltre che in California pistacchi americani sono prodotti anche in Arizona (98% dei pistacchi americani non californiani) e Nuovo Messico.

 

 Come si coltivano  La coltivazione dei pistacchi è molto delicata e richiede impegno e attenzione in ogni sua fase. L’industria del pistacchio americano utilizza i portainnesto di specie collegate per avere piante resistenti alle malattie e agli insetti, tolleranti le basse temperature e con buone qualità produttive.

I pistacchi vengono impollinati dal vento, non dalle api, e serve soltanto un maschio per impollinare fino a 30 alberi femmine.

La coltivazione inizia con la selezione dei semi del portainnesto che sono controllati con attenzione, scartando quelli danneggiati o troppo piccoli. I semi sono poi immersi in acqua per alcune ore e successivamente collocati in palle di torba in serra.

Dopo tre o quattro settimane la crescita delle radici viene stimolata tagliando la punta della radice primaria e la piantula viene messa a dimora in un terriccio ideato appositamente per il portainnesto del pistacchio. Le piantule piantate nei mesi di  gennaio e febbraio vengono trasferite all’aria aperta nel mese di marzo in una sorta di vivaio e dopo un anno sono pronte per essere piantate.

Le varietà propagate per innesto vengono generalmente messe in campo dalla fine di giugno a tutto agosto. La stagione di crescita è abbastanza lunga e il germoglio, normalmente a 30-40 cm sulla superficie del terreno, crescerà fino a circa un metro/un metro e mezzo nella stessa stagione.

Nel corso degli anni successivi il pistacchio viene palizzato in una forma adeguata che permetterà la coltivazione e la raccolta. Nel giro di sei anni l’albero comincia a dare i suoi frutti e la produzione aumenta gradatamente fino a che l’albero raggiunge la maturità in circa 13/15 anni.

I fiori sbocciano verso metà aprile formando cluster simili a grappoli d’uva. L’impollinazione dei fiori avviene in primavera ad opera del vento, e da questo momento inizia a prodursi il frutto con l’evoluzione del mallo che comincia a crescere di dimensioni fino ad avere 1 cm di diametro e 1,5 cm di lunghezza. In questa fase anche il guscio del pistacchio comincia a differenziarsi e a indurirsi fino a raggiungere la dimensione e la durezza giusta nei primi giorni di luglio. A questo punto anche il seme comincia a crescere fino a riempire completamente il guscio. A fine agosto o nei primi giorni di settembre i pistacchi sono pronti per la raccolta. Il pistacchio è maturo quando il mallo che protegge il guscio diventa rosa intenso e si stacca facilmente dal guscio che si è aperto naturalmente sull’albero a causa delle aumentate dimensioni del frutto.

E’ importante effettuare la raccolta al momento giusto (fra settembre e ottobre). Se tardiva, può succedere che il mallo si rovini lasciando il pistacchio esposto ai danni provocati dagli insetti e alla macchiatura del guscio. Se effettuata troppo presto, invece, può succedere che il guscio non si apra o che porzioni del mallo rimangano attaccate al guscio.

 La raccolta  I pistacchi sono raccolti collocando attorno all’albero un telone simile a un grande ombrello capovolto con due braccia meccaniche che scuotono l’albero facendo cadere i pistacchi maturi in meno di un minuto per albero. I pistacchi cadono direttamente nel telone e sono immediatamente caricati in un container tramite il quale vengono trasportati nel vicino impianto di lavorazione. Con questo metodo i pistacchi non entrano in contatto con il suolo e si riduce di molto il rischio di contaminazione microbica.Poiché un raccolto e una lavorazione rapida sono fondamentali per la qualità del prodotto, l’industria del pistacchio lavora 24 ore su 24 per sei settimane durante il periodo della raccolta. In meno di 24 ore i pistacchi sono infatti  raccolti, essiccati e stoccati in attesa della lavorazione finale.
 La lavorazione    Quando i pistacchi arrivano all’impianto di lavorazione si stabilisce il peso e la temperatura del carico e si procede con le varie fasi di lavorazione, registrando la durata esatta di ogni procedura.Un campione di 45 kg viene prelevato da ogni carico che arriva all’impianto di lavorazione e suddiviso a sua volta in campioni di 9 kg. Secondo le rigide leggi di controllo della California, questi 9 kg vengono testati per valutarne il livello di qualità e pagare il coltivatore in base ai risultati di queste analisi. A scopo di documentazione, un campione viene conservato per un anno. Dopo lo scarico del prodotto presso l’impianto di lavorazione si procede con l’eliminazione di tutti gli scarti della pianta, come foglie e ramoscelli. Il mallo esterno viene separato dal guscio in speciali cilindri d’acciaio con aste abrasive rotanti. Contemporaneamente i pistacchi vengono lavati eliminando l’acqua sporca in modo ecologico e rispettoso dell’ambiente nel rispetto delle regole severe dello stato della California.

I pistacchi vengono trasferiti dall’area di scarico allo smallatore, una macchina che rimuove il mallo e ne lava via i residui con rulli abrasivi a rotazione inversa.

Inizialmente i gusci vuoti e i gherigli non maturi vengono separati dai pistacchi maturi che sono rimasti all’interno del guscio attraverso un processo di selezione per galleggiamento o affondamento effettuato in una vasca apposita. I gusci vuoti o contenenti i frutti acerbi galleggiano in superficie, mentre quelli maturi rimangono sul fondo.

I pistacchi che si sono aperti naturalmente vengono separati da quelli chiusi per mezzo di un cilindro provvisto di uncini. I frutti con il guscio chiuso vengono venduti successivamente per essere aperti in maniera artificiale, oppure possono essere sgusciati per essere venduti come gherigli.

Un’ulteriore selezione viene effettuata attraverso macchinari elettronici sensibili ai colori che permettono di individuare ed eliminare i pistacchi che hanno macchie scure sul guscio. Questo passaggio è fondamentale per il controllo delle aflatossine, poiché alcune ricerche hanno rivelato che i pistacchi contenuti in gusci con macchie scure hanno maggiore possibilità di essere contaminati da aflatossine.

Grazie ad appositi macchinari, i pistacchi vengono poi anche distinti in base alle dimensioni per poi attraversare una fase di controllo finale che viene effettuata manualmente per assicurare i più alti standard di qualità.

 L’essiccazione   Per essere pronti alla vendita diretta o per il mercato degli snack, i pistacchi vengono di solito essiccati in modo da poter essere conservati correttamente e a lungo.Al momento della raccolta i pistacchi hanno infatti un contenuto di umidità di circa il 45%. Questa percentuale si riduce durante la lavorazione fino a stabilizzarsi ad un percentuale pari o inferiore al 7% prima dell’immagazzinamento.

Una volta pronti i pistacchi vengono confezionati e trasferiti in una zona di stoccaggio a temperatura controllata dove rimangono in attesa della consegna. I pistacchi dovrebbero essere conservati ad una temperatura compresa fra 0 e 4 gradi C°, con un’umidità relativa del 70%.

I silos di stoccaggio di alluminio sono creati appositamente per avere una circolazione d’aria ottimale, tale da mantenere la conservazione della qualità del pistacchio. In questo modo i pistacchi possono, se necessario, essere conservati fino a due anni senza conseguenze sulla qualità. Elemento questo di fondamentale importanza per organizzare le scorte di prodotto, tenendo in considerazione il fatto che la produzione dei pistacchi alterna anni molto abbondanti a produzioni più limitate.

 Un po’ di storia…   Gli alberi di pistacchio crescono nel Medio Oriente da migliaia di anni e sono sempre stati considerati come un cibo prelibato. Si parla di pistacchi sin nel Vecchio Testamento (Genesi 43:11), mentre reperti archeologici trovati in Giordania hanno dimostrato che, in questa parte del mondo, i pistacchi erano molto noti già intorno al 6750 a.C. Altri ritrovamenti hanno poi dimostrato che le tribù del vicino oriente raccoglievano pistacchi già nel 20.000 a.C. In Persia (l’attuale Iran), il commercio e la coltivazione dei pistacchi erano sinonimo di ricchezza e status sociale elevato. Secondo la leggenda, i pistacchi erano molto apprezzati dalla regina di Sheba che teneva per sé e la sua corte tutta la produzione di pistacchi del territorio.

Grazie alle conquiste da parte di Alessandro Magno (334-324 d.C), i pistacchi raggiunsero la Grecia. Più tardi, durante l’impero di Romano e in particolare sotto la reggenza di Tiberio (1° secolo a.C), i pistacchi arrivarono anche in Italia e Spagna.

L’area di coltivazione dei pistacchi si allargò ulteriormente con la diffusione dell’Islam e la conseguente espansione araba. Durante il Medio Evo e in particolare durante le Crociate si diffuse molto il commercio con l’Oriente.

La Repubblica di Venezia, in particolare,  aveva stretti rapporti commerciali con la Siria, una delle aree principali per la coltivazione dei pistacchi, così questi prodotti raggiunsero l’Italia settentrionale e centrale attraverso le rotte commerciali marittime.

A Nord delle Alpi i pistacchi rimasero sconosciuti per molto tempo ed erano usati soprattutto come ingrediente accessorio e costoso per i prodotti da pasticceria. Soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale l’immagine di questo prodotto è cambiata gradatamente da ingrediente costoso per prodotti da forno a snack.

 

 L’industria americana del pistacchio: dalle origini ad oggi   Negli Stati Uniti, la storia del pistacchio risale alla prima metà del ‘900.Era noto da tempo che la Central Valley della California, grazie al suolo fertile, al clima caldo e secco e agli inverni moderatamente freddi offriva le condizioni ideali per la coltivazione dei pistacchi. Nel 1929 il botanico americano William E. Whitehouse fece un viaggio in Persia (l’attuale Iran) per selezionare i pistacchi da portare in America. Per sei mesi visitò le piantagioni di pistacchi e girò fra i vari mercati e bazar cercando i pistacchi esteticamente più belli. Questo viaggio si concluse nel 1930 quando ritornò negli USA con una raccolta di circa 10 kg di pistacchi che lui aveva scelto e selezionato uno per uno. Nel giro di un anno si mise a dimora la prima piantagione pilota. Ci vollero comunque fra i 7 e i 10 anni prima che i pistacchi maturassero e passò un decennio prima che Whitehouse si rendesse conto di che cosa aveva portato a casa.  

Dalla prima piantagione soltanto un esemplare si rivelò utile e sfortunatamente Whitehouse non riuscì mai a individuare l’albero da cui proveniva poiché lo aveva preso da una pila di pistacchi che si stavano seccando al sole in un orto della famiglia Agah, importanti coltivatori di Rafsanjan nell’Iran centrale. Whiteouse chiamò l’albero “Kerman”.

Dopo diversi anni di sperimentazioni l’idea di un’industria di pistacchi americana divenne realtà. Si cominciò a parlare di questo nuovo tipo di coltivazione e diverse piantagioni fiorirono in tutta la California negli anni ’60 e più tardi in Arizona e New Messico. Tuttavia diversi aspetti di questo tipo di coltivazione rimasero una sfida per molti Americani avventurosi che si erano cimentati in questa attività.

Durante gli anni ’80 i pistacchi importati erano molto popolari negli USA, specialmente fra gli immigrati mediorientali. Il consumo di pistacchi si diffuse ulteriormente attraverso le macchinette istallate nelle stazioni delle metropolitane, i bar, i ristoranti e altri locali.

La storia dell’industria di pistacchi americani è un esempio di successo senza precedenti. Dalla prima coltivazione commerciale del 1976 che produsse 680 tonnellate di pistacchi si arrivò ad una produzione record nel 2007 con più di 188.241 tonnellate metriche e nel 2010 con circa 240.000 tonnellate. Nel giro di pochi anni l’industria è passata da una produzione appena sufficiente per il consumo nazionale a una produzione destinata soprattutto all’esportazione in tutto il mondo.

Oggi il 95% della coltivazione di pistacchi americani è costituita dalla specie Kerman. I coltivatori sono interessanti anche ad altre varietà e ci sono piccole coltivazioni di Jolley, Red Aleppo, Kalehgouchi e Aria.

Aspetti nutrizionali e dietetici

del pistacchio americano

A cura di Giorgio Donegani

Esperto in nutrizione ed educazione alimentare, Presidente di Food Education Italy

 

Il pistacchio è un prodotto che vanta numerose proprietà benefiche note sin dai tempi antichi. Utilizzato come cibo fin dal 7000 a.C. in Turchia,  era noto agli Assiri, ai Persiani e ai Greci come “droga medicinale”.

Molte delle proprietà salutari di questo frutto derivano alla sua composizione e dalla sua ricchezza di micronutrienti benefici per l’organismo.

La composizione nutritiva del pistacchio americano

 

Qui di seguito la composizione del pistacchio americano, tostato, con e senza aggiunta di sale. I valori si riferiscono a 100 g di prodotto edibile (sgusciato)

nutirente Unità con sale aggiunto senza sale aggiunto
Acqua g 1.79 1.85
Energia kcal 564 567
Energia kJ 2362 2374
Proteine g 20.95 20.95
Grassi totali g 44.82 44.82
Carboidrati totali g 28.66 29.38
Fibre g 9.9 9.9
Zuccheri semplici g 7.74 7.74

 

Dai valori riportati, volendo tracciare un rapido identikit del profilo nutrizionale del pistacchio americano, è facile osservare come sia un alimento energetico (una porzione tipica di circa 30 grammi di pistacchio sgusciato dà circa 180 kcal), con un’altissima densità nutritiva perché fornisce quantità importanti di proteine (quantitativamente ne contiene quante la carne), carboidrati e, soprattutto, grassi (come vedremo per la maggior parte monoinsaturi e polinsaturi di elevata qualità). A questo si aggiunge una forte presenza di fibre che, oltre a svolgere azione preventiva nei confronti di vari disturbi, stimolano efficacemente il senso di sazietà.

Le caratteristiche del pistacchio non si limitano al suo contenuto di macronutrienti: è decisamente importante l’apporto di minerali (Potassio, Calcio, Ferro, Magnesio, Fosforo, Manganese) che rendono questo seme una sorta di integratore naturale. E anche la componente vitaminica è assolutamente significativa (è un’eccellente fonte di tiamina, vitamina B6, folati e vitamina E), così come è abbondante l’apporto di fattori fitochimici, in particolare antiossidanti polife­nolici.

 

Visto da vicino:

 

L’apporto calorico del pistacchio americano

Una porzione media di 30 g di pistacchio sgusciato dà circa 180 kcal. Non sono poche, anzi, possiamo affermare che il pistacchio è un alimento energetico, ma questa caratteristica, che nel caso di altri alimenti può indurre diffidenza e preoccupazione, per il pistacchio si contestualizza in modo completamente diverso. Infatti, sul piano della qualità, le calorie del pistacchio si accompagnano a una forte presenza di sostanze preziose per l’organismo e non sono certo paragonabili alle “calorie vuote” che vengono da bevande e snack con un’alta percentuale di zuccheri semplici o di grassi (spesso saturi), ma decisamente poco sazianti e quasi privi di fattori vitaminici e minerali.

Una buona fonte di fibre

Il pistacchio contiene la percentuale di fibre più alta tra i vari tipi di frutta a guscio. Una porzione da 30 g di pistacchio americano ne dà più di 3 g, oltre un decimo di quante ne servono nella giornata. A lungo sottovalutate nella loro importanza, le fibre sono un gruppo di sostanze diverse (fondamentalmente ce ne sono di due tipi: solubili e insolubili) che, pur non essendo assimilabili, risultano molto utili per la salute dell’organismo. Le fibre solubili, infatti, sciogliendosi in acqua formano miscele di consistenza gelatinosa, efficaci per stimolare il senso sazietà e ostacolare l’assorbimento di zuccheri, grassi e colesterolo.

Quelle insolubili, invece, non si sciolgono in acqua, ma a livello intestinale ne assorbono parecchia, aumentando notevolmente il loro volume fino a formare una massa che stimola i movimenti dell’intestino e facilita l’evacuazione. Una dieta ricca di fibre risulta così preziosa sia per ridurre la tendenza al sovrappeso, sia per combattere la pigrizia intestinale, sia per allontanare il rischio di malattie cardiovascolari, e un consumo regolare di pistacchi può costituire un effettivo aiuto per garantire la necessaria quota di fibre giornaliera.

Proteine abbondanti e molta arginina

Con circa il 21% di contenuto proteico, il pistacchio svolge un ruolo importante anche nel rifornire l’organismo dei materiali (aminoacidi) necessari per la crescita e il ricambio dei tessuti corporei. La pelle, i muscoli, il sangue, gli organi interni… l’intero nostro corpo è formato da proteine unite ad altre sostanze. Inoltre, le proteine intervengono in moltissime funzioni vitali, come enzimi, come componenti di ormoni e fattori di crescita, come trasportatori di ossigeno e nutrienti, e in diversi altri modi ancora.

Anche se le proteine di origine animale, come quelle contenute nelle uova, nella carne, nel pesce e nel formaggio, hanno un più alto valore nutritivo, perché sono ricche di tutti gli aminoacidi necessari al nostro organismo, quelle del pistacchio si rivelano ugualmente preziose per la presenza di alcuni aminoacidi utili. Primo tra tutti l’arginina che attiva la produzione di ossido nitrico, un vasodilatatore naturale in grado di inibire l’aggregabilità delle piastrine e l’adesività dei leucociti alle pareti dei vasi sanguigni, con effetti protettivi sulle malattie cardiovascolari.

 

 

 

 

 

Grassi: tanti quelli buoni, pochissimi i “cattivi”

Per quanto molti li considerino dei “nemici” della linea i grassi sono essenziali alla vita e devono essere sempre presenti nella dieta per i seguenti motivi:

  • Costituiscono un’importante riserva energetica (un grammo di lipidi fornisce 9 kcal)
  • Rientrano nella composizione delle membrane cellulari
  • Sono precursori di composti fondamentali di natura ormonale e di altre importanti sostanze
  • Svolgono azione di trasporto per le vitamine liposolubili e provvedono alla necessità di sostanze indispensabili chiamate “acidi grassi essenziali”

 

Il fabbisogno di lipidi varia da persona a persona, a seconda del sesso, dell’età, della taglia fisica e dello stile di vita. Indicativamente, per l’adulto i grassi dovrebbero fornire dal 20% al 30% delle calorie complessive della dieta. Per i neonati e i bambini piccoli, invece, la quantità di grassi alimentari deve essere più elevata.

Ma occorre attenzione, la famiglia dei lipidi comprende infatti un ampio gruppo di sostanze che differiscono tra loro a seconda soprattutto del tipo di composti – i cosiddetti  “acidi grassi” – che li costituiscono. Senza scendere in dettagli eccessivi, è importante distinguere sotto il profilo dietetico tra tre tipi di acidi grassi, diversi nella struttura chimica: saturi, monoinsaturi e polinsaturi.  

Mentre gli acidi grassi saturi, presenti soprattutto nei grassi solidi, tendono a favorire l’accumulo di colesterolo nel sangue, quelli monoinsaturi e polinsaturi esercitano una favorevole azione di contenimento del livello di colesterolo ematico. 

Composizione della frazione grassa nei pistacchi americani (valori su 100 g di prodotto sgusciato)

Lipidi Quantità
Acidi grassi saturi totali g 5.456
Acidi grassi monoinsaturi totali g 23.676
Acidi grassi polinsaturi totali g 13.448
Acidi grassi  trans g 0.000
Colesterolo mg 0
Beta-sitosterolo mg 210

 

Come si vede dalla tabella, a fronte di poco più di 5 g di acidi grassi saturi, un etto di pistacchi americani apporta più di 23 g di grassi monoinsaturi e oltre 13 g di polinsaturi. Una composizione ideale, anche per il suo equilibrio. Tra gli acidi grassi monoinsaturi, l’acido oleico è il più presente (51,6% nella varietà Kerman): è lo stesso acido grasso che si ritrova come maggior componente nell’olio di oliva e che non solo vanta una buona resistenza all’ossidazione, ma aiuta anche la crescita e la salute delle ossa. 

Quanto agli acidi grassi polinsaturi, presenti nei pistacchi in ottima quantità, va rilevato che alcuni sono definiti “essenziali” in quanto occorre in­trodurli con la dieta, perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli da solo. Sono gli aci­di linoleico, linolenico e arachidonico. Questi acidi essenziali sono considerati vere e proprie vitamine e svolgono importanti azioni metaboliche, fungendo da precursori basilari di varie sostanze organiche come le prostaglandine e le strutture della membrana cellulare (nella retina, nel fegato, nel sistema nervoso…). I pistacchi americani di varietà Kerman vantano il massimo contenuto di acido linoleico e linolenico rispetto alle altre varietà.

 

Niente grassi trans né colesterolo

Sempre con riferimento alla composizione lipidica del pistacchio, balza all’occhio la completa assenza di acidi grassi del tipo “trans”, una forma chimica particolare della quale è accertata la nocività (sono presenti per esempio in molti snack industriali realizzati con grassi idrogenati).

Altrettanto importante e positivo è il fatto che nei grassi del pistacchio sia assente il colesterolo, la cui presenza eccessiva nel sangue costituisce un grave fattore di rischio cardiovascolare.

 

 

Utili fitosteroli

I dati di composizione del pistacchio americano indicano poi la presenza importante di Beta-sitosterolo, una sostanza appartenente al gruppo dei fitosteroli. Questi sono composti naturalmente presenti in alcune piante e si possono considerare come i cugini vegetali del colesterolo, tanto gli somigliano nella struttura. Proprio per questa loro somiglianza, quando li ingeriamo “ingannano” il nostro organismo e rubano il posto al colesterolo in quei meccanismi che, a livello dell’intestino, ne permettono l’assorbimento.

In questo modo, il colesterolo trova la strada già occupata, non viene assorbito dalle pareti intestinali e viene eliminato con le feci. D’altra parte, proprio nel momento in cui tenta di assorbirli, l’organismo riconosce i fitosteroli e li espelle di nuovo, così che non provocano alcun danno ma si limitano semplicemente a ostacolare il loro antipatico cugino. Sono molte le ricerche che dimostrano come una dieta ricca di fitosteroli riesca ad abbassare in modo significativo il colesterolo, soprattutto quello LDL “cattivo”.

 

 

 

Le vitamine del pistacchio

 

Sono tante le vitamine presenti nel pistacchio, alcune in quantità così elevata da meritare un cenno specifico.

Vitamine  quantità
Tiamina mg 0.695
Riboflavina mg 0.234
Niacina mg 1.373
Acido pantotenico mg 0.513
Vitamina B-6 mg 1.122
Folati µg 51
Vitamina A, IU IU 259
Luteina + zeaxantina µg 1160
Vitamina E mg 2.42

 

(quantità per 100 g di pistacchio sgusciato)

 

 

Vitamina B6    (Piridossina)

 

 Molto presente nel pistacchio, è fondamentale nel metabolismo dei globuli rossi e del sistema nervoso. Contribuisce alla produzione di glucosio dall’aci­do lattico, funzione importante per dare energia ai muscoli soprattutto durante l’attività sportiva. Inoltre, alcune ricerche indicano che la vitamina B6 aiuta a ridurre il dolore tipico della sindrome premestruale. La sua carenza nella dieta può determinare debolezza muscolare, irritabilità, nervosismo, in­sonnia, perdita di peso. 

 

Vitamina E

(Tocoferolo)

 

 Anch’essa abbondante nel pistacchio, funge da potente antiossidante prevenendo l’invecchiamento della pelle e delle cellule corporee e aiuta a disintossicare l’organismo dall’inquinamento e dal fumo. Viene anche chiamata vitamina della fertili­tà e si può dire che senza di lei non ci sarebbero i bambini, infatti pro­tegge gli organi riproduttivi delle donne, è molto utile nei casi di gra­vidanze difficili e difende i neonati prematuri.Se manca nella dieta, possono comparire anemia, infertilità, disturbi al fegato e al cuore, debolezza muscolare e persino le­sioni alla retina.

 

 

Vitamina B1

(Tiamina)

  

 

 Il pistacchio è un vero campione quanto a contenuto di tiamina, una vitamina che aiuta a con­vertire gli zuccheri in energia, regola le funzioni del cuore, è importante per la conduzione degli impulsi nervosi e promuo­ve la crescita.Un tempo (e ancora oggi purtroppo in alcune zone del mondo) la carenza di tiamina era causa della grave malattia chiamata Beri Beri. Oggi nei paesi occidentali questa malattia è debellata, ma sintomi di un’insufficiente apporto di questa vitamina si possono comunque rilevare: nausea, inappetenza, perdita di peso, formicolio a braccia e gambe, ri­flessi rallentati.

Sono probabil­mente più gli adulti che i bambini a presentare una carenza di tiami­na nei Paesi industrializzati, so­prattutto a causa dell’abuso di al­col, che interferisce con l’assorbi­mento di molte sostanze, e in par­ticolare di questa vitamina.

 

 

Vitamina PP   (Niacina)

 

 La niacina, della quale il pistacchio è una buona fonte, migliora l’aspetto della pelle, è essenzia­le per il rilascio di zuccheri a li­vello muscolare durante l’attivi­tà motoria e per la trasformazio­ne dei grassi di deposito in energia. La stra­na sigla – PP – con la quale viene indicata si riferisce all’inglese “pella­gra preventive”, ovvero, “previene la pellagra”, una malattia che colpisce inizialmente la pelle, la quale appare spessa, squamosa, arrossata, insomma una pelle “agra”. Anche la pellagra per noi è ormai un ricordo, ma sintomi comuni di carenza da vitamina PP sono: inappeten­za, capogiri, infiammazione di bocca e lingua, lesioni cutanee. 

 

Vitamina A 

 

 Nel pistacchio è presente anche una buona quantità di vitamina A, antiossidante che protegge le mucose e la pelle, aiuta la vista, promuove la cre­scita. La vitamina A preformata si trova soprattutto negli alimenti di ori­gine animale (primo tra tutti il fegato), ma una sua assunzione eccessi­va può essere pericolosa, soprat­tutto nelle donne in gravidanza, perché potrebbe causare malfor­mazioni nel feto. Nel pistacchio, come in altri vegetali, la vitamina A è presente soprattutto in forma di un suo precursore, il betacarotene, che viene trasformato in vitamina dall’organismo secondo i suoi fabbisogni, evitando qualsiasi pericolo di accumulo. Tra l’altro, il be­tacarotene ha anche la funziona di sti­molare la produzione di melani­na, una sostanza che protegge la pelle dai danni solari e le permette di ab­bronzarsi senza scottature. Nei casi gravi (purtroppo molto frequenti in alcuni paesi del Sud del mondo) la carenza di vitamina A provoca cecità not­turna e serale, lesioni della cor­nea, crescita ritardata, difetti dello smalto dei denti. 

 

American Pistachio Growers – l’associazione americana che rappresenta i coltivatori di pistacchi, i lavoratori e i partner del settore in California, Arizona e New Messico –  vuole fare conoscere il pistacchio americano in Italia. “Far conoscere e apprezzare i pistacchi americani agli Italiani è uno dei nostri obiettivi principali“. – dichiara Judy Hirigoyen – Director, Global Marketing di American Pistachio Growers – “L’Italia, infatti, è una realtà in cui i pistacchi sono già integrati nella cultura alimentare e quindi un contesto ideale in cui valorizzare ulteriormente la qualità dei nostri pistacchi, controllati e certificati in ogni fase della filiera produttiva, e i loro benefici per la salute, proponendoli non solo come snack nutriente e salutare ma anche come ingrediente ideale per preparare originali ricette gourmet”. “Dal punto di vista gastronomico” – dichiara lo chef Omar Allievi – “il pistacchio è un alimento interessante non solo per le sue proprietà intrinseche ma anche per la sua versatilità. Ideale per creare croccanti panature, come ingrediente per ricette sia dolci che salate, è una fonte inesauribile d’ispirazione per la creazione di piatti originali, gustosi e anche piacevoli alla vista”.

 Cosa sono   Il pistacchio è il seme ottenuto dal frutto (per la precisione si tratta di una drupa) di un piccolo albero (del genere Pistacia) di origine antichissima.Si tratta di una pianta appartenente alla famiglia delle Anarcadiaceae originaria del Medio Oriente che si distingue per un’ altezza media di circa 4-5 metri che, in alcuni esemplari, può superare anche gli 8-10 metri. La corteccia è di color grigio cenere caratterizzata da un legno molto compatto e duro che nelle piante giovani ha un colore giallo intenso che diventa rosso scuro in quelle adulte. L’albero ha una chioma ampia con rami penduli e foglie composte che negli esemplari giovani si presentano con un aspetto vellutato, mentre negli alberi adulti sono glabre e coriacee.

I fiori, che si schiudono tipicamente in primavera, verso metà aprile, sono raccolti in grappoli e presentano fisionomie diverse a seconda del sesso della pianta. Il pistacchio è infatti una specie dioica per cui gli organi riproduttivi maschili e femminili sono prodotti  da due piante distinte.

La pianta del pistacchio produce un frutto secco dal caratteristico colore verde vivo che si presenta racchiuso in una buccia viola e custodito in un guscio rigido dall’aspetto legnoso.Il ciclo produttivo dell’albero può superare i 70 anni e si caratterizza per essere ad anni alterni, con un raccolto abbondante il primo anno e uno meno abbondante il successivo.

Negli Stati Uniti, in particolare in California, ci sono grandi coltivazioni di pistacchi poiché qui la pianta trova il suo ambiente di crescita ideale: estati calde e secche, abbondante acqua, terreni profondi e molto sole. La specie  più pregiata e diffusa è la Kerman che costituisce circa il 95% della produzione nazionale.

Con circa 224.000 tonnellate gli Stati Uniti sono il maggior produttore al mondo di pistacchi. In particolare, la produzione californiana copre circa il 22% della quota mondiale e il 98% della produzione americana.

In California la produzione si concentra nella parte meridionale di San Joaquin con il 97% della produzione, e nella zona di Sacramento. Oltre che in California pistacchi americani sono prodotti anche in Arizona (98% dei pistacchi americani non californiani) e Nuovo Messico.

 

 Come si coltivano  La coltivazione dei pistacchi è molto delicata e richiede impegno e attenzione in ogni sua fase. L’industria del pistacchio americano utilizza i portainnesto di specie collegate per avere piante resistenti alle malattie e agli insetti, tolleranti le basse temperature e con buone qualità produttive.

I pistacchi vengono impollinati dal vento, non dalle api, e serve soltanto un maschio per impollinare fino a 30 alberi femmine.

La coltivazione inizia con la selezione dei semi del portainnesto che sono controllati con attenzione, scartando quelli danneggiati o troppo piccoli. I semi sono poi immersi in acqua per alcune ore e successivamente collocati in palle di torba in serra.

Dopo tre o quattro settimane la crescita delle radici viene stimolata tagliando la punta della radice primaria e la piantula viene messa a dimora in un terriccio ideato appositamente per il portainnesto del pistacchio. Le piantule piantate nei mesi di  gennaio e febbraio vengono trasferite all’aria aperta nel mese di marzo in una sorta di vivaio e dopo un anno sono pronte per essere piantate.

Le varietà propagate per innesto vengono generalmente messe in campo dalla fine di giugno a tutto agosto. La stagione di crescita è abbastanza lunga e il germoglio, normalmente a 30-40 cm sulla superficie del terreno, crescerà fino a circa un metro/un metro e mezzo nella stessa stagione.

Nel corso degli anni successivi il pistacchio viene palizzato in una forma adeguata che permetterà la coltivazione e la raccolta. Nel giro di sei anni l’albero comincia a dare i suoi frutti e la produzione aumenta gradatamente fino a che l’albero raggiunge la maturità in circa 13/15 anni.

I fiori sbocciano verso metà aprile formando cluster simili a grappoli d’uva. L’impollinazione dei fiori avviene in primavera ad opera del vento, e da questo momento inizia a prodursi il frutto con l’evoluzione del mallo che comincia a crescere di dimensioni fino ad avere 1 cm di diametro e 1,5 cm di lunghezza. In questa fase anche il guscio del pistacchio comincia a differenziarsi e a indurirsi fino a raggiungere la dimensione e la durezza giusta nei primi giorni di luglio. A questo punto anche il seme comincia a crescere fino a riempire completamente il guscio. A fine agosto o nei primi giorni di settembre i pistacchi sono pronti per la raccolta. Il pistacchio è maturo quando il mallo che protegge il guscio diventa rosa intenso e si stacca facilmente dal guscio che si è aperto naturalmente sull’albero a causa delle aumentate dimensioni del frutto.

E’ importante effettuare la raccolta al momento giusto (fra settembre e ottobre). Se tardiva, può succedere che il mallo si rovini lasciando il pistacchio esposto ai danni provocati dagli insetti e alla macchiatura del guscio. Se effettuata troppo presto, invece, può succedere che il guscio non si apra o che porzioni del mallo rimangano attaccate al guscio.

 La raccolta  I pistacchi sono raccolti collocando attorno all’albero un telone simile a un grande ombrello capovolto con due braccia meccaniche che scuotono l’albero facendo cadere i pistacchi maturi in meno di un minuto per albero. I pistacchi cadono direttamente nel telone e sono immediatamente caricati in un container tramite il quale vengono trasportati nel vicino impianto di lavorazione. Con questo metodo i pistacchi non entrano in contatto con il suolo e si riduce di molto il rischio di contaminazione microbica.Poiché un raccolto e una lavorazione rapida sono fondamentali per la qualità del prodotto, l’industria del pistacchio lavora 24 ore su 24 per sei settimane durante il periodo della raccolta. In meno di 24 ore i pistacchi sono infatti  raccolti, essiccati e stoccati in attesa della lavorazione finale.
 La lavorazione    Quando i pistacchi arrivano all’impianto di lavorazione si stabilisce il peso e la temperatura del carico e si procede con le varie fasi di lavorazione, registrando la durata esatta di ogni procedura.Un campione di 45 kg viene prelevato da ogni carico che arriva all’impianto di lavorazione e suddiviso a sua volta in campioni di 9 kg. Secondo le rigide leggi di controllo della California, questi 9 kg vengono testati per valutarne il livello di qualità e pagare il coltivatore in base ai risultati di queste analisi. A scopo di documentazione, un campione viene conservato per un anno. Dopo lo scarico del prodotto presso l’impianto di lavorazione si procede con l’eliminazione di tutti gli scarti della pianta, come foglie e ramoscelli. Il mallo esterno viene separato dal guscio in speciali cilindri d’acciaio con aste abrasive rotanti. Contemporaneamente i pistacchi vengono lavati eliminando l’acqua sporca in modo ecologico e rispettoso dell’ambiente nel rispetto delle regole severe dello stato della California.

I pistacchi vengono trasferiti dall’area di scarico allo smallatore, una macchina che rimuove il mallo e ne lava via i residui con rulli abrasivi a rotazione inversa.

Inizialmente i gusci vuoti e i gherigli non maturi vengono separati dai pistacchi maturi che sono rimasti all’interno del guscio attraverso un processo di selezione per galleggiamento o affondamento effettuato in una vasca apposita. I gusci vuoti o contenenti i frutti acerbi galleggiano in superficie, mentre quelli maturi rimangono sul fondo.

I pistacchi che si sono aperti naturalmente vengono separati da quelli chiusi per mezzo di un cilindro provvisto di uncini. I frutti con il guscio chiuso vengono venduti successivamente per essere aperti in maniera artificiale, oppure possono essere sgusciati per essere venduti come gherigli.

Un’ulteriore selezione viene effettuata attraverso macchinari elettronici sensibili ai colori che permettono di individuare ed eliminare i pistacchi che hanno macchie scure sul guscio. Questo passaggio è fondamentale per il controllo delle aflatossine, poiché alcune ricerche hanno rivelato che i pistacchi contenuti in gusci con macchie scure hanno maggiore possibilità di essere contaminati da aflatossine.

Grazie ad appositi macchinari, i pistacchi vengono poi anche distinti in base alle dimensioni per poi attraversare una fase di controllo finale che viene effettuata manualmente per assicurare i più alti standard di qualità.

 L’essiccazione   Per essere pronti alla vendita diretta o per il mercato degli snack, i pistacchi vengono di solito essiccati in modo da poter essere conservati correttamente e a lungo.Al momento della raccolta i pistacchi hanno infatti un contenuto di umidità di circa il 45%. Questa percentuale si riduce durante la lavorazione fino a stabilizzarsi ad un percentuale pari o inferiore al 7% prima dell’immagazzinamento.

Una volta pronti i pistacchi vengono confezionati e trasferiti in una zona di stoccaggio a temperatura controllata dove rimangono in attesa della consegna. I pistacchi dovrebbero essere conservati ad una temperatura compresa fra 0 e 4 gradi C°, con un’umidità relativa del 70%.

I silos di stoccaggio di alluminio sono creati appositamente per avere una circolazione d’aria ottimale, tale da mantenere la conservazione della qualità del pistacchio. In questo modo i pistacchi possono, se necessario, essere conservati fino a due anni senza conseguenze sulla qualità. Elemento questo di fondamentale importanza per organizzare le scorte di prodotto, tenendo in considerazione il fatto che la produzione dei pistacchi alterna anni molto abbondanti a produzioni più limitate.

 Un po’ di storia…   Gli alberi di pistacchio crescono nel Medio Oriente da migliaia di anni e sono sempre stati considerati come un cibo prelibato. Si parla di pistacchi sin nel Vecchio Testamento (Genesi 43:11), mentre reperti archeologici trovati in Giordania hanno dimostrato che, in questa parte del mondo, i pistacchi erano molto noti già intorno al 6750 a.C. Altri ritrovamenti hanno poi dimostrato che le tribù del vicino oriente raccoglievano pistacchi già nel 20.000 a.C. In Persia (l’attuale Iran), il commercio e la coltivazione dei pistacchi erano sinonimo di ricchezza e status sociale elevato. Secondo la leggenda, i pistacchi erano molto apprezzati dalla regina di Sheba che teneva per sé e la sua corte tutta la produzione di pistacchi del territorio.

Grazie alle conquiste da parte di Alessandro Magno (334-324 d.C), i pistacchi raggiunsero la Grecia. Più tardi, durante l’impero di Romano e in particolare sotto la reggenza di Tiberio (1° secolo a.C), i pistacchi arrivarono anche in Italia e Spagna.

L’area di coltivazione dei pistacchi si allargò ulteriormente con la diffusione dell’Islam e la conseguente espansione araba. Durante il Medio Evo e in particolare durante le Crociate si diffuse molto il commercio con l’Oriente.

La Repubblica di Venezia, in particolare,  aveva stretti rapporti commerciali con la Siria, una delle aree principali per la coltivazione dei pistacchi, così questi prodotti raggiunsero l’Italia settentrionale e centrale attraverso le rotte commerciali marittime.

A Nord delle Alpi i pistacchi rimasero sconosciuti per molto tempo ed erano usati soprattutto come ingrediente accessorio e costoso per i prodotti da pasticceria. Soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale l’immagine di questo prodotto è cambiata gradatamente da ingrediente costoso per prodotti da forno a snack.

 

 L’industria americana del pistacchio: dalle origini ad oggi   Negli Stati Uniti, la storia del pistacchio risale alla prima metà del ‘900.Era noto da tempo che la Central Valley della California, grazie al suolo fertile, al clima caldo e secco e agli inverni moderatamente freddi offriva le condizioni ideali per la coltivazione dei pistacchi. Nel 1929 il botanico americano William E. Whitehouse fece un viaggio in Persia (l’attuale Iran) per selezionare i pistacchi da portare in America. Per sei mesi visitò le piantagioni di pistacchi e girò fra i vari mercati e bazar cercando i pistacchi esteticamente più belli. Questo viaggio si concluse nel 1930 quando ritornò negli USA con una raccolta di circa 10 kg di pistacchi che lui aveva scelto e selezionato uno per uno. Nel giro di un anno si mise a dimora la prima piantagione pilota. Ci vollero comunque fra i 7 e i 10 anni prima che i pistacchi maturassero e passò un decennio prima che Whitehouse si rendesse conto di che cosa aveva portato a casa.  

Dalla prima piantagione soltanto un esemplare si rivelò utile e sfortunatamente Whitehouse non riuscì mai a individuare l’albero da cui proveniva poiché lo aveva preso da una pila di pistacchi che si stavano seccando al sole in un orto della famiglia Agah, importanti coltivatori di Rafsanjan nell’Iran centrale. Whiteouse chiamò l’albero “Kerman”.

Dopo diversi anni di sperimentazioni l’idea di un’industria di pistacchi americana divenne realtà. Si cominciò a parlare di questo nuovo tipo di coltivazione e diverse piantagioni fiorirono in tutta la California negli anni ’60 e più tardi in Arizona e New Messico. Tuttavia diversi aspetti di questo tipo di coltivazione rimasero una sfida per molti Americani avventurosi che si erano cimentati in questa attività.

Durante gli anni ’80 i pistacchi importati erano molto popolari negli USA, specialmente fra gli immigrati mediorientali. Il consumo di pistacchi si diffuse ulteriormente attraverso le macchinette istallate nelle stazioni delle metropolitane, i bar, i ristoranti e altri locali.

La storia dell’industria di pistacchi americani è un esempio di successo senza precedenti. Dalla prima coltivazione commerciale del 1976 che produsse 680 tonnellate di pistacchi si arrivò ad una produzione record nel 2007 con più di 188.241 tonnellate metriche e nel 2010 con circa 240.000 tonnellate. Nel giro di pochi anni l’industria è passata da una produzione appena sufficiente per il consumo nazionale a una produzione destinata soprattutto all’esportazione in tutto il mondo.

Oggi il 95% della coltivazione di pistacchi americani è costituita dalla specie Kerman. I coltivatori sono interessanti anche ad altre varietà e ci sono piccole coltivazioni di Jolley, Red Aleppo, Kalehgouchi e Aria.

Aspetti nutrizionali e dietetici

del pistacchio americano

A cura di Giorgio Donegani

Esperto in nutrizione ed educazione alimentare, Presidente di Food Education Italy

 

Il pistacchio è un prodotto che vanta numerose proprietà benefiche note sin dai tempi antichi. Utilizzato come cibo fin dal 7000 a.C. in Turchia,  era noto agli Assiri, ai Persiani e ai Greci come “droga medicinale”.

Molte delle proprietà salutari di questo frutto derivano alla sua composizione e dalla sua ricchezza di micronutrienti benefici per l’organismo.

La composizione nutritiva del pistacchio americano

 

Qui di seguito la composizione del pistacchio americano, tostato, con e senza aggiunta di sale. I valori si riferiscono a 100 g di prodotto edibile (sgusciato)

nutirente Unità con sale aggiunto senza sale aggiunto
Acqua g 1.79 1.85
Energia kcal 564 567
Energia kJ 2362 2374
Proteine g 20.95 20.95
Grassi totali g 44.82 44.82
Carboidrati totali g 28.66 29.38
Fibre g 9.9 9.9
Zuccheri semplici g 7.74 7.74

 

Dai valori riportati, volendo tracciare un rapido identikit del profilo nutrizionale del pistacchio americano, è facile osservare come sia un alimento energetico (una porzione tipica di circa 30 grammi di pistacchio sgusciato dà circa 180 kcal), con un’altissima densità nutritiva perché fornisce quantità importanti di proteine (quantitativamente ne contiene quante la carne), carboidrati e, soprattutto, grassi (come vedremo per la maggior parte monoinsaturi e polinsaturi di elevata qualità). A questo si aggiunge una forte presenza di fibre che, oltre a svolgere azione preventiva nei confronti di vari disturbi, stimolano efficacemente il senso di sazietà.

Le caratteristiche del pistacchio non si limitano al suo contenuto di macronutrienti: è decisamente importante l’apporto di minerali (Potassio, Calcio, Ferro, Magnesio, Fosforo, Manganese) che rendono questo seme una sorta di integratore naturale. E anche la componente vitaminica è assolutamente significativa (è un’eccellente fonte di tiamina, vitamina B6, folati e vitamina E), così come è abbondante l’apporto di fattori fitochimici, in particolare antiossidanti polife­nolici.

 

Visto da vicino:

 

L’apporto calorico del pistacchio americano

Una porzione media di 30 g di pistacchio sgusciato dà circa 180 kcal. Non sono poche, anzi, possiamo affermare che il pistacchio è un alimento energetico, ma questa caratteristica, che nel caso di altri alimenti può indurre diffidenza e preoccupazione, per il pistacchio si contestualizza in modo completamente diverso. Infatti, sul piano della qualità, le calorie del pistacchio si accompagnano a una forte presenza di sostanze preziose per l’organismo e non sono certo paragonabili alle “calorie vuote” che vengono da bevande e snack con un’alta percentuale di zuccheri semplici o di grassi (spesso saturi), ma decisamente poco sazianti e quasi privi di fattori vitaminici e minerali.

Una buona fonte di fibre

Il pistacchio contiene la percentuale di fibre più alta tra i vari tipi di frutta a guscio. Una porzione da 30 g di pistacchio americano ne dà più di 3 g, oltre un decimo di quante ne servono nella giornata. A lungo sottovalutate nella loro importanza, le fibre sono un gruppo di sostanze diverse (fondamentalmente ce ne sono di due tipi: solubili e insolubili) che, pur non essendo assimilabili, risultano molto utili per la salute dell’organismo. Le fibre solubili, infatti, sciogliendosi in acqua formano miscele di consistenza gelatinosa, efficaci per stimolare il senso sazietà e ostacolare l’assorbimento di zuccheri, grassi e colesterolo.

Quelle insolubili, invece, non si sciolgono in acqua, ma a livello intestinale ne assorbono parecchia, aumentando notevolmente il loro volume fino a formare una massa che stimola i movimenti dell’intestino e facilita l’evacuazione. Una dieta ricca di fibre risulta così preziosa sia per ridurre la tendenza al sovrappeso, sia per combattere la pigrizia intestinale, sia per allontanare il rischio di malattie cardiovascolari, e un consumo regolare di pistacchi può costituire un effettivo aiuto per garantire la necessaria quota di fibre giornaliera.

Proteine abbondanti e molta arginina

Con circa il 21% di contenuto proteico, il pistacchio svolge un ruolo importante anche nel rifornire l’organismo dei materiali (aminoacidi) necessari per la crescita e il ricambio dei tessuti corporei. La pelle, i muscoli, il sangue, gli organi interni… l’intero nostro corpo è formato da proteine unite ad altre sostanze. Inoltre, le proteine intervengono in moltissime funzioni vitali, come enzimi, come componenti di ormoni e fattori di crescita, come trasportatori di ossigeno e nutrienti, e in diversi altri modi ancora.

Anche se le proteine di origine animale, come quelle contenute nelle uova, nella carne, nel pesce e nel formaggio, hanno un più alto valore nutritivo, perché sono ricche di tutti gli aminoacidi necessari al nostro organismo, quelle del pistacchio si rivelano ugualmente preziose per la presenza di alcuni aminoacidi utili. Primo tra tutti l’arginina che attiva la produzione di ossido nitrico, un vasodilatatore naturale in grado di inibire l’aggregabilità delle piastrine e l’adesività dei leucociti alle pareti dei vasi sanguigni, con effetti protettivi sulle malattie cardiovascolari.

 

 

 

 

 

Grassi: tanti quelli buoni, pochissimi i “cattivi”

Per quanto molti li considerino dei “nemici” della linea i grassi sono essenziali alla vita e devono essere sempre presenti nella dieta per i seguenti motivi:

  • Costituiscono un’importante riserva energetica (un grammo di lipidi fornisce 9 kcal)
  • Rientrano nella composizione delle membrane cellulari
  • Sono precursori di composti fondamentali di natura ormonale e di altre importanti sostanze
  • Svolgono azione di trasporto per le vitamine liposolubili e provvedono alla necessità di sostanze indispensabili chiamate “acidi grassi essenziali”

 

Il fabbisogno di lipidi varia da persona a persona, a seconda del sesso, dell’età, della taglia fisica e dello stile di vita. Indicativamente, per l’adulto i grassi dovrebbero fornire dal 20% al 30% delle calorie complessive della dieta. Per i neonati e i bambini piccoli, invece, la quantità di grassi alimentari deve essere più elevata.

Ma occorre attenzione, la famiglia dei lipidi comprende infatti un ampio gruppo di sostanze che differiscono tra loro a seconda soprattutto del tipo di composti – i cosiddetti  “acidi grassi” – che li costituiscono. Senza scendere in dettagli eccessivi, è importante distinguere sotto il profilo dietetico tra tre tipi di acidi grassi, diversi nella struttura chimica: saturi, monoinsaturi e polinsaturi.  

Mentre gli acidi grassi saturi, presenti soprattutto nei grassi solidi, tendono a favorire l’accumulo di colesterolo nel sangue, quelli monoinsaturi e polinsaturi esercitano una favorevole azione di contenimento del livello di colesterolo ematico. 

Composizione della frazione grassa nei pistacchi americani (valori su 100 g di prodotto sgusciato)

Lipidi Quantità
Acidi grassi saturi totali g 5.456
Acidi grassi monoinsaturi totali g 23.676
Acidi grassi polinsaturi totali g 13.448
Acidi grassi  trans g 0.000
Colesterolo mg 0
Beta-sitosterolo mg 210

 

Come si vede dalla tabella, a fronte di poco più di 5 g di acidi grassi saturi, un etto di pistacchi americani apporta più di 23 g di grassi monoinsaturi e oltre 13 g di polinsaturi. Una composizione ideale, anche per il suo equilibrio. Tra gli acidi grassi monoinsaturi, l’acido oleico è il più presente (51,6% nella varietà Kerman): è lo stesso acido grasso che si ritrova come maggior componente nell’olio di oliva e che non solo vanta una buona resistenza all’ossidazione, ma aiuta anche la crescita e la salute delle ossa. 

Quanto agli acidi grassi polinsaturi, presenti nei pistacchi in ottima quantità, va rilevato che alcuni sono definiti “essenziali” in quanto occorre in­trodurli con la dieta, perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli da solo. Sono gli aci­di linoleico, linolenico e arachidonico. Questi acidi essenziali sono considerati vere e proprie vitamine e svolgono importanti azioni metaboliche, fungendo da precursori basilari di varie sostanze organiche come le prostaglandine e le strutture della membrana cellulare (nella retina, nel fegato, nel sistema nervoso…). I pistacchi americani di varietà Kerman vantano il massimo contenuto di acido linoleico e linolenico rispetto alle altre varietà.

 

Niente grassi trans né colesterolo

Sempre con riferimento alla composizione lipidica del pistacchio, balza all’occhio la completa assenza di acidi grassi del tipo “trans”, una forma chimica particolare della quale è accertata la nocività (sono presenti per esempio in molti snack industriali realizzati con grassi idrogenati).

Altrettanto importante e positivo è il fatto che nei grassi del pistacchio sia assente il colesterolo, la cui presenza eccessiva nel sangue costituisce un grave fattore di rischio cardiovascolare.

 

 

Utili fitosteroli

I dati di composizione del pistacchio americano indicano poi la presenza importante di Beta-sitosterolo, una sostanza appartenente al gruppo dei fitosteroli. Questi sono composti naturalmente presenti in alcune piante e si possono considerare come i cugini vegetali del colesterolo, tanto gli somigliano nella struttura. Proprio per questa loro somiglianza, quando li ingeriamo “ingannano” il nostro organismo e rubano il posto al colesterolo in quei meccanismi che, a livello dell’intestino, ne permettono l’assorbimento.

In questo modo, il colesterolo trova la strada già occupata, non viene assorbito dalle pareti intestinali e viene eliminato con le feci. D’altra parte, proprio nel momento in cui tenta di assorbirli, l’organismo riconosce i fitosteroli e li espelle di nuovo, così che non provocano alcun danno ma si limitano semplicemente a ostacolare il loro antipatico cugino. Sono molte le ricerche che dimostrano come una dieta ricca di fitosteroli riesca ad abbassare in modo significativo il colesterolo, soprattutto quello LDL “cattivo”.

 

 

 

Le vitamine del pistacchio

 

Sono tante le vitamine presenti nel pistacchio, alcune in quantità così elevata da meritare un cenno specifico.

Vitamine  quantità
Tiamina mg 0.695
Riboflavina mg 0.234
Niacina mg 1.373
Acido pantotenico mg 0.513
Vitamina B-6 mg 1.122
Folati µg 51
Vitamina A, IU IU 259
Luteina + zeaxantina µg 1160
Vitamina E mg 2.42

 

(quantità per 100 g di pistacchio sgusciato)

 

 

Vitamina B6    (Piridossina)

 

 Molto presente nel pistacchio, è fondamentale nel metabolismo dei globuli rossi e del sistema nervoso. Contribuisce alla produzione di glucosio dall’aci­do lattico, funzione importante per dare energia ai muscoli soprattutto durante l’attività sportiva. Inoltre, alcune ricerche indicano che la vitamina B6 aiuta a ridurre il dolore tipico della sindrome premestruale. La sua carenza nella dieta può determinare debolezza muscolare, irritabilità, nervosismo, in­sonnia, perdita di peso. 

 

Vitamina E

(Tocoferolo)

 

 Anch’essa abbondante nel pistacchio, funge da potente antiossidante prevenendo l’invecchiamento della pelle e delle cellule corporee e aiuta a disintossicare l’organismo dall’inquinamento e dal fumo. Viene anche chiamata vitamina della fertili­tà e si può dire che senza di lei non ci sarebbero i bambini, infatti pro­tegge gli organi riproduttivi delle donne, è molto utile nei casi di gra­vidanze difficili e difende i neonati prematuri.Se manca nella dieta, possono comparire anemia, infertilità, disturbi al fegato e al cuore, debolezza muscolare e persino le­sioni alla retina.

 

 

Vitamina B1

(Tiamina)

  

 

 Il pistacchio è un vero campione quanto a contenuto di tiamina, una vitamina che aiuta a con­vertire gli zuccheri in energia, regola le funzioni del cuore, è importante per la conduzione degli impulsi nervosi e promuo­ve la crescita.Un tempo (e ancora oggi purtroppo in alcune zone del mondo) la carenza di tiamina era causa della grave malattia chiamata Beri Beri. Oggi nei paesi occidentali questa malattia è debellata, ma sintomi di un’insufficiente apporto di questa vitamina si possono comunque rilevare: nausea, inappetenza, perdita di peso, formicolio a braccia e gambe, ri­flessi rallentati.

Sono probabil­mente più gli adulti che i bambini a presentare una carenza di tiami­na nei Paesi industrializzati, so­prattutto a causa dell’abuso di al­col, che interferisce con l’assorbi­mento di molte sostanze, e in par­ticolare di questa vitamina.

 

 

Vitamina PP   (Niacina)

 

 La niacina, della quale il pistacchio è una buona fonte, migliora l’aspetto della pelle, è essenzia­le per il rilascio di zuccheri a li­vello muscolare durante l’attivi­tà motoria e per la trasformazio­ne dei grassi di deposito in energia. La stra­na sigla – PP – con la quale viene indicata si riferisce all’inglese “pella­gra preventive”, ovvero, “previene la pellagra”, una malattia che colpisce inizialmente la pelle, la quale appare spessa, squamosa, arrossata, insomma una pelle “agra”. Anche la pellagra per noi è ormai un ricordo, ma sintomi comuni di carenza da vitamina PP sono: inappeten­za, capogiri, infiammazione di bocca e lingua, lesioni cutanee. 

 

Vitamina A 

 

 Nel pistacchio è presente anche una buona quantità di vitamina A, antiossidante che protegge le mucose e la pelle, aiuta la vista, promuove la cre­scita. La vitamina A preformata si trova soprattutto negli alimenti di ori­gine animale (primo tra tutti il fegato), ma una sua assunzione eccessi­va può essere pericolosa, soprat­tutto nelle donne in gravidanza, perché potrebbe causare malfor­mazioni nel feto. Nel pistacchio, come in altri vegetali, la vitamina A è presente soprattutto in forma di un suo precursore, il betacarotene, che viene trasformato in vitamina dall’organismo secondo i suoi fabbisogni, evitando qualsiasi pericolo di accumulo. Tra l’altro, il be­tacarotene ha anche la funziona di sti­molare la produzione di melani­na, una sostanza che protegge la pelle dai danni solari e le permette di ab­bronzarsi senza scottature. Nei casi gravi (purtroppo molto frequenti in alcuni paesi del Sud del mondo) la carenza di vitamina A provoca cecità not­turna e serale, lesioni della cor­nea, crescita ritardata, difetti dello smalto dei denti. 

 

 



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