Lievito madre nei croissant e nei grandi lievitati

Lievito madre nei croissant e nei grandi lievitati

Era il tema dell’incontro che si è tenuto lo scorso mese, organizzato dalla Nuova Parmagel di Collecchio (PR) in collaborazione con Agugiaro&Figna Molini. Lo speciale intervento è stato organizzato per i pasticceri e panificatori di Parma e provincia ed è stato magistralmente condotto da Antonio Vitali e da Mirko Passuello, responsabile R&S del Molino.
Le lavorazioni sono state fatte utilizzando un prodotto d’eccezione dell’azienda molitoria: Naturkraft. Si tratta del lievito madre che l’azienda ha sviluppato e tiene in vita fin dal 1999, con due rinfreschi settimanali e la conservazione in frigorifero. La spiegazione teorica è stata messa in pratica con la preparazione di diverse tipologie di prodotto dai piccoli lievitati per la prima colazione ai grandi lievitati da ricorrenza. La presentazione è partita da informazione, per niente trascurabili, come la definizione del lievito madre che non esiste a livello “legale”. «Si tratta – tuttavia – hanno spiegato gli esperti – di un impasto formato miscelando acqua, farina di cereali (frumento tenero, frumento duro, segale, avena) e lasciato fermentare spontaneamente. Questa classica fermentazione della farina viene ripetuta più volte, fino a ottenere il giusto grado di acidità nel  giusto tempo». Una domanda sorge spontanea, ma Naturkraft è un lievito madre? «Si tratta di un lievito madre in polvere – spiegano – ovvero disidratato, attraverso un processo apposito. Come nasce Naturktakt? «Come tutti i lieviti madre. Il nostro “lievito madre” è nato nel 1999 da un impasto di acqua e farina innescato con una coltura batterica ottenuta da frutta macerata- spiega Passuello. Dopo un lungo periodo di rinfreschi successivi si è spontaneamente selezionata una coltura microbica in grado di acidificare, al giusto grado (pH 4.1), un impasto standard nel tempo di 4 ore. Questo “lievito madre” viene mantenuto in vita con 2 rinfreschi settimanali e la sua conservazione avviene in frigorifero. Prima di ogni rinfresco il lievito viene analizzato (profumo, sapore, colore, acidità) e in base alle sue caratteristiche viene decisa la modalità migliore per il rinfresco, poiché si possono facilmente sviluppare delle fermentazioni selvagge che modificano le prestazioni del lievito. Il “lievito madre” così gestito è pronto per essere usato come partenza per la produzione del Naturkraft. Quali sono i  vantaggi per l’artigiano nell’impiego di un lievito disidratato come Naturkraft? «Il vero problema dell’artigiano che intendesse “allevarsi” questo lievito è rappresentato dalla sua naturale tendenza a deviare dalla fermentazione corretta (ciò è dovuto alla naturale proliferazione di altri lieviti selvaggi). Cioè sarà difficile mantenere costante la capacità fermentativa: a volte il lievito sarà troppo violento, altre troppo debole, altre ancora il prodotto finito sarà troppo acido. Per capire quanto grave sia il problema basti pensare a quante volte l’assaggio di un panettone (da lievito madre artigianale) ci lascia le mucose della bocca irritate dalla troppa acidità e da sapori troppo forti. Ecco perchè noi consigliamo di far gestire questa delicata gestione di mantenimento del lievito da un gruppo di tecnici specializzati, per poi fornire agli artigiani tale lievito in una forma stabilizzata. Per tale scopo ci siamo dotati di un impianto volto all’accrescimento e alla disidratazione del “lievito madre”». 
La presentazione è stata, l’occasione per approfondire un argomento così fortemente sentito degli artigiani come il lievito madre. é bene sapere, per esempio, che con il ph (misurabile artigianalmente con uno strumento apposito chiamato piaccametro) si misura l’acidità totale, tuttavia, affinché un lievito madre sia ben equilibrato, è importante conoscere il contenuto dei due principali acidi che lo compongono (lattico e acetico). Sarà, infatti, il loro rapporto a determinare la riuscita del risultato finale. Cosa favorisce lo sviluppo di questi acidi? «La produzione di acido acetico è favorita da bassa temperatura, impasti con meno umidità (es. pane ferrarese con 40% di acqua), aggiunta di fruttosio (anche di zucchero invertito: 10g/100 g farina). Quella di acido lattico, invece, è favorita da temperatura elevata, impasti con più umidità e madre “legate in sacchi” (es. maggiore anareobiosi). In base alle esigenze tecnologiche degli artigiani il giusto rapporto tra acido lattico e acetico sarà: 3/1 per uso standard; 4/1 per panettone, pandoro, colombe e grandi lievitati in genere e 0/4 per pane tipo ferrarese (Igp). Ma da cosa è composto il lievito madre? «Da una microflora che si suddivide in batteri (Lactobacillus, Pediococcus, Leuconostoc, Weissella) e lieviti (acido resistenti) come Saccaromyces, Debariomyces, Hansemula, Pichia, Torulaspora, Cryptococcus, Rhodotorula, Candida, Issatchenkia. Qual  è il ruolo di questi microrganismi? «I batteri lattici svolgono attività metaboliche importanti  come quella acidificante, protoelitica, produzione di esopolisaccaridi e aromatizzante». Quali sono i pro e i contro del lievito madre? Gli svantaggi possono essere causati da più fattori, dovuti anche da inesperienza nel trattare questa materia viva così delicata: «Tra gli svantaggi – continuano gli esperti – possiamo parkare di lungo processo, difficoltà di stabilizzare il prodotto e infine il rischiop di contaminazione. Numerosi sono, invece, i vantaggi nell’impiego di lievito madre nei prodotti da forno dolci e salati, grandi e piccoli: mollica più soffice ed elastica, maggiore sofficità nel tempo, crosta migliore e lunga conservabilità, dovuta all’inibizione delle muffe».
A.Ce. 

© Riproduzione riservata