Danimarca, scatta la tassa sui grassi saturi

Danimarca, scatta la tassa sui grassi saturi

Grasso è caro, almeno in Danimarca. Il Governo del Paese scandinavo ha rotto gli indugi e, primo al mondo, ha deciso di introdurre una tassa sui grassi – saturi per la precisione – presenti nei cibi. La ratio è questa: gli alimenti che contengono alte percentuali di questi grassi hanno un effetto diretto sul livello di colesterolo nel sangue, che ha un’influenza sulle malattie cardiovascolari che pesano poi sul sistema sanitario nazionale gravando sulla collettività. Senza dimenticare, ovviamente, che i cibi grassi sono concausa di obesità, ormai riconosciuta essa stessa come patologia.
Le nuove norme, in discussione da tempo anche in altri Paesi europei, a cominciare per esempio dal Regno Unito, prevedono una tassa di 16 corone (2,15 euro circa) per ogni chilo di nutriente che contenga più del 2,3% di grasso saturo sul totale. Con l’entrata in vigore del nuovo balzello (partito ufficialmente il 1° ottobre scorso), i danesi dovranno sborsare, per esempio, il 30% in più per una confezione di burro da 250 g, l’8% in più per un sacchetto di patatine, mentre un litro d’olio d’oliva costerà loro il 7,1% in più di prima. Aumenti in vista anche per carne, salumi e formaggi.
Secondo uno studio dell’Ocse del 2010, una persona obesa comporta costi sanitari superiori del 25% rispetto a una persona di peso normale: una cifra di tutto rispetto se si pensa che curare l’obesità costa dall’1 al 3% dell’intera spesa sanitaria nazionale.
Lo scorso 21 giugno, peraltro, anche in Ungheria il Governo aveva proposto di introdurre un’apposita ‘tassa di salute pubblica’, mirata teoricamente a scoraggiare il consumo di un’ampia gamma di alimenti considerati non raccomandabili, tra cui soft-drink, bevande energetiche, dolci confezionati, snack salati, instant powders: tutti soggetti a un tributo variabile a seconda degli ingredienti ‘incriminati’.
Un vento nuovo che spira in Europa, ma che anche negli Stati Uniti che potrebbe portare a una riformulazione di massa di tanti prodotti alimentari, nonché effetti ‘collaterali’ sugli scambi internazionali.
Alfredo Faieta (articolo pubblicato anche su www.foodweb.it)

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