Il lievito naturale: dalla teoria alla pratica (parte III)

Il lievito naturale: dalla teoria alla pratica (parte III)

a cura di Iginio Massari
(Pasticceria Veneto, BS – Socio Fondatore e Presidente Onorario dell’Ampi)

Elementi che influenzano la formazione della pasta
La buona riuscita di un prodotto in pasta lievitata, realizzato con lievito madre o pasta acida, dipende da alcuni fattori fondamentali che si possono così riassumere:
• caratteristiche della farina
• qualità del lievito
• bilanciamento della ricetta
• condizioni ambientali
• contenuto dell’umidità al confezionamento
• macchinari

Vediamone alcuni:
Farina
– in particolare le albumine e l’amido. Una buona pasta lievitata, con le nuove esigenze tecniche, si ottiene bilanciando il lievito naturale con un limite massimo di 250 g per 1 kg di farina, calcolato sul primo impasto, per scendere fino a un limite minimo di 180 g su impasti ricchi di zuccheri e grassi. Utilizzando farine forti le paste devono essere ben lavorate, perché sia in fase lievitazione sia di cottura, si potrà ottenere il massimo aumento in volume, grazie alla lavorazione della pasta e allo sviluppo totale del glutine.
Lievito
– in fase di lievitazione, l’aggiunta di troppo lievito nella ricetta favorisce l’eccessivo consumo di zuccheri e grassi, rendendo la pasta più asciutta e meno gustosa; una dose troppo ridotta, al contrario, ne ritarda la lievitazione. Quando il lievito è pronto, cioè maturo, si potrà completare l’impasto pesando, formando, puntando e lasciando lievitare il prodotto prima della cottura.
Macchine impastatrici
– con la loro lavorazione influenzano la formazione e la quantità di glutine. Per esempio: una macchina tuffante con la vasca troppo alta in proporzione alla quantità d’impasto, lo riscalderà durante la fase d’impastamento, creando notevoli problemi. La durata ottimale della lavorazione conferisce elasticità all’impasto, temperatura, ritenzione dei gas in fase di fermentazione.
Sale
– dona maggiore forza ed elasticità al glutine; aumenta l’imbrunimento della crosta in cottura; conferisce un sapore più gradevole e aumenta la percezione dei gusti.

I lievitati da ricorrenza
Approfittando del periodo pre-festivo parliamo dei due lievitati da ricorrenza più diffusi sul territorio nazionale ed estero: il panettone e il pandoro.Come da decreto del 22 luglio 2005 entrambi, per essere denominati tali, sia che si tratti di produzione artigianale o industriale, devono essere ottenuti «per fermentazione naturale da pasta acida», oltre, naturalmente, a contenere ingredienti di alta qualità come per esempio: «uova di gallina di categoria A o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del quattro per cento in tuorlo; materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al sedici per cento per il panettone e venti per cento per il pandoro; uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al venti per cento (solo per il panettone), e sale». Attenzione, però, il burro contiene il 15% d’acqua, che non deve essere compresa nel calcolo della percentuale della materia grassa butirrica prevista dal decreto.

È utile sapere che…
• Per lavorare al meglio il panettone è importante prestare molta attenzione ai lieviti, misurando il ph con il piaccametro, in modo da tenere sempre sottocontrollo l’acidità. È inoltre indispensabile lavorare con una “spia” (per saperne di più vedi Dolcesalato n. 83 settembre 2008), che permette all’operatore di verificare la forza del lievito. Nel panettone il lievito deve essere più forte rispetto a quello utilizzato per il pandoro.
• È inoltre importante rispettare i tempi e le temperature di lievitazione, perché il panettone tende a diventare acido facilmente.
• La difficoltà maggiore nella produzione del pandoro moderno sta nella lunghezza dei tempi di lavorazione e nel fatto che è necessario rispettare scrupolosamente i tempi di lievitazione dei rinfreschi. Diversamente dal pandoro classico che era un impasto lievitato/sfogliato, quello moderno è un impasto solo lievitato che richiede molti passaggi per l’inserimento dell’alto quantitativo di zucchero e burro.
• Rischi: lievitazioni troppo lunghe e temperature troppo alte portano alla totale “snervatura” dell’impasto in macchina (in gergo si dice che “marcisce” ed è irrecuperabile). Tempi di lievitazione troppo brevi o farine eccessivamente forti portano invece al collassamento del pandoro nello stampo dopo la cottura.

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