Siamo quello che mangiamo

Siamo quello che mangiamo

L’industria fa ricerca e l’artigianato si sta adeguando a questa nuova tendenza: dalle intolleranze al biologico. Facciamo un po’ di chiarezza, perché la salute non è business

Che sia per motivi di salute o per la semplice ricerca del benessere, sempre più spesso il consumatore vuole prodotti “alternativi” privi di lattosio piuttosto che di glutine, con meno grassi o zuccheri. Il progresso non è sempre positivo perché ha portato all’insorgenza di nuove malattie, specialmente legate al cibo. Allo stesso tempo senza la scienza e il progresso non sarebbe stato possibile scoprire le stesse malattie, giungere a diagnosi e trovare soluzioni ai problemi. Uno dei casi più diffusi, ormai sulla bocca di tutti, è la celiachia. Si tratta di un’intolleranza permanente al glutine, che  può manifestarsi anche in età adulta, perché i sintomi possono essere molto diversi e perfino non esserci, perché magari sono quelli di altre patologie legate, però, alla celiachia. Si tratta di un malessere così diffuso, che spesso viene erroneamente diagnosticato, come sottolinea il prof. Gino Corazza, direttore di Clinica Medica al San Matteo di Pavia, esperto internazionale di celiachia, nello speciale Salute del quotidiano La Repubblica: «Si tratta di una diagnosi delicata e clinicamente compromettente, perché se non è corretta, nel migliore dei casi si condanna una persona a una dieta limitante per tutta la vita […]». L’Associazione Italiana Celiachia stima 380mila malati di celiachia in Italia, ovvero una persona su 100/150. L’85% sarebbero i casi non diagnosticati: 323mila persone sarebbero affette dalla malattia in maniera asintomatica, non diagnosticata, mentre il 15%, ossia 57mila persone, soffrirebbero di una forma di celiaca sintomatica con 35mila casi diagnosticati. La malattia entra così nella vita degli italiani e la dieta mediterranea diventa un tabù: niente più pizza, pasta e pane, perché l’unica cura possibile prevede solo la variazione delle proprie abitudini alimentari, ma non di quelle sociali. A dimostrazione di tutto questo, la presenza dell’AIC, Associazione Italiana Celiachia, al recente appuntamento fieristico A.B. Tech Expo. Lo scopo dell’associazione, infatti, è quello di far capire che la celiachia non è una malattia infettiva, ma allo stesso tempo coinvolge il malato insieme alla sua famiglia e anche agli amici, perché sarà lui, con le sue nuove abitudini alimentari, a condizionare la scelta di un ristorante, una pizzeria o una gelateria. Ne consegue che, sebbene il bacino d’utenza sia ancora limitato relativamente ai malati, si amplia quando questi portano con sé famigliari e amici: «Attualmente il mercato della ristorazione presenta un’offerta limitata a causa di una scarsa informazione rispetto alla diffusione dell’intolleranza al glutine – ci spiegano dalla Segreteria Alimentazione Fuori Casa dell’AIC Lombardia. Se si pensa che il rapporto tra soggetto celiaco e non è di 1:100 – 1:150, si comprende come non solo manchi la diagnosi, ma una volta riconosciuta la propria intolleranza, si abbia un impatto sociale forte, in quanto l’unica cura possibile prevede solo la variazione delle proprie abitudini alimentari e non anche di quelle sociali. Tutto ciò avviene in quanto i ristoratori e gli esercizi addetti alla somministrazione collettiva sono ancora poco preparati al servizio e alla produzione, continuando a ignorare in parte o totalmente che cos’è la celiachia e cosa essa comporti, oltre a ritenere i celiaci una categoria di nicchia, diversamente dalla realtà dei numeri». A sostegno di una realtà in forte crescita, nel luglio del 2005 è stata pubblicata sulla G. U. le legge 4 n.123 “Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia”, che sancisce da un lato il diritto al pasto fuori casa per il celiaco e, dall’altro, l’assoluta necessità di un corretto piano di informazione in materia. Per far fronte a questa necessità, l’Aic è impegnata su tutto il territorio nazionale per informare gli operatori del settore anche attraverso corsi pratici. Ad A B Tech Expo si è tenuto un assaggio di questi corsi presso lo stand dell’Associazione lombarda, che ha organizzato diversi incontri per tutti i momenti della giornata: “il dolce e il salato da prima colazione” con la preparazione di pancarré, focaccia genovese, brioche dolci, plumcake; “il momento del pranzo”, con la preparazione di pasta, grissini, pizza e ancora frolle, frolle montate e dulcis in fundo, panettone, per “la pausa” dolce.

(dicembre 2010 – Anna Celenta)

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