Damiano Carrara… please to meet you

Damiano Carrara… please to meet you

Abbiamo intervistato Damiano Carrara, tra i pasticceri più ricercati dalla televisione. Un professionista che sembra davvero incarnare il sogno americano ma, la sua storia di successo, è fatta di sacrifrici, passione e tanto impegno

Damiano Carrara, classe 1985, si trasferisce all’estero giovanissimo per cercare lavoro e, dopo una piccola parentesi a Dublino, con il fratello minore Massimiliano, nel 2012 vola a Los Angeles. Dopo qualche lavoro saltuario, decide di aprire, con Massimiliano, una piccola pasticceria a Moorpark, la Carrara Pastries, caratterizzata esclusivamente da specialità italiane. Il successo di pubblico è immediato, tanto che l’anno successivo apre una nuova pasticceria ad Agoura Hills, sopra Malibu. Nel 2015 partecipa, come concorrente, a diversi talent sul canale americano Food Network e, successivamente, ne diventa giudice. Molto amato dal pubblico Oltreoceano, inizia una vera e propria carriera televisiva che lo ha portato, o meglio, riportato, in Italia. Ha sorpreso tutti come nuovo giudice di Bake Off Italia, facendosi apprezzare per  la serietà e l’onestà con la quale si è calato nel ruolo, lasciando trapelare quell’ironia, tutta toscana, che è una sua caratteristica. Nel 2016, con il fratello, ha scritto “Dolce Italia – Authentic Italian Baking” dedicato alla tradizione pasticcera di casa nostra. Nel 2017 ha pubblicato “A Taste of Italy:100 Traditional, Homestyle Recipes” che contiene ricette della tradizione italiana, dolci e salate. L’ultima fatica, tra ricette e racconti di vita, sarà in libreria a fine anno.

Cosa ti ha spinto a voler aprire una tua pasticceria in America? E perché proprio a Los Angeles?
La voglia di diffondere la vera pasticceria italiana, che in pochi conoscono negli Stati Uniti. Ho scelto Los Angeles perché è stato il primo luogo che ho conosciuto arrivando in America e che, fin da subito, mi ha trasmesso sensazioni molto positive.

Burocrazia, accesso al mercato del lavoro, legislazione, quanto è più semplice diventare imprenditori in America?
Non lo è assolutamente. Pensare che sia semplice è sbagliato, non c’è niente di semplice nella vita. Soprattutto aprire a Los Angeles! A Los Angeles la normativa igienico-sanitaria per il settore alimentare prevede molti regolamenti e procedure da seguire. Non è stato per niente facile anzi, direi difficilissimo. Ho dovuto aspettare un anno e studiare molto, ma, come sempre nella vita, il sacrificio paga. È stata dura, ma alla fine ci sono riuscito.

Secondo te, cosa, della tua prima pasticceria, ha conquistato gli americani?
È stata proprio la nostra semplicità nell’essere italiani, in particolare “toscani”, molto giovani, legati alla nostra terra e alle nostre tradizioni. Siamo approdati in America con tantissima voglia di farci conoscere, e di conoscere. Tutti i nostri prodotti, ingrediente per ingrediente sono rigorosamente Made in Italy, genuini, tipici, gli stessi che noi italiani troviamo quotidianamente sulle nostre tavole. Per San Giuseppe (St. Joseph Day per gli americani, ndr), ho fatto le frittelle (zeppole), e da quel giorno i clienti le hanno chiamate “little balls of heaven” (piccole palle del paradiso). Con queste semplici frittelle ho avuto un successo inaspettato, è stata la mia svolta, non avevano mai assaggiato niente di simile. La nostra tradizione, la nostra italianità, aveva fatto breccia nel loro palato e proprio grazie a questi dolcetti sono riuscito a spingere i miei clienti ad assaggiare altre specialità. Grazie alla televisione americana poi, ho potuto farmi conoscere e far conoscere il mio modo di approcciare la pasticceria.

Un confronto tra la pasticceria americana e quella italiana…
La pasticceria italiana è molto più complessa, rispetto a quella americana. La pasticceria americana è quella che si vede nei magazine: Cookies, Brownies, Blondies, Red Velvet, e torte varie a strati e a piani. Fanno tendenza i dolci fritti: il Cronut, il Donut ecc. A mio parere (e non solo), la pasticceria italiana è superiore rispetto a quella americana e molto più vicina alla pasticceria francese.

Ci sono, tra le nuove tendenze, dolci americani che potrebbero avere successo in Italia? E viceversa?
Ci sono state e ci sono tutt’ora alcune tendenze nei dolci americani che hanno e avranno successo da noi: come la Red Velvet, la Rainbow Cake, la Unicorn Cake. Sono però torte che si possono fare a casa,e non credo che le pasticcerie italiane, a meno che non si specializzino in Cake Design, si avvicineranno mai a questo stile americano. Si potrebbe fare qualcosa sulla falsa riga, ma, specialmente io, mio fratello Massimiliano e la mia pasticceria, non facciamo cose di questo genere. A noi piace mantenere lo stile italiano e portare il meglio dell’Italia in America. Non vogliamo fare gli americani in America.

Hai mai rivisitato un dolce americano classico alla maniera di Damiano Carrara?
Più di una volta ho rivisitato un dolce americano, ad esempio la “pumpkin pie” (torta di zucca). Una frolla, con confettura di mandarino cinese sotto, nell’impasto della zucca ho aggiunto della ricotta, cannella e sopra meringa all’italiana sfiammata, molto molta bella e buonissima.

Qual è il tuo cavallo di battaglia? È anche il tuo dolce preferito?
Non ho un cavallo di battaglia, perché quando uno fa il pasticcere, ha molti cavalli di battaglia. Posso dire quali sono le torte di cui vado particolarmente goloso: la Torta Della Nonna, una torta classica, toscana, che mi ricorda la famiglia e casa mia. Il Tiramisù è forse il mio preferito. Due dolci dai sapori classici, che mi rappresentano.

Ti abbiamo conosciuto come giudice ma sei stato anche concorrente dei talent. Ci sveli se davvero in tv si riesce a fare un percorso di crescita professionale?
Sotto il tendone di Bake Off i concorrenti affrontano un vero e proprio percorso educativo, dove dalla prima puntata, imparano e migliorano giorno per giorno. Non si tratta di una formazione professionale vera e propria, però è un ottimo inizio, una buona strada, che nonostante sia intrapresa in un talent televisivo, stimola veramente una crescita, quella che poi ho vissuto anch’io.

Di cosa parlerà il tuo ultimo libro?
Questo libro parlerà di sogni, speranze, duro lavoro e di come ho fatto nella vita a non mollare. Diciamo che sarà un piccolo romanzo, molto piacevole e adatto a tutti. Parlerà degli ultimi quindici anni della mia vita, dalla partenza per Dublino all’arrivo poi a Los Angeles e al ritorno qui in Italia. Ci sarà anche qualche piccola ricetta, con qualche flashback. Spero che per novembre si possa trovare sul mercato italiano.

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