Torte moderne: le regole dei maestri

Torte moderne: le regole dei maestri

Le cosiddette torte moderne, in realtà sono entrate a pieno titolo nella pasticceria italiana da oltre 30 anni. Tre grandi maestri ci raccontano la loro evoluzione

Ciò che differenzia una torta moderna da una tradizionale è sostanzialmente la tecnica con la quale è prodotta, che prevede l’impiego di stampi e anelli e l’uso della catena del freddo, per creare alternanze di elementi impensabili con le tradizionali tecniche di farcitura. L’impiego di queste tecniche si traduce in dolci cremosi e leggeri, complessi negli abbinamenti ed eleganti nella presentazione.

In Francia le torte moderne iniziano a diffonderesi dagli anni ’70 e proprio grazie ai maestri francesi hanno iniziato a prendere piede anche in Italia, circa trent’anni fa, anche se con qualche difficoltà nel proporle al cliente.

Una difficoltà che ha portato, almeno inizialmente, le pasticcerie italiane, a predisporre una duplice proposta: da un lato le torte della tradizione e dall’altro quelle moderne, non riuscendo a integrare il passato con questo nuovo corso. Cosa che invece accade in misura minore all’estero, dove la dualità tra vecchio e nuovo è meno evidente e i concetti di modernità e contemporaneità hanno preso piede fin da subito.

La sfida, oggi, è quindi creare dolci attuali e contemporanei che sappiano interpretare l’italianità e incontrare il gusto del consumatore.

Ecco cosa ci hanno raccontato Luca Mannori, Riccardo Magni e Leonardo Di Carlo.

Luca Mannori: «Emergere con un proprio stile e una propria impronta, sia estetica sia gustativa è sempre più difficile. Con la diffusione dell’utilizzo del social media è sempre più crescente il rischio di essere “contaminati” e di uniformare, anche involontariamente, il proprio stile a mode e tendenze. Un fenomeno che, in ultima analisi, contribuisce a una sorta di standardizzazione dell’offerta di pasticceria, che non consente l’emergere dell’originalità dei singoli. La ricerca va sempre più verso la semplicità estetica e una definizione del gusto che deve essere molto chiara e facile da interpretare. A questo si aggiunte la necessità di creare dei prodotti ben equilibrati, cercando nel limite del possibile di lavorare sul giusto apporto di grassi e di zuccheri».

Leonardo Di Carlo: «Alla fine si torna sempre al classico, spesso rivisitato nella composizione, per esempio alleggerendo le preparazioni e diminuendo la quantità di zuccheri. D’altra parte i trend da seguire li fa il cliente e ciò che compra, ovvero gusti intramontabili come vaniglia, caramello, cioccolato al latte e fondente o frutta secca come nocciola, mandorla o pistacchio. Le sperimentazioni estreme non fanno tendenza, perché si comprano solo una volta, magari per curiosità, ma alla fine si torna sempre alla tradizione».

Riccardo Magni: «Io cerco sempre di semplificare, evitando di eccedere nella quantità di gusti, profumi e parti aromatiche. Meglio puntare sull’immediatezza del gusto, nella migliore tradizione italiana, fatta di qualità eccellente, semplicità e gusti codificati come buoni e appaganti. Importante è poi l’uso di prodotti del territorio, per esempio il mascarpone, alcuni agrumi e frutti secchi, interpretati in chiave moderna ricercando forme pulite e ricettazioni leggere, meno dolci e meno grasse rispetto al passato. Il dolce deve essere semplice nel modo di porsi, ma al tempo stesso convincente nel gusto, buono, immediato, senza eccessi. Non amo le provocazioni: possono funzionare in un dessert da ristorazione, consumato solo una volta, magari per curiosità, ma non in pasticceria, dove hanno vita breve perché il cliente che acquista una torta per condividerla vuole essere certo di incontrare le preferenze di tutti».

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