Pastry Chef contesi tra dolce e salato

Pastry Chef contesi tra dolce e salato

Croce e delizia dei ristoranti, sono soprattutto i Pastry Chef a prendersi cura del pane, che diventa sempre più parte integrante del menu

Un rapporto complesso quello degli italiani con il pane. Se fino a qualche anno fa non si poteva neppure pensare a un pasto senza averlo a tavola, oggi, dati alla mano, il consumo sfiora a malapena gli 85 grammi al giorno per persona. Gli italiani non amano più il pane, almeno tra le mura domestiche. Perché l’altra faccia della medaglia racconta una storia diversa e al ristorante se il cestino non è curato, originale, ricco e di qualità, volano le critiche. Soprattutto se parliamo di alta ristorazione dove il pane è diventato una delle anime del menu.

Beatrice Busatta, pastry chef  a “El Coq” e al “Garibaldi” di Vicenza
«Lavorare con il pane non è semplice, ci vuole conoscenza, costanza e amore. Ma è una grande emozione». Beatrice Busatta, nel laboratorio di “El Coq” e del “Garibaldi”, lavora fianco a fianco con lo chef Lorenzo Cogo. «I pastry chef sono i professionisti più indicati per occuparsi della panificazione. Abbiamo dimestichezza con gli impasti, la lievitazione, le farine. Ma il pane è molto più difficile da gestire rispetto a un dessert e necessita di uno studio continuo, prettamente sul campo».
Da qui nasce il “cestino”, con diversi tipi di farine e lievitazioni. «In tavola portiamo una proposta gourmet con due tipi di pane: uno integrale e uno bianco. Entrambi sono preparati solo con lievito naturale. Per gli hamburger e altri tipi di lievitati utilizziamo invece la biga. In laboratorio entrano solo farine forti macinate a pietra, integrali, bianche e tipo 1».

Sara Simionato, Federico Rissi e Luca Ferrari, pastry chef e responsabili della panificazione all’Antica Osteria da Cera di Campagna Lupia (Ve)
La parola d’ordine per Sara Simionato, Luca Ferrari e Federico Rissi è perfezione. «La sperimentazione è importante, ma non cerchiamo il “particolare” a ogni costo. Badiamo più all’essenza, nella pasticceria come nel pane. Da Cera il pane è un vero e proprio piatto a cui dedichiamo la medesima cura di tutte le altre proposte in menù, per questo Federico è addetto esclusivamente alla panificazione» racconta Sara, al suo fianco in laboratorio.
«Studiamo le peculiarità del pane in armonia con il resto del menù per dare equilibrio all’intera esperienza del pasto» aggiunge Federico.
A seconda dell’impasto vengono utilizzati diversi tipi di farine: integrale e bianca di tipo 1. «Pizza e focaccia vengono impastate la sera prima e lasciate a lievitare a 4° per tutta la notte. Al mattino spezziamo l’impasto e lasciamo lievitare prima di cuocerlo in forno su pietra. La pagnotta con lievito madre ha necessità diverse, così viene impastata al mattino per il giorno successivo e poi cotta al forno, sempre su pietra».

Ernesta Tudisco, pastry chef a El Fogher di Piazza Merina (En)
Le giornate di Ernesta Tudisco, anima dolce de El Fogher di Enna, sono scandite da appuntamenti ben precisi. «Al mattino si lavora sui dessert, al pomeriggio ci dedichiamo al pane, impastando, avviando la lievitazione e cuocendo il pane già pronto».
È una piccola produzione quella curata personalmente da Ernesta, riservata al ristorante che asseconda la cucina. «Variamo la nostra proposta periodicamente a seconda di quello che lo chef mette nel menu. Usiamo solo grani antichi siciliani di piccoli produttori che hanno riscoperto queste coltivazioni che erano quasi andate perse. La lievitazione naturale ci permette di creare pagnotte da 400 grammi l’una che serviamo a fette grosse. I nostri clienti non trovano il pane al tavolo, lo serviamo al momento, tagliato solo pochi secondi prima di portarlo in tavola e possiamo assicurare che al palato la differenza si sente».

Luca Lacalamita, pastry chef all’Enoteca Pinchiorri di Firenze
Luca Lacalamita l’arte bianca l’ha respirata fin da bambino, ma è nella brigata del Pinchiorri – ben 5 persone che si occupano di pasticceria e pane – che ha perfezionato la tecnica. «Un lavoro intenso quello di fare il pane. Per garantire la giusta elasticità l’impasto viene lavorato a freddo con piega a mano ogni mezz’ora». Per creare la proposta di pane Pinchiorri lavora con impasti di lievito madre di tre tipologie: duro, liquido per pani integrali e liquido bianco.  «Serviamo il pane solo dopo lo stuzzichino di accoglienza e gli aperitivi. Si parte con un pane bianco in stile toscano, per poi crescere con la proposta aromatica: di semola 100% Senatore Cappelli, integrale con farina di farro, condito con farro cotto e poi olio al rosmarino, un altro pane integrale con farina integrale normale, separata dalla crusca e solo crusca. Dopo il dessert arriva il nostro pane al cioccolato che presentiamo con del gelato al mascarpone».

Cesare Battisti, Ratanà di Milano
La panificazione, per Cesare Battisti patron del Ratanà è un’arte nobile e difficile. Da qui nasce una precisa scelta di campo: non sfornare, ma comprare. «Mi piace il pane buono e per me l’unico pane che può definirsi tale è quello di Eugenio Pol, a cui affianco la proposta del panificio Grazioli di Legnano che ha diverse affinità con il prodotto di Pol». Ogni settimana da Fobello – 190 anime in provincia di Vercelli – arrivano 46 Kg di pane «che noi serviamo solo con l’antipasto, scaldato e tagliato a cubetti di 5 cm per lato».

Sapori e profumi si armonizzano col menu proposto «ma non faccio preparare un tipo di pane apposito. Questo tipo di produttori, per i quali la parte artigianale e la componente umana è così importante, sono in continua evoluzione. La stessa pagnotta cambia sapore nel tempo, perché abbiamo a che fare con qualcosa di vivo e che si evolve».

Davide Oldani e la cultura del pane
«Il pane fa parte della cultura italiana, e come tale mi sento in dovere di rispettarlo “religiosamente”». Nel suo locale di Cornaredo (Mi), Oldani ha scelto non solo di produrre da sé il pane, ma di dedicarvi una parte del suo ristorante. «Considero il pane parte integrante del menu, per questo ne servo piccole porzioni e ne curo maniacalmente la produzione, fin dalle prime battute a cominciare dalla scelta della farina appositamente creata per noi con una parte integrale. Al D’O abbiamo un’area apposita per la produzione del pane con una camera climatizzata a temperatura costante con ambiente umidificato per la conservazione delle farine e la produzione degli impasti. La camera di lievitazione assicura una temperatura costante nella fase di fermentazione naturale che dura tra le 10 e le 12 ore, a seconda degli impasti. Il pane lievita in un luogo controllato e sopra alla pagnotta non si forma la crosticina che limita la maturazione dell’impasto».

Equilibrio e ricerca che diventano pane di alta qualità.

 

di Roberta Suzzani

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