Federico Rottigni, forma e gusto

Federico Rottigni, forma e gusto

La forma gioca un ruolo sempre più importante in pasticceria per Federico Rottigni, giovane e accreditato professionista, pastry chef in prestigiose location. Perché? In pratica è uno dei pilastri della pasticceria insieme al gusto, è ciò che il dolce comunica

Soli 27 anni e un percorso alle spalle da fare invidia agli chef più blasonati. L’ultima tappa di Federico Rottigni è quella allo Château Monfort di Milano, in qualità di pastry chef. «Dopo l’esperienza al Gallia ho voluto mettermi alla prova in una dimensione più piccola, un hotel con 77 camere, di grande lusso ma, contemporaneamente, caldo e famigliare. Ho trovato grande sintonia con Andrea Asoli, l’executive chef, mio coetaneo, col quale mi confronto nella costruzione della carta dei dessert. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda anche se lui predilige i “dolci non dolci”, mentre io amo il dolce per antonomasia, quello goloso, che fa scattare un concerto di acquolina ed eccitazione. In ogni caso il nostro confronto è stimolante e ci consente di tenere aperta la mente e guardare oltre le nostre convinzioni. Per questo la carta dei dessert del ristorante Rubacuori by Venissa, interno all’hotel, si compone di quattro proposte, tutte originali e creative, come il Babà al Gin Tonic o il Dessert con cioccolato al latte, olive taggiasche essiccate e sorbetto al the Jasmine. O ancora un dessert con radicchio cotto nel cassis, pezzetti di gorgonzola, crumble di amaretti e gelato al vincotto. Oppure il semifreddo all’asparago bianco, servito con acqua e gelato all’anice.

Minimal e fuori dalle righe
Lo stile di Federico è minimale e trasgressivo. Ama la pulizia, la nettezza, l’ordine e non sopporta i fronzoli, gli orpelli, le costruzioni esagerate. «Nello stesso settore della pasticceria professionale – ci confinda – non sopporto le auto celebrazioni e i modi autoreferenziali. Mi piace sdrammatizzare gli ambiti accademici, introdurre una vena di follia nella normalità con un pizzico d’irriverenza. In termini di visione del gusto, Federico predilige una pasticceria golosa, dolce. Il dolce, nel nostro immaginario è da sempre una gratificazione, un evento speciale, un piacere assoluto e per certi versi “peccaminoso”, come pochi altri piaceri della vita. Questo è e rimarrà un tratto distintivo dei miei dolci. Ricerco sempre quella voluttà determinata principalmente dai grandi classici della pasticceria, come le frolle, i bignè, le mousse e i cremosi . Federico però, accosta alle classiche materie prime, ingredienti fuori dalle righe, come le spezie, le erbe aromatiche, le radici e, in quest’ultimo periodo, le essenze tipicamente utilizzate dai bartender. Ne sono un esempio i dessert creati ad hoc per questo servizio, come la mela abbinata allo zenzero, l’acqua tonica e la granita alla vodka. Nella mousse abbina al lampone l’essenza di violetta. Alla frolla, insieme al mosaico di pesche, accompagna la chantilly al basilico». Questa passione di introdurre ingredienti inediti nella pasticceria ha senza dubbio risentito delle influenze del suo primo maestro, Ernst Knam.

La pasticceria a quattro dimensioni
«Il mio punto di riferimento tecnico è sempre stata la pasticceria francese, perché è la prima ad aver codificato i processi di pasticceria. Col tempo, però, mi sono allontanato dal gusto d’Oltralpe, troppo grasso e dolce, poco apprezzato dal pubblico italiano. Ho lavorato molto sui gusti italiani, tesi a valorizzare il nostro immenso e meraviglioso bacino di prodotti tipici. E su consistenze più compatte: per me una mousse non deve essere troppo ariosa, non apprezzo infatti le arie o le spume. Se un tempo il dolce doveva colpire su due piani, l’estetica e la bontà, oggi se ne aggiungono altri due, quello della ludicità e dell’interazione. Un dessert non deve più solo stupire per la bellezza, ma anche divertire per l’effetto trompe l’oeil e la possibilità di partecipare alla costruzione del piatto. A ciò si aggiunga il contesto che fa da cornice all’atto della degustazione. Tutto ciò, naturalmente caratterizza il dessert da ristorazione, ma sono convinto che anche la pasticceria debba arrivare a “vendere un’esperienza”, puntando su altri aspetti, come il layout del locale, la presentazione, il format, l’atmosfera, la musica, in una parola l’ambiente. Il mio augurio per la pasticceria del futuro è che si sganci dalla cucina acquisendo una sua dignità vera e propria. Perché in pasticceria esistono dinamiche ed equilibri diversi da quelli della cucina. I francesi lo hanno capito e lo dimostrano le brigate di 15 persone dedite al reparto pasticceria».

Fatto a mio stampo e somiglianza
«Un’azienda come Pavoni Italia – dichiara Federico – improntata al confronto continuo con l’artigiano e alla costante ricerca, è fondamentale per l’operato di noi artigiani. Il loro lavoro di ricerca e sviluppo è eccezionale, in termini di grafica, di forme e di colori. In termini d’innovazione, sono stati i primi a importare in Italia lo stampo microforato, introducendo una vera e propria rivoluzione nella cottura della pasta frolla: permette una cottura omogenea della pasta che si aggrappa allo stampo, mantenendo perfettamente la forma. In alcuni casi mi lascio ispirare dalle loro proposte, in altri vado alla ricerca di ciò di cui ho bisogno, consultando il loro ricco catalogo. Dello stampo “Top” mi piace il fatto che è una forma minimale, smussata ma al contempo geometrica. Per la mela ho scelto uno dei loro nuovi stampi “TuttiFrutti”, mentre per la torta Nouveau di pesche mi sono servito delle loro fasce miscroforate che mi garantiscono una forma perfetta e cottura regolare».

I sogni nel cassetto
«In Italia negli ultimi anni – racconta Federico – c’è stato un alto tasso di mortalità d’imprese del food, causato dall’improvvisazione e dal fatto che un conto è fare lo chef, un altro è fare l’imprenditore. Un’attività di pasticceria è un’azienda a tutti gli effetti. Consapevole di questo, per ora il mio progetto di aprire un locale lo tengo nel cassetto, perché per allora voglio essere veramente pronto. Ho tre idee su cui sto lavorando, tre format differenti con diversi livelli d’investimento».

Scopri qui la ricetta del Nouveau di Pesche

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